Il mito del potere
Al potere che ci forgia non con costrizioni
fisiche o con limitazioni di libertà, ma
con idee che fanno riferimento alla sicurezza (dalle assicurazioni alle telecamere, dalle porte blindate alle
prigioni), al consumo (come disponibilità, abbondanza, opulenza, spreco,
status symbol), alla passività (davanti ai media,
incantati dallo spettacolo, dalla celebrità, dal successo che innescano
processi imitativi nel più assoluto misconoscimento della propria individuale
personalità), al narcisismo individualistico (nel più completo disinteresse
delle sorti della collettività, per la quale non si riesce neppure a immaginare
un futuro significativo), al potere che marcia su queste idee semplici, dove
ciò che si celebra è solo l’inerzia dello spirito, occorre contrapporre, scrive Hillman,
“il potere delle idee che non
rifuggono dalla visione immaginativa, dal pensiero avventuroso”, dalla
chiarificazione intellettuale, promossa da anime alla disperata ricerca del
potere della mente da contrapporre all’impotenza che sperimentano.
[…] E passare dalle idee che ci posseggono alle idee che pensiamo è il primo atto della nostra
libertà e la prima forza di limitazione del potere che ci sovrasta ogni
volta che persuade il nostro inconscio che le sue idee non possono che essere le nostre idee.
Ma per questo ci
vuole scuola, università, libri, biblioteche, laboratori scientifici,
congressi, conferenze, competenze liguistiche e informatiche, con buona pace di
quanti, in nome dell’”utilitarismo”, oggi unico generatore simbolico di tutti i
valori, si vantano di non aver bisogno di attingere a nessuna idea, che è
l’esatta definizione di una supina accettazione e della passiva subordinazione
al potere esistente.
Nessun commento:
Posta un commento