venerdì 18 novembre 2011

Mario Monti, governo di “impegno nazionale”, prima fiducia dal Senato

da: la Stampa

Monti debutta: "Imperativo la crescita, meno tasse sul lavoro, ritornerà l'Ici"
Senato, 281 sì alla fiducia. No leghista.
Nella "cura" del nuovo premier risanamento, modernizzazione, ma anche anche più istruzione, e pressione fiscale sulle proprietà

Mario Monti incassa la fiducia di palazzo Madama con 281 voti, la stragrande maggioranza dei senatori, e nel suo primo giorno da premier dinanzi al Parlamento mette in chiaro il profilo del suo esecutivo: un governo che lui stesso battezza «di impegno nazionale», dietro alla cui nascita non ci sono «complotti internazionali o poteri forti o superpotenze». Un governo, dice, che si basa sulla fiducia che gli ha voluto accordare il presidente della Repubblica, che ha agito per il bene del Paese «con saggezza, perizia e senso dello stato». Pensioni, Ici, ma anche tagli alla casta e promessa di equità sociale: Mario Monti comincia la sua giornata presentando la sua agenda al Senato riscuotendo gli applausi generali.

Cinquanta minuti al Senato
Cinquanta minuti per il nuovo Presidente del Consiglio, il quale dimostra di essere entrato fino in fondo nel ruolo. Scandisce una serie di appuntamenti che fanno pensare quasi ad un programma di legislatura, piuttosto che non a una lista breve di emergenze. Assicura e rassicura in un mix di liberismo e aperture verso i temi sociali. Sillabando poi un «L’Europa siamo noi» che, da solo, riassume tutto: dalla volontà di non lasciare l’Italia al declino a quella di salvaguardare l’euro contro la speculazione internazionale. Questi i punti: 1)«l’imperativo ricominciare a crescere»; 2) taglio alle spese della casta; 3) lotta all’evasione fiscale; 4) revisione delle pensioni perchè l’attuale sistema è sì sostenibile, ma assolutamente squilibrato tra le generazioni; 5) «l’esenzione dall’Ici è un’anomalia italiana». Ce ne sarà per tutti i 20 mesi di qui alla scadenza naturale della legislatura.

L'avvertimento di Berlusconi
In serata Monti ottiene quindi il via libera di tutti i partiti che siedono in Parlamento, esclusa la Lega, ma sul battesimo dell’esecutivo si agita l’ombra dello scontro politico e dei calcoli elettorali. È Silvio Berlusconi a far capire, parlando con i senatori e i deputati, che il cammino del Governo non sarà tutto in discesa. L’ex premier alza i toni, parla di «democrazia sospesa», di opposizione e stampa «terroriste» e soprattutto minaccia: «Monti durerà fino a che lo vorremo noi».

Plauso dell'opposizione
La soluzione Monti «ci è stata imposta - spiega Berlusconi - con i tempi voluti dal Presidente della Repubblica». E se anche la fiducia del Pdl al nuovo esecutivo sarà garantita per il momento, chiarisce Berlusconi, «non sarà a scatola chiusa». Dunque, se ci saranno misure non condivise, la patrimoniale su tutto, il Pdl è pronto a staccare la spina. «Nel discorso di Monti c’è passione civile e la voglia di unire equità e crescita: sosterremo lo sforzo del governo», scandisce invece Pier Luigi Bersani, spiegando che il Pd farà le sue proposte in Parlamento. Il segretario dei Democratici chiede che «si passi dalle parole ai fatti» e chiede che «in questo anno si riescano a fare le riforme istituzionali e la riforma della legge elettorale». «Deluso» dalle parole di Monti invece, Nichi Vendola, che sottolinea il cambiamento di «stile» rispetto all’era berlusconiana. Ma aggiunge che «esiste una continuità con le politiche conservatrici del governo precedente, in particolare sul lavoro e le pensioni». Vendola rbadisce la «lealtà» di Sel al Patto di Vasto con Pd e Idv, ma aggiunge: «valuteremo di volta in volta le azioni dell’esecutivo».

L'altolà della Lega
E se la Lega ribadisce il suo no senza appello, definendo la ricetta del neo premier un’operazione di «macelleria sociale, istituzionale e politica» è pieno invece, il sostegno a Monti da parte del Terzo Polo. Pier Ferdinando Casini parla di «formidabile occasione per le forze politiche di seppellire le asce di guerra» e dare vita ad un «armistizio» che consenta alla politica di «riprendere fiato». Appoggio pieno e «non a termine» da parte dell’Api di Francesco Rutelli, secondo cui il governo è in grado di affrontare la crisi economica, di «riaffermare la nostra credibilità internazionale e condurre una vera e propria pacificazione nazionale».

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