31 maggio 2011
A Milano ha perso
Letizia Moratti, la sua non amministrazione della città. A
Milano ha perso
Silvio Berlusconi.
A Milano hanno vinto coloro che ne avevano pieni i coglioni di essere presi per i coglioni dal vecchio nano puttaniere che racconta dal 1994 che “le tasse diminuiranno”.
A Milano hanno vinto coloro che ne avevano pieni i coglioni di essere presi per i coglioni dal vecchio nano puttaniere che racconta dal 1994 che “le tasse diminuiranno”.
Milano è una città
schizzata in alcuni atteggiamenti e momenti della giornata, ma è anche una
città nella quale, quando ci fermiamo a riflettere, ci mettiamo meno tempo
degli altri e…siamo mediamente più avanti.
Per me che vivo
nel paese reale, la questione “Milano” era, ed è, molto semplice.
Il 15 e 16 maggio,
Letizia Moratti è stata bocciata alle urne elettorali dal “popolo sovrano
milanese”. Avrete sicuramente notato che Berlusconi chiama gli elettori “popolo
sovrano” quando pensa nella sua arrogante presunzione di essere gradito e
vincitore.
Ma se il popolo è
sovrano, è sovrano sempre. E il popolo sovrano milanese ha deciso che era ora
di finirla con l’amministrazione del nullismo. Le elezioni a Milano sono state
– innanzitutto – un voto amministrativo.
E ovvio che, se
all’insignificanza gestionale, aggiungiamo modi e toni della propaganda
politica mirata soltanto a salvaguardare gli individualismi del premier, cioè
la coglioneria mentale più volgare, i milanesi uniscono insoddisfazione a
insoddisfazione. E votano di conseguenza.
In sintesi: con il voto del 15 e 16 maggio, i milanesi hanno respinto l’amministrazione di Letizia Moratti e l’individualismo malato di Silvio Berlusconi.
Ma, dicevano i
politici bastonati e la stampa professionista o presunta tale, c’erano due
settimane di tempo per arrivare al ballottaggio e recuperare.
Già il fatto che
si creda o si finga di credere che in due settimane si possa raddrizzare la
situazione, è cosa che ritengo offensiva non tanto per il mio cervello dotato
di senso critico ma anche per quello meno avvezzo a credere alle balle. Ma
Moratti e il centro destra hanno voluto continuare nell’offendere le capacità
cerebrali dei milanesi….
La responsabilità, oggettivamente va detto, è più di Berlusconi e Bossi che non di lady capello sempre a posto. Donna Letizia viene mandata in giro – lei che per fare poche centinaia di metri usa la macchina blindata – con il tutor: l’ex sindaco Albertini e la badante: il leghista Matteo Salvini.
La responsabilità, oggettivamente va detto, è più di Berlusconi e Bossi che non di lady capello sempre a posto. Donna Letizia viene mandata in giro – lei che per fare poche centinaia di metri usa la macchina blindata – con il tutor: l’ex sindaco Albertini e la badante: il leghista Matteo Salvini.
Il commento della
gente che se la trova improvvisamente tra i piedi è: “non si è
mai fatta vedere, adesso viene qui perché sta perdendo”.
A che serve fare
il giro dei mercati a due settimane da un ballottaggio? Che impressione e
opinione possono avere i milanesi non cerebrolesi nel vedere che la Moratti
viene “accompagnata” da un ex sindaco che non ha mai fatto mistero di essere
critico nei confronti dell’amministrazione comunale e da un leghista che dice
di stare in mezzo alla gente e non si è mai accorto che molti di noi a Milano
convivono tranquillamente con immigrati regolari.
Anzi: ne hanno bisogno. Quando cercano un fabbro, un muratore, un imbianchino.
Fabbri, muratori, imbianchini, idraulici africani e asiatici. Molti dei quali,
laureati nel loro paese e arrivati in Italia per trovare un lavoro, una vita
che abbia la parvenza della dignità umana che nel loro paese è negata da regimi
dittatoriali, da ingiustizie sociali.
I milanesi non
cerebrolesi non potevano che pensare che Letizia Moratti fosse stata bocciata,
in primis, dai suoi sostenitori e alleati. I milanesi non cerebrolesi non
potevano che pensare che il milanese Silvio Berlusconi o non si rendesse conto
– così preso fra troie e leggi ad personam – che l’amministrazione del centro
destra era inadatta a gestire una città come Milano, o, viceversa, che ne fosse
ben conscio.
E allora,
ricandidare la Moratti voleva dire: prendere per il culo i milanesi. Anche quelli
non particolarmente dotati di neuroni o non avvezzi a spremerli abitualmente.
C’è poi un
particolare che nessuno ha evidenziato e che, invece, io trovo essenziale.
Se non ricordo
male, al 15 maggio 2011, Letizia Moratti era il sindaco di Milano. Vale a dire:
si stava ricandidando a ricoprire la medesima carica. Non era la sua prima
volta.
E allora, un anno
prima, qualche mese prima, e ancor di più nelle due settimane che precedono il
ballottaggio, prima di chiedere all’avversario il confronto sui programmi
del futuro, la signora lady capello sempre a posto
avrebbe dovuto intrattenerci sui programmi che aveva realizzato,
sulle decisioni, sulle scelte, sulle azioni.
Ma di questo Letizia Moratti non ha mai parlato. Dimenticanza da Alzheimer o…nullismo amministrativo?
Ma di questo Letizia Moratti non ha mai parlato. Dimenticanza da Alzheimer o…nullismo amministrativo?
Nullismo
amministrativo.
