mercoledì 9 novembre 2011

Politica e Media, da Noemi a Marcegaglia: Berlusconi e lo scontro la Repubblica / il Giornale


12 ottobre 2010

Boffo, Fini, Marcegaglia e chiunque altro/a stia per arrivare.

In sintesi: il quotidiano Il Giornale, convinto sostenitore di Berlusconi e del berlusconismo, con i servizi su Boffo e sulla casa di Montecarlo del cognato di Fini così “risponde” ai servizi del gruppo Espresso-la Repubblica a partire da Noemi Letizia da Casoria.

Tutto ha inizio da Noemi.
Il rapporto tra questa “verginella” e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non aveva in realtà minato più di tanto la credibilità, l’appeal, la solidità della poltrona della macchietta politica italiana. Neppure la rivelazione che Berlusconi avrebbe nominato alcuni parlamentari ignorando quelle attitudini indispensabili a che decide di  rappresentare gli italiani aveva prodotto particolari sommovimenti di coscienze.
Sennonché, Silvio Berlusconi ha commesso un grave errore. Inevitabile, perché in lui non esiste la capacità del contrario.

Berlusconi e la sua azione di governo.
Nel mentre che si trastullava a 3.000 euro una escort, nel mentre che nominava starlettine o servi ubbidienti in Parlamento, non governava. Non rispondeva ai problemi del paese. La crisi dell'economia italiana? Non c'era. Chi lo sosteneva era un gufo che non faceva l'interesse del paese. "Ottimismo", diceva Silvio. Anche la tv era responsabile del clima di crisi. La ricetta: rilassatavi guardando delle fiction. Sulle reti Mediaset, ovviamente. I programmi Rai: tutti contro il governo, tutti a gufare contro Berlusconi.
In realtà, nei tempi sottratti ai suoi trastulli (da un mese o più trasferiti in Russia, dall’amico Putin) governava. I suoi interessi. Si occupava di costruire e farsi costruire dai suoi “collaboratori” leggi ad personam.
Sempre nel mentre - questa era ed è la sua strategia – aspettava che la fase più acuta della crisi (negata in pubblico ma che alcuni in privato gli ricordavano esistere) passasse, per poi tornare a ripresentarsi da venditore di bufale e dire: avete visto, noi abbiamo risolto la crisi mondiale. Già lo vedevo a ‘Porta a Porta’ dal “fido” Vespa.

Progetto fallito.
Il progetto di occupazione del potere ha incontrato ultimamente difficoltà. Parte del merito o responsabilità è del gruppo Espresso-la Repubblica che ha iniziato a martellare il premier partendo dal suo rapporto con Noemi Letizia e famiglia, proseguendo con gli articoli sul suo governo ad personam. Ma la maggior parte di merito o responsabilità del fallimento del progetto governativo è di Silvio Berlusconi. Che di capacità ne possiede. Ma gli manca la principale: non sa governare i bisogni, del paese, non sa governare per gli interessi del paese. E di questo se ne sono resi conto anche parte di coloro che in Berlusconi, nel Pdl, nel centro-destra, credevano.

Espresso-la Repubblica & Il Giornale
Ciò che sta avvenendo da mesi nel mondo dei media italiani non è altro che la contrapposizione politica portata nella redazione di due quotidiani. Contrapposizione che si svolge nello scenario sopra descritto:

1. Berlusconi e i suoi vezzi; per alcuni trattasi di fatti privati, per altri: uso o abuso pubblico di piaceri privati;
2. Leggi ad personam per scongiurare i processi, per sostenere il proprio gruppo economico di riferimento;
3. Assenza di misure governative atte a risolvere o ridurre la crisi 

Da una parte:
1. In un contesto di crisi economica, c’è il gruppo editoriale Espresso-la Repubblica di De Benedetti che inizia mettendo in dubbio la ‘moralità’, l’opportunità di alcuni comportamenti di Berlusconi, che ne sottolinea l’azione mirata alla salvaguardia dei suoi interessi.
2. Alcuni settori politico-economici sono inizialmente indifferenti, “speranzosi” che il governo del fare di Silvio Berlusconi faccia. Con il passare del tempo, con il crescere degli atteggiamenti discutibili e con l’inconsistenza di azioni significative agli interessi del paese, diventano critici: la Cei, la Confindustria o ostili: Fini.

I “semi” sparsi dal gruppo Espresso-la Repubblica, attecchiscono in ambienti precedentemente aridi. Inizia la discesa di Silvio Berlusconi. L’impero da segni di disfacimento.
E, allora, interviene l’esercito amico: Il Giornale. Il quale “dedica” un’attenzione costante a coloro che fino a ieri o all’altro ieri erano comunque ascrivibili al centro-destra e ora sono i suoi critici e oppositori.

