15 dicembre 2010
Per chi vive
come me nel paese reale, che ci fosse qualcosa nell’”aria” s’intuiva.
Me ne sono accorta qualche giorno fa a Milano quando ho visto le facce di
alcuni poliziotti e una parte di manifestazione studentesca. Il ’77 è lontano.
Ma la sensazione è che l’aria stia diventando la medesima. Da ieri, dopo il
campo di battaglia romano, anche alcuni giornalisti non di primo pelo pare lo
abbiano “percepito”.
Ben
arrivati.
Ovviamente, la diversità rispetto a quegli anni sta nelle persone che manifestano e nel potere che “risponde”. Il poliziotto di ieri che estrae la pistola è eufemistico dire che sia inquietante. Una delle diversità sta nel tipo di reazione decisamente poco lucida. Non che faccia molta differenza. Forse.
Perché in anni
passati lo scontro lo si cercava. Da una parte e dall’altra. Oggi pare più che
altro un’esondazione da incapacità di gestire emotività in un contesto pratico
in disuso. In entrambi i casi: prima o poi, ci scappa il morto.
Maroni è il primo. Il più pericoloso. Lo è per il suo passato da sinistrorso.
Maroni è il primo. Il più pericoloso. Lo è per il suo passato da sinistrorso.
Quando “maturano” cambiando ideologia, per convinzione o
per opportunismo, diventano potenzialmente più pericolosi di
coloro che da sempre sono stati convinti che il gioco di forza
paghi. C’è, nella maggior parte di coloro che “maturano ideologicamente”, la
convinzione di sapere come affrontare. Peccato che dimentichino sensazioni,
pulsioni, motivazioni di un tempo. In parte sbagliate. In parte giuste. O,
semplicemente, inevitabili; ma che avrebbero richiesto un diverso modo di
manifestarsi.
Il ministro
dell’interno Roberto Maroni mi dà la netta impressione di essere preda di una convinzione
smemorata. Pericolosissimo.
Perché ci sono anche le tentazioni. Da parte di alcuni: la tentazione di dimostrare. Di poter gestire. Di spingersi in scelte e azioni di forza. Se Maroni sarà preso dalla tentazione e con lui le prime linee dei suoi sottoposti, il morto arriverà a breve. E ne seguiranno altri. Sicuramente, ci sarà un crescendo di tensioni.
E poi c’è un’altra tentazione. Meno pericolosa, ma profondamente idiota: la rivalsa. Il grido della vittoria. Quella è stata compiuta. Da Silvio Berlusconi, dai suoi servi, tra i quali dei cosiddetti giornalisti. Lasciamo perdere le definizioni. Vittoria di Pirro o di altro. Il paese reale è sempre più distante dal circo di ieri. Dai titoli degli editoriali. Dagli articoli dei quotidiani. La battaglia, come ormai dovrebbe aver compreso in molti, era anche tra gruppi editoriali “fiancheggiatori” o “oppositori”. Ieri sera, stamane, e anche nei prossimi giorni, proseguirà.
La tentazione è di una battaglia senza fine. Che non serve a nulla. C’è un presidente del consiglio che non è stato sfiduciato per tre voti. Il modo con il quale sono arrivati è pietra di scandalo. Ma tant’è: il governo Berlusconi c’è ancora. Sarà sfiduciato al prossimo di giro di votazioni in Parlamento. Rimane il fatto che Gianfranco Fini ha attuato un distacco che non ha raccolto risultati in Parlamento. C’è un vincitore e uno sconfitto? No. C’è un sopravvissuto e uno sconfitto. Ma Fini non è stato sconfitto per tre voti. E’ stato sconfitto dai suoi sedici anni di torpore o finto torpore. Dalla sua evidente incapacità di gestire emotivamente la situazione politica. L’incapacità di essere freddi, distanti da pulsioni, toglie lucidità. E pensare che Fini aveva davanti a sé un imperatore decaduto. Un morto vivente che si sta trascinando. Che sta trascinando il paese nella merda totale.
