da: http://www.linkiesta.it/
Tutti
a discutere di eleggibilità o meno dei senatori, ma il problema è un altro: che
si dà ancora più potere agli enti regionali
di Francesco
Cancellato
La provocazione è attribuita al premier
Matteo Renzi: «Non volete la riforma costituzionale così com’è? Allora abolisco
il Senato e ci faccio un museo». E ok, il premier l’ha smentita a stretto giro,
ma tanto è bastato per denudare il re e scatenare un dibattito parallelo. «Perché
no?», si chiede qualcuno. Se monocameralismo dev’essere, che lo sia davvero.
Sottotraccia, ma nemmeno troppo, la
convinzione è che il Senato delle autonomie, così dovrebbe chiamarsi, sia una
specie di paracadute per un pezzo di classe politica, che sia un modo per far
uscire le poltrone dalla porta e farne rientrare un terzo dalla finestra. Non
solo: le competenze di tale, nuova, Camera appaiono del tutto accessorie e vaghe:
il “raccordo” tra lo Stato e gli enti territoriali. la “formazione” e
l’“attuazione” degli atti normativi dell’Unione europea, l’“attività di
verifica” dell’attuazione delle leggi dello Stato e la “valutazione
dell’impatto” delle politiche pubbliche sul territorio. Se lo chiamassero il
Senato delle varie ed eventuali, farebbero prima.
Il problema, semmai, è un altro. Che questo
nuovo Senato delle Autonomie è di fatto un Senato delle regioni, che
esprimono o nominano circa 75 senatori su cento. E, soprattutto, che questa
nuova legge aumenta le competenze delle regioni su ambiti come l’istruzione, la
tutela dell’ambiente e dei beni culturali, l’organizzazione dei servizi
sanitari, la mobilità e le infrastrutture.
Domanda: si meritano, le Regioni, tanta grazia e altrettanta legittimazione? Le
Regioni delle dieci sanità commissariate,
delle spese pazze dei consiglieri (i fortunelli che diventeranno
senatori avranno l’immunità parlamentare, fra l’altro), degli uffici a Bruxelles che costano un milione di euro l’anno,
delle partecipate inutili che perdono 26 miliardi di euro l’anno, dei 45
assessori – dopo l’ultimo rimpasto – della Sicilia, di investimenti in
infrastrutture che hanno fatto la fortuna di chi ci ha mangiato sopra,
dell’incuria territoriale – chiedete ai cittadini liguri, per informazione –
delle campagne di promozione turistica milionarie per turisti che a malapena
sanno dov’è l’Italia, figurarsi il Molise.
Corriamo il rischio di passare per
benaltristi, ma forse, se si voleva rendere più efficiente e meno costosa la
macchina pubblica, sarebbe stato più utile fare una riflessione sugli effetti
della modifica del titolo V della Costituzione – come ha fatto ad esempio il
presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, lo scorso 15 settembre a Expo
– invece che muovere tutti i carrarmatini del Risiko contro Palazzo Madama. Nel
paese dei paradossi funziona così: per liberarsi degli effetti distorsivi del
bicameralismo perfetto – cosa sulla quale concordiamo, peraltro – si premiano,
legittimandone il ruolo, enti territoriali la cui autonomia ha sovente generato
disastri, da nord a sud.
Nessun commento:
Posta un commento