lunedì 7 settembre 2015

Salvini e Mons.Galantino, diatribe estive (e non solo): profughi e poveri italiani



A me pare che in questa “diatriba” sugli arrivi di immigrati, alimentata da piccole menti a caccia di qualche voto in più e che se ne fottono di capire il punto della questione e come affrontarlo, anche la parte istituzionale della Chiesa, incluso uno dei migliori settimanali in edicola: Famiglia Cristiana, stia “perdendo di vista” (eufemismo) la questione principale.

Pare che la questione sia: ributtarli indietro o sbarrare le entrate – senza spiegare come tecnicamente si può fare - e accoglierli. Tutti e comunque. Pare che la questione sia numerica: dimostrare alla parte con cui ci si scontra se ne siano arrivati più o meno di quando governavano loro. Già, perché una parte dei protagonisti dalla diatriba ha governato per parecchi anni… 
Peccato che in Italia, giusto per parlare di numeri, siamo in 60 milioni. Se ne fossero arrivati anche qualche migliaia o centinaia di migliaia in più degli anni scorsi, dove sta il problema? Nella superficie quadrata della penisola?

A me pare che la questione vera, principale, sia un’altra.
C’è una parte di umanità che sta scappando dal suo paese perché non riesce a viverci tra guerre, persecuzioni e condizioni economiche inaccettabili. Qualcuno sta pensando che questa gente è costretta a sradicarsi mentre, vogliamo credere almeno la maggioranza, se ne starebbe anche a casa sua se potesse vivere decentemente.

Qualcuno, intendo organismi internazionali e paesi europei cosiddetti democratici, sta pensando a cosa e come fare per contribuire a creare condizioni tali che, se non garantiscono, almeno favorisco il rimanere nel proprio paese.
Ovviamente, che non siano i respingimenti. Che significa ributtarli a casa loro nella stessa situazione da cui scappano. Soluzioni politiche internazionali sensate significherebbero limitare l’arrivo di profughi e, soprattutto, togliere agli scafisti il potere e controllo delle loro vite. Quanto ai corridoi umanitari, sono una soluzione tecnica per controllare e governare i flussi di profughi ma sono anche un modo per facilitare gli arrivi, cosa che “disturba” coloro che gridano – nonostante i numeri non lo attestino – all’invasione.
E, allora, come spesso succede di fronte a un problema, a una situazione da gestire, la soluzione richiede più interventi coordinati: contribuire a creare condizioni civili nei loro paesi di appartenenza, cosa che, ovviamente, si realizza in tempi non certo brevi e con decisioni assunte nelle sede internazionali quali l’ONU, e creare, nel frattempo, tutto ciò che serve per arginare se non eliminare la barbarie degli scafisti, accogliere e dare assistenza a chi entra e metterlo in condizioni di vivere in Italia o di andarsene in altri paese d’Europa che devono – ovviamente - accettare le soluzioni internazionali adottate.
Vivere in Italia significa affidare queste persone a organismi che utilizzino in modo serio e appropriato i soldi di noi italiani, insegnare ai profughi la lingua italiana ma – punto essenziale a mio modo di vedere – mettere a disposizione delle comunità, dei comuni che li accolgono, il loro background. Perché tra loro vi sono persone intelligenti, alfabetizzate, in grado di trasmetterci le loro conoscenze e di impegnarsi in attività lavorative. Do ut des, l’unico modo per accogliere e integrare.

Proprio in un paese della Val Seriana - che dovrebbe essere il terreno fertile per l’ideologia di Salvini - ma dove, evidentemente, si conserva ancora buon senso civico e umano, due profughi, con pettorina gialla da volontari, pulivano strade e manutenevano giardini seguendo le indicazioni di un bergamasco dipendente del Comune. Le loro facce dicevano chiaramente che non erano delinquenti. I loro occhi mi hanno colpito. Sembravano persi. Eppure non c’era intorno a loro ostilità. Neppure in quel paese che passa per “refrattario” all’extra comunitario.
I loro occhi erano tristi.
Come sarebbero i miei se mi trovassi da un momento all’altro, senza casa, senza famiglia, sradicata dalle mie radici.
Forse coloro che si sono trovati a subire i danni di terremoti e trombe d’arie, che una mattina si sono trovati senza casa, di là della rabbia che possono provare nei confronti dello Stato italiano che non li sostiene, possono capire che significa trovarsi improvvisamente svuotati, impotenti, senza casa e dipendenti da chi dovrebbe aiutarci e non lo fa.
Sarà il caso di pensare, ogni tanto, noi che diversamente da Salvini e Santanchè lo possiamo fare, a quanto siamo più fortunati di loro. Pur nelle difficoltà quotidiane che abbiamo in questo periodo prolungato di crisi ma che, diciamocelo: molto spesso è la crisi del superfluo, non del necessario.
Ma è anche vero che ci sono italiani che faticano ad arrivare a fine mese. Ci sono italiani sfruttati. Come non pensare a Paola Clemente, 49 anni, un marito e tre figli, è morta il 13 luglio ad Andria mentre lavorava all'acinellatura dell'uva. Anche questa è una barbarie. Come quella che subiscono coloro che scappano da guerre civili e sono preda degli scafisti.

Quella di Paola à una barbarie consentita dallo Stato Italia.
La politica – in questo ha ragione Mons.Galantino – deve servire a dare e mantenere dignità. La politica italiana deve creare uno Stato sociale nel quale sia assicurata dignità a tutti: italiani e non. Sia chiaro che lo stato sociale non è quello che vorrebbero certi italiani (e non pochi): essere assistiti, avere una casa, ma senza dover lavorare. E diciamoci una buona volta per tutte che in Italia – anche il quel Nord tanto caro (?!) a Salvini - vivono parecchi italiani che sono considerati poveri ma in realtà non hanno difficoltà ad arrivare a fine mese. Non mi riferisco solo ai grandi evasori, ma anche a coloro che vivacchiano di nero in nero, che godono di agevolazioni e deduzioni perché fiscalmente hanno un reddito basso. Che, in Italia, non significa essere poveri.
Tutta gente che, se adottassimo una delle proposte del M5S, avrebbero “diritto” al reddito di cittadinanza pagato dai pirla che lavorano, pagano le tasse, sono esclusi da ogni agevolazione e deduzione.

Lo Stato sociale non è per furbi e disonesti. Non è dei furbi e dei disonesti. Di nessun tipo: politici e cittadini. Senza una coscienza civica collettiva continuerà questa guerra tra essere umani italiani e stranieri e continueremo ad essere ostaggio di politici corrotti, furbi, cooptati, incapaci. E vivremo in uno Stato asociale. Che facilita e sviluppa corruzione, ingiustizia, diseguaglianza. 

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