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Il Welfare al capolinea
di Mario Reggio
Trasporti, politiche sociali, sanità, la stangata
arriva col nuovo anno
Manovra,
maxiemendamenti, nuove richieste dell'Europa. La cronaca rischia di farci dimenticare
che la mannaia di Berlusconi e Tremonti ha già tagliato sette miliardi di
trasferimenti dallo Stato a Regioni, Province e Comuni per il 2012. Questo vuol
dire - secondo le stime degli amministratori locali - che tre settori-chiave
del nostro welfare stanno per crollare.
Frastornati da
manovre e maxiemendamenti gli italiani non hanno la percezione della mannaia
dei tagli già decisi nel 2010 e 2011, ai quali vanno aggiunti i prossimi
imposti dalla Unione europea. Nel 2012, infatti, i trasferimenti dallo Stato a
Regioni, Province e Comuni scenderanno di 7 miliardi di euro. Tre i settori che
rischiano il crollo: il trasporto pubblico locale, le politiche sociali e la
sanità.
Partiamo dal trasporto pubblico locale.
Il Fondo nazionale passa da 2 miliardi e 55 milioni di euro nel 2010 a 400 milioni nel 2012. Una parte di questi soldi, più di un miliardo di euro, venivano destinati ai contratti con Trenitalia per il trasporto ferroviario regionale. Il 10 novembre scorso l'amministratore delegato di Fs Mauro Moretti ha lanciato l'allarme: "Dal primo gennaio del 2012 saremo costretti a chiudere il servizio regionale, visto che il miliardo e mezzo di tagli non sono stati nemmeno compensati con la legge di stabilità". Una dèbacle che rischia di lasciare a piedi le centinaia di migliaia di pendolari che tutte le mattine prendono il treno per raggiungere il posto di lavoro. "Chiederemo alle Regioni se hanno la copertura per i servizi, altrimenti non sappiamo come fare – afferma Moretti – io ho un contratto e con quello faccio un certo numero di servizi. Se i soldi non ci sono, non so cosa fare, così non ho neanche i soldi per pagare gli stipendi".
Ma non sono solo i treni regionali a rischiare il blocco. Anche il trasporto su "gomma", vale a dire bus urbani, metropolitane e linee di pullman regionali, è sull'orlo del collasso. "Alla fine del primo trimestre del 2012 i fondi saranno esauriti e scoppierà il caos", annuncia Luca Ceccobao, assessore ai Trasporti della Regione Toscana. Secondo gli esperti, il trasporto pubblico locale "vale" più sei miliardi di euro. Un taglio di un miliardo e mezzo rappresenta una terapia mortale. Cosa possono fare Regioni e Comuni per trovare una soluzione? Potrebbero aumentare il costo dei biglietti, che oggi coprono in media il 25 per cento delle entrate delle aziende di trasporto, ma non risolverebbero il problema. L'altra strada e quella di raschiare il fondo del barile dei bilanci regionali e comunali tagliando nel contempo altri servizi. Una politica suicida.
Nelle settimane scorse la Conferenza delle Regioni e il governo avevano concordato un tavolo tecnico per affrontare la situazione. Il tavolo non si è mai riunito. In quegli stessi giorni il ministro Raffaele Fitto aveva promesso: "I fondi sono stati inseriti nel maxiemendamento alla manovra". Bugie ed ancora bugie. Intanto la Irisbus Fiat, l'unica fabbrica di bus in Italia, sta chiudendo i battenti per mancanza di commesse pubbliche. Settecento lavoratori andranno presto a casa. Pessime prospettive anche per i dipendenti delle aziende di trasporto: in caso di default molti rischiano il posto di lavoro ma per loro non esistono ammortizzatori sociali.
Politiche sociali.
Per avere una chiara visione delle prospettive future bastano pochi numeri. Ne
2010 la spesa sociale ha raggiunto i 7 miliardi e 300 milioni. Nel frattempo i
trasferimenti da parte dello Stato sono passati da 1 miliardo e 400 milioni nel
2008 ai 211 milioni nel 2011. Tra l'altro il governo ha azzerato il fondo per
la non autosufficienza e non sono previsti soldi per il 2012. Stessa sorte per
i fondi destinati alle pari opportunità e al disagio giovanile.