Ma non siamo
ancora arrivati a quel punto. L’olezzo sale. Da
tempo si comincia a sentire anche il sapore che sta lambendo il
labbro inferiore. Ma fino a quando una parte degli italiani non avrà
inghiottito la merda berlusconiana sputandola per lo schifo,
non ci sarà la svolta civile. E, conseguentemente, la possibile svolta
politica. Possibile. Non certa. Perché una svolta politica richiede politici
che sappiano rappresentare il paese reale non catturato dal modello del
berlusconismo. Non ne vedo.
Con ciò, Fini prenderà voti alle prossime elezioni. Come Casini. Ma nessuno dei due, tanto meno il PD di Bersani, sono in grado di pensare ad un modello alternativo al berlusconismo. Vendola e la Bindi ne parlano, ma non ne danno né forma né sostanza.
Dovrà farlo il
paese reale. Perché se nell’aria c’è qualcosa di pericoloso c’è
anche qualcosa
di “nuovo”. C’è una parte di paese realista distante dalla
classe politica ma che capisce e avverte che è proprio di politica che dobbiamo
parlare. Che è proprio la politica che dobbiamo fare.
Se ne dovrebbe
rendere conto anche il gruppo editoriale L’Espresso-la Repubblica.
Ma è occupato nelle schermaglie post voto alla Camera….
Come sempre, una
parte - solo una parte – del paese reale è più avanti. Abbiamo voglia,
come mai da qualche tempo, di un’aria (politica) diversa. Ma non c’è nessun
politico che sappia rappresentare questa parte del paese. Né Fini, né Casini,
né Di Pietro, né Bersani, né Vendola.
E’ una mia
opinione, ovviamente.
Anche perché, ci
vuole un gruppo. Non servono gli uomini tutto fare al comando. Serve un gruppo
di politici intorno, a supporto, di qualcuno che sappia guidarli. Solo così una
parte del paese – che è quella che farà la differenza nelle urne elettorali –
si potrà sentire rappresentata.
Fino a quando non ci sarà un gruppo di politici, diversi
per idee e proposte, che conosce e sappia interagire e agire con
quella parte
del paese reale che:
1. non si riconosce nelle “emotività leghiste”, ma che non accetta siano sottovalutati o ignorati problemi oggettivi ai quali la Lega dà risposte discutibili quando inaccettabili;
2. non si scontra su temi etici ma vuole capire le diversità, dialogare e confrontarsi;
3. vuole azioni concrete e costanti per combattere l’evasione fiscale;
4. ritiene doveroso il controllo della spesa pubblica e attende soluzioni per eliminare sprechi, clientelismi;
5. vuole che i soldi provenienti dalle tasse siano utilizzati per investimenti sulle priorità del paese (sistemazione del territorio, piani urbani in ottica di miglioramento della vivibilità, ecc..);
6. ritiene non si possa “risparmiare” sulla scuola ma chiede che la struttura sia adeguata a fornire istruzione che dia sbocchi professionali e una gestione degli istituti mirata al controllo di un budget definito (il che potrebbe comportare anche la riduzione dei precari da riconvertire in altre attività);
7. ritiene indispensabile stabilire regole e attuare controlli costanti nei confronti di enti pubblici e privati ai quali confluiscono soldi dei contribuenti per la produzione di beni e servizi, per la gestione del bene pubblico..
l’Italia continuerà ad essere avvolta nel modello del berlusconismo che sopravvivrà ai voti di fiducia/sfiducia al morto vivente: Silvio Berlusconi; il vecchio puttaniere megalomane, capace di “governare” solo i propri interessi e quelli del suo gruppo di riferimento politico/sociale e inadatto a pensare e agire nell’interesse della collettività.
P.S: ovviamente, potrei aggiungere altri punti all’elenco delle cose nelle quali credo e che ritengo servano. Ma non sono il leader del PD. Anche perché…non sia mai che vinca le elezioni.
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