E arriviamo all’ultimo atto, in ordine di tempo: la Marcegaglia.
Alessandro Sallusti, attuale direttore responsabile del quotidiano di Berlusconi, oltre ad essere antiestetico (che non è sinonimo di brutto, i brutti possono avere fascino, possono piacere, gli antiestetici sono l’inconcepibile umano) è un cafone arrogante. Il cafone arrogante è sempre, sempre..anche maschilista. Feltri è simile a Sallusti. Atteggiamento nei confronti della Bignardi, venerdì scorso a ‘Le Invasioni Barbariche’, docet in tal senso.
Sul fatto che la presidente di Confindustria si sia rivolta a Confalonieri, azionista del quotidiano di Berlusconi mi viene da dire: comprensibile, tra padroni….ma anche: ridicolo: perché non si è rivolta al suo avvocato?
Ma andiamo oltre a questa discutibile scelta che non è comunque il punto principale della vicenda.
La reazione di timore di Emma Marcegaglia – lo capisce chiunque -  è originata da ciò che pensa del quotidiano Il Giornale, da ciò che ha letto e osservato da mesi a questa parte. Altrimenti, non vi era motivo di spaventarsi. Di temere che i “giornalisti” Feltri e Sallusti dessero inizio ad un’”intensa” e costante titolazione quotidiana sulla sua persona. Nella sua funzione professionale e anche personale. Perché Il Giornale non fa distinzioni tra privato e professionale. Perché? Perché secondo Feltri e Sallusti manco il gruppo Espresso-la Repubblica li fa (vedi Silvio-Letizia). E se è vero che tutto nasce e prosegue dallo scannamento tra due gruppi editoriali vi renderete conto che Il Giornale “segue” ciò che ritiene faccia la Repubblica.
Per Sallusti, il comportamento della Marcegaglia è quello di una gallina. Di un’isterica. Simili “aggettivi” sono stati usati perché la presidente di Confindustria è donna. Nei confronti di un maschio si usano altre espressioni. L’approccio di scontro è diverso.
Poverino. Sallusti ha una tara dalla nascita: è privo di senso critico. E’ privo di onestà mentale.
Ergo: non può che essere pattume ciò che pensa prima ancora di ciò che scrive. Rimane il fatto, dal mio punto di vista, che Nicola Porro ha fatto, sì, una battuta in quella conversazione, ma….

Una battuta di quelle che….spesso alcuni fanno. Sotto forma di battuta si dice ciò che si pensa, si dà una stoccata, si mette in difficoltà, si….fa sapere. Si fa una battuta per vedere una reazione. Per sapere.
Porro ha fatto una battuta dietro la quale si celava una verità: ‘ma come, anche la Marcegaglia come Boffo e Fini si mette a criticare Berlusconi’. Proprio lei che, come gli altri che l’hanno preceduta non può scagliare la prima pietra. Ovvio che potrebbe esserci un servizio che "svela" qualcosa in più o di diverso, rispetto a ciò che è stato scritto nei confronti della presidente di Confindustria e dell'imprenditoria di famiglia dal gruppo Espresso-la Repubblica e da Il Fatto Quotidiano.
Ma questo, non sarà dimostrabile. Perché il trio Feltri, Porro e Sallusti se non sapeva “odorava” che prima o poi sarebbe finito in qualche “attenzione”. 
Porro si è divertito. Si è divertito quando ha “avvertito” il collaboratore della Marcegaglia che lo ha preso sul serio perché c’erano i precedenti Boffo e Fini. Si è divertito perché chiunque avesse eventualmente ascoltato non avrebbe trovato nessun dossier particolare. E non perché il dossier era quello pubblicato sabato: articoli di provenienza Il Fatto Quotidiano, l'Unità e altri quotidiani non berlusconiani, ma, perchè se stavano preparando qualcosa ad hoc su di lei lo hanno messo al sicuro. 
Se così non fosse, sarebbero dei coglioni superlativi. Oddio…non sarebbe da escludere. Del resto, quando si vuole primeggiare, ci si riesce con ciò che si sa fare. 

Cosa succederà, come si andrà avanti? Com’è iniziata. Contrapposizione tra gruppi editoriali.
Alla Marcegaglia non resta che fare una telefonata a qualche imprenditore dell’area Espresso-la Repubblica.

Per concludere…
La conclusione che traggo è che quando i giornalisti definiti professionisti, non riescono ad avere una testa indipendente, un senso critico, un’onestà mentale, finiscono per mortificare se stessi, prima ancora che Boffo, Fini e Marcegaglia o altri. Sia chiaro che tali “difetti” non stanno esclusivamente ne Il Giornale. Ma lì vi è una rappresentanza significativa di ciò che non è il giornalismo professionista. Quello che era invece dei Montanelli e dei Biagi.
Ciò che è preoccupante è che i media italiani non sappiano o non vogliano capire che vi è una distinzione tra: notizie, fatti (che sono anche quelli di Casoria, anche la casa di Montecarlo), gli approfondimenti, le interpretazioni, e la prevalenza di argomenti che da qualche mese a questa parte occupano lo spazio dei giornali e, soprattutto: il modo con il quale sono trattati.
Si è arrivati ad un misurarsi continuo, giorno dopo giorno, che ha stesse caratteristiche dello scontro fazioso tra parti politiche.
Non è questa la stampa che serve ad un paese che mentre Silvio va ad intingere il biscotto in Russia, vede chiudere giorno dopo giorno aziende. Vede aumentare il numero dei disoccupati, dei precari.
Non è questa la stampa che serve ad un paese che deve gestire fenomeni come l’immigrazione. Non è questa la stampa che serve per capire qual è la questione e come risolverla.
Per fortuna, i quotidiani li leggono in pochi in Italia. E tra coloro che li leggono, o si limitano a sfogliare qualche pagina web, ci sono parecchi, più di quanto i cosiddetti giornalisti professionisti possano immaginare, che capiscono esattamente ciò che stanno leggendo. E che si aspetterebbero, da professionisti onesti mentalmente un confronto/scontro su argomenti che riguardano il paese reale anziché lo scannamento tra chi fa le veci…e le feci…del potere politico che si vuole mantenere o abbattere. 

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