Detto quanto sopra, cioè di una città nella quale non prevalgono razzimo e pregiudizio, un problema di convivenza sociale – soprattutto in certe zone periferiche – tra italiani ed extra comunitari, c’è.
Problemi che non
saranno risolti con la sola gentilezza bensì comprendendo le ragioni degli uni
e degli altri, il modo di vivere degli uni e degli altri, offrendo servizi e
capacità di ascoltare e unire.
E arriviamo a questo punto alla domanda che si pongono i “fini analisti” politici: il voto di Milano è un voto politico nazionale? Sì, ma non nel senso che lo intende la classe politica e l’annesso codazzo stampa “referenziale”.
Ritorno al primo concetto: il voto di Milano è prima di tutto un voto amministrativo, rafforzato dal rifiuto che ormai pervade la gente realista e di buon senso nei confronti di una volgarità mentale che supera nettamente la volgarità linguistica. Silvio Berlusconi ha rotto i coglioni. E’ l’essere più egocentrico, individualista e noioso che ci sia in Italia. E, pertanto, inutile quando non dannoso.
Le sue balle hanno
stremato anche coloro che pensavano che potesse arricchire il paese. Certo. La
sua cricca l’ha arricchita. Ha ragione Berlusconi: i ristoranti hanno clienti e
Milano si svuota nel fine settimana. Soldi ce ne sono. Ciò che non dice Silvio
Berlusconi, perché non capisce o finge di non capire, che mai come a Milano c’è
la rappresentazione del paese in generale.
Chi evade le
tasse, non è certo diventato più povero con la crisi economica. Anzi: si è
arricchito. Succede a Milano. Succede nel resto del paese.
Chi era ai limiti
della soglia di povertà, è diventato più povero. Succede a Milano. Succede nel
resto del paese.
Il ceto medio che paga le tasse si è impoverito ed è sempre più incazzato dal constatare che non usufruisce di servizi adeguati alle tasse che paga. Succede a Milano. Succede nel resto del paese.
Il ceto medio che paga le tasse si è impoverito ed è sempre più incazzato dal constatare che non usufruisce di servizi adeguati alle tasse che paga. Succede a Milano. Succede nel resto del paese.
Ecco perché il
voto di Milano può rappresentare un voto nazionale: perché ciò che vivono i
milanesi, lo vivono altre città del Nord e ancora più lo vivono realtà del Sud.
In questo senso ha
una valenza rappresentativa nazionale. Non perché da oggi ricominceranno a
gridare: “Berlusconi
dimettiti” e/o quale “responsabile” potrebbe fare un altro salto
della quaglia alla prima votazione in Parlamento.
Detto quanto sopra, il PD si può limitare a un sorrisino del tipo: mi è andata di culo. La vittoria di Milano (ma anche quella di Napoli) gli è arrivata per caso.
Detto quanto sopra, il PD si può limitare a un sorrisino del tipo: mi è andata di culo. La vittoria di Milano (ma anche quella di Napoli) gli è arrivata per caso.
Nella capitale
meneghina - come “tradizione” quasi ventennale vuole – il Partito Democratico
sceglie i candidati sindaci nei salotti della borghesia.
Da qui l’investitura per l’architetto Stefano Boeri.
Ma le primarie del
Pd, con soli ottantamila voti (qualcuno lo ricordi a Vendola) decretano invece
la vittoria di Giuliano Pisapia. Anche lui di provenienza borghese e con una
militanza di sinistra (tipico dei figli della borghesia milanese) che gli sarà
rinfacciata in maniera così imbecille da irritare persino i milanesi che non
avevano intenzione di votarlo.
Il Pd – che non è
mai stato interessato a vincere a Milano – sbaglia l’impostazione iniziale, ma
i due ex avversari di primarie sono abbastanza intelligenti da fare sinergia.
L’unica novità nel comportamento del Partito Democratico, rispetto alle
precedenti elezioni amministrative, è che l’ex comunista Pisapia e i suoi
supporters si sono fatti vedere – non certo solo per due settimane – nelle
strade. Giuliano Pisapia ha capito quale dovesse essere la prima mossa: andare
tra la gente, parlare con loro. In una città sempre più insoddisfatta della
Moratti, per quanto a livello nazionale il Partito Democratico non sia
un’alternativa al berlusconismo, l’atteggiamento di Pisapia è stato notato e
premiato. Il Pd deve ringraziare Pisapia. Non il contrario.
Tutto bene quel
che finisce bene? Nient’affatto.
Giuliano Pisapia e
il PD, a Milano, devono dimostrare di saper governare una città fatta
prevalentemente di gente realista e ragionevole.
E poiché, come
ritengo, questo voto meneghino rappresenta un’indicazione a livello nazionale,
il Pd dovrebbe diventare quello che finora non è stato: un partito in grado di
pensare e attuare un modello alternativo al berlusconismo. Le vittorie di
Milano e Napoli – che ne dicano Berlusconi e Bossi – sono significative perché
confermano ciò che noi del paese reale sapevamo da tempo: tira un’altra aria.
Ma da qui al Pd
che vince le prossime elezioni politiche ce ne vuole…
Il Pd, da oggi, riprenderà con il solito tira e molla tra casiniani e vendoliani. E questa è la sua debolezza. Se hai idee, se hai proposte su come attuarle, non hai bisogno di “allearti “ a nessuno. Ti presenti da solo al giudizio elettorale. Quanto più hai idee e proposte, quanto più credi e sei capace di coinvolgere su un modello alternativo al berlusconismo, tanto meno parlerai di alleanze.
Se il voto di
Milano rappresenta lo specchio del paese reale non significa che la maggioranza
del paese voterà come nella mia città. L’insoddisfazione per Berlusconi può
aumentare l’astensione. Un partito, un gruