mercoledì 9 novembre 2011

Umberto Galimberti: I miti del nostro tempo / 5


Il mito del potere

Al potere che ci forgia non con costrizioni fisiche o con limitazioni di libertà, ma con idee che fanno riferimento alla sicurezza (dalle assicurazioni alle telecamere, dalle porte blindate alle prigioni), al consumo (come disponibilità, abbondanza, opulenza, spreco, status symbol), alla passività (davanti ai media, incantati dallo spettacolo, dalla celebrità, dal successo che innescano processi imitativi nel più assoluto misconoscimento della propria individuale personalità), al narcisismo individualistico (nel più completo disinteresse delle sorti della collettività, per la quale non si riesce neppure a immaginare un futuro significativo), al potere che marcia su queste idee semplici, dove ciò che si celebra è solo l’inerzia dello spirito, occorre contrapporre, scrive Hillman, “il potere delle idee che non rifuggono dalla visione immaginativa, dal pensiero avventuroso”, dalla chiarificazione intellettuale, promossa da anime alla disperata ricerca del potere della mente da contrapporre all’impotenza che sperimentano.

[…] E passare dalle idee che ci posseggono alle idee che pensiamo è il primo atto della nostra libertà e la prima forza di limitazione del potere che ci sovrasta ogni volta che persuade il nostro inconscio che le sue idee non possono che essere le nostre idee.
Ma per questo ci vuole scuola, università, libri, biblioteche, laboratori scientifici, congressi, conferenze, competenze liguistiche e informatiche, con buona pace di quanti, in nome dell’”utilitarismo”, oggi unico generatore simbolico di tutti i valori, si vantano di non aver bisogno di attingere a nessuna idea, che è l’esatta definizione di una supina accettazione e della passiva subordinazione al potere esistente.

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