A cosa servono i
fondi per le politiche sociali? Ancora pochi numeri per capire. 260mila bambini
accolti negli asili nido e nei servizi per la prima infanzia. 40mila nuclei
familiari e oltre un milione di persone seguite dai servizi sociali. 90mila
disabili assistiti a domicilio. 400mila anziani assistiti a domicilio. 280mila
interventi in aiuto a persone appartenenti a fasce di disagio sociale. Le
conseguenze dei tagli sono facilmente immaginabili. "Sono tagli nella
carne viva – afferma Lorena Rambaudi assessore regionale alle Politiche sociali
della Liguria e coordinatrice nazionale del settore – e tutto questo mentre
aumentano gli anziani e tra di loro quelli non autosufficienti. Le prospettive
sono catastrofiche: 50mila anziani perderanno il diritto all'assistenza, 20mila
nuovi nati non avranno la possibilità di entrare nei nidi d'infanzia. Nel 2012
le risorse saranno dimezzate, non solo per la mancanza dei finanziamenti
nazionali, ma per i pesanti tagli effettuati ai bilanci regionali e comunali.
Dal 2010 – conclude – per Regioni e Comuni i tagli hanno raggiunto i 10
miliardi a cui si aggiungono quelli dei ministeri che vengono destinati a spese
finalizzate ai servizi sociali ed altri interventi come ad esempio il sostegno
agli affitti". E intanto cresce la spesa privata per l'assistenza: le
famiglie italiane hanno speso nel 2010 9 miliardi di euro per pagare le 800mila
badanti con regolare permesso di soggiorno. Nessuno ha idea di quante siano
quelle irregolari e quanto pesino sui bilanci familiari.
La sanità
pubblica. "La manovra non toccherà la sanità pubblica", parola del
ministro della Salute Fazio. Lo stesso si è dovuto ricredere dopo pochi mesi:
"I fondi sono chiaramente sottostimati". Il governo ha cominciato con
i tagli lineari decisi nel 2010 dal ministro Tremonti: tre miliardi e mezzo dal
2011 al 2014. Poi il cielo sembra rassenerarsi con l'accordo per il riparto del
Fondo sanitario nazionale per il 2011 e per i tre anni successivi. I
finanziamenti verranno incrementati del 3 per cento ogni anno. Balle. Arriva la
manovra finanziaria del 2011 e l'accordo non viene rispettato: due miliardi e
mezzo di tagli nel 2013 e 5 miliardi e 450 milioni nel 2014. Ma non basta:
l'incremento dello 0.5 per cento nel 2013 e dell'1.4 per il 2014 non copre
nemmeno l'inflazione.
Che le cose si
stessero mettendo male si era capito nel giugno del 2011 quando Tremonti aveva
annunciato che non c'erano più soldi per evitare l'introduzione dei ticket. In
sostanza una truffa a danno delle Regioni costrette a recuperare 400 milioni di
euro entro la fine del 2011. Ecco la storia di questo pasticcio epocale. Nel
2009 governo e Regioni firmano il Patto per la salute e, per evitare nuovi
ticket sulle visite specialistiche, il ministero stanzia 860 milioni l'anno da
versare nelle casse regionali. A giugno del 2011 cambia tutto: non ci sono più
soldi, l'aumento dei ticket diventa automatico: 10 euro in più per le visite
specialistiche ed altrettanti per gli esami diagnostici, in più 25 euro per chi
entra al pronto soccorso e viene classificato "codice bianco". Alla
notizia tutti i presidenti delle Regioni protestano. Tremonti fa orecchio da
mercante. Alla fine le Regioni si adattano, in caso contrario, come dice il
governatore della Lombardia Roberto Formigoni, "c'è il rischio di essere
accusati di danno erariale".
Nel frattempo
cinque Regioni (Lazio, Molise, Campania, Puglia e Calabria) sono alle prese con
i piani di rientro del deficit sanitario accumulato negli anni. Un altro
salasso per cittadini che devono sobbarcarsi l'aumento costante delle tasse
regionali. E l'assistenza? Con il blocco del turn over nel pubblico impiego,
medici, infermieri, tecnici e ausiliari che vanno in pensione non vengono
sostituiti. Particolarmente pesante la situazione in uno dei settori vitali
della sanità pubblica. Se le cose non cambiano, gli anestesisti e i rianimatori
in servizio non riusciranno a coprire tutti gli interventi in camera operatoria.
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