A me pare che in
questa “diatriba” sugli arrivi di immigrati, alimentata da piccole menti a
caccia di qualche voto in più e che se ne fottono di capire il punto della
questione e come affrontarlo, anche la parte istituzionale della Chiesa,
incluso uno dei migliori settimanali in edicola: Famiglia Cristiana, stia “perdendo
di vista” (eufemismo) la questione principale.
Pare che la
questione sia: ributtarli indietro o sbarrare le entrate – senza spiegare come
tecnicamente si può fare - e accoglierli. Tutti e comunque. Pare che la
questione sia numerica: dimostrare alla parte con cui ci si scontra se ne siano
arrivati più o meno di quando governavano loro. Già, perché una parte dei
protagonisti dalla diatriba ha governato per parecchi anni…
Peccato che in
Italia, giusto per parlare di numeri, siamo in 60 milioni. Se ne fossero
arrivati anche qualche migliaia o centinaia di migliaia in più degli anni
scorsi, dove sta il problema? Nella superficie quadrata della penisola?
A me pare che la
questione vera, principale, sia un’altra.
C’è una parte di
umanità che sta scappando dal suo paese perché non riesce a viverci tra guerre,
persecuzioni e condizioni economiche inaccettabili. Qualcuno sta pensando che
questa gente è costretta a sradicarsi mentre, vogliamo credere almeno la
maggioranza, se ne starebbe anche a casa sua se potesse vivere decentemente.
Qualcuno, intendo
organismi internazionali e paesi europei cosiddetti democratici, sta pensando a
cosa e come fare per contribuire a creare condizioni tali che, se non
garantiscono, almeno favorisco il rimanere nel proprio paese.
Ovviamente, che non
siano i respingimenti. Che significa ributtarli a casa loro nella stessa
situazione da cui scappano. Soluzioni politiche internazionali sensate
significherebbero limitare l’arrivo di profughi e, soprattutto, togliere agli
scafisti il potere e controllo delle loro vite. Quanto ai corridoi umanitari,
sono una soluzione tecnica per controllare e governare i flussi di profughi ma
sono anche un modo per facilitare gli arrivi, cosa che “disturba” coloro che
gridano – nonostante i numeri non lo attestino – all’invasione.
E, allora, come spesso
succede di fronte a un problema, a una situazione da gestire, la soluzione
richiede più interventi coordinati: contribuire a creare condizioni civili nei
loro paesi di appartenenza, cosa che, ovviamente, si realizza in tempi non
certo brevi e con decisioni assunte nelle sede internazionali quali l’ONU, e
creare, nel frattempo, tutto ciò che serve per arginare se non eliminare la
barbarie degli scafisti, accogliere e dare assistenza a chi entra e metterlo in
condizioni di vivere in Italia o di andarsene in altri paese d’Europa che
devono – ovviamente - accettare le soluzioni internazionali adottate.
Vivere in Italia
significa affidare queste persone a organismi che utilizzino in modo serio e
appropriato i soldi di noi italiani, insegnare ai profughi la lingua italiana
ma – punto essenziale a mio modo di vedere – mettere a disposizione delle
comunità, dei comuni che li accolgono, il loro background. Perché tra loro vi
sono persone intelligenti, alfabetizzate, in grado di trasmetterci le loro
conoscenze e di impegnarsi in attività lavorative. Do ut des, l’unico modo per
accogliere e integrare.
Proprio in un paese
della Val Seriana - che dovrebbe essere il terreno fertile per l’ideologia di Salvini
- ma dove, evidentemente, si conserva ancora buon senso civico e umano, due
profughi, con pettorina gialla da volontari, pulivano strade e manutenevano
giardini seguendo le indicazioni di un bergamasco dipendente del Comune. Le
loro facce dicevano chiaramente che non erano delinquenti. I loro occhi mi
hanno colpito. Sembravano persi. Eppure non c’era intorno a loro ostilità.
Neppure in quel paese che passa per “refrattario” all’extra comunitario.
I loro occhi erano
tristi.
Come sarebbero i
miei se mi trovassi da un momento all’altro, senza casa, senza famiglia,
sradicata dalle mie radici.
Forse coloro che si
sono trovati a subire i danni di terremoti e trombe d’arie, che una mattina si
sono trovati senza casa, di là della rabbia che possono provare nei confronti
dello Stato italiano che non li sostiene, possono capire che significa trovarsi
improvvisamente svuotati, impotenti, senza casa e dipendenti da chi dovrebbe
aiutarci e non lo fa.
Sarà il caso di
pensare, ogni tanto, noi che diversamente da Salvini e Santanchè lo possiamo
fare, a quanto siamo più fortunati di loro. Pur nelle difficoltà quotidiane che
abbiamo in questo periodo prolungato di crisi ma che, diciamocelo: molto spesso
è la crisi del superfluo, non del necessario.
Ma è anche vero che
ci sono italiani che faticano ad arrivare a fine mese. Ci sono italiani
sfruttati. Come non pensare a Paola Clemente, 49 anni, un marito e tre figli, è
morta il 13 luglio ad Andria mentre lavorava all'acinellatura dell'uva. Anche questa
è una barbarie. Come quella che subiscono coloro che scappano da guerre civili e
sono preda degli scafisti.
Quella di Paola à
una barbarie consentita dallo Stato Italia.
La politica – in
questo ha ragione Mons.Galantino – deve servire a dare e mantenere dignità. La
politica italiana deve creare uno Stato sociale nel quale sia assicurata
dignità a tutti: italiani e non. Sia chiaro che lo stato sociale non è quello
che vorrebbero certi italiani (e non pochi): essere assistiti, avere una casa,
ma senza dover lavorare. E diciamoci una buona volta per tutte che in Italia – anche
il quel Nord tanto caro (?!) a Salvini - vivono parecchi italiani che sono
considerati poveri ma in realtà non hanno difficoltà ad arrivare a fine mese.
Non mi riferisco solo ai grandi evasori, ma anche a coloro che vivacchiano di
nero in nero, che godono di agevolazioni e deduzioni perché fiscalmente hanno
un reddito basso. Che, in Italia, non significa essere poveri.
Tutta gente che, se
adottassimo una delle proposte del M5S, avrebbero “diritto” al reddito di
cittadinanza pagato dai pirla che lavorano, pagano le tasse, sono esclusi da
ogni agevolazione e deduzione.
Lo Stato sociale non
è per furbi e disonesti. Non è dei furbi e dei disonesti. Di nessun tipo:
politici e cittadini. Senza una coscienza civica collettiva continuerà questa
guerra tra essere umani italiani e stranieri e continueremo ad essere ostaggio
di politici corrotti, furbi, cooptati, incapaci. E vivremo in uno Stato
asociale. Che facilita e sviluppa corruzione, ingiustizia, diseguaglianza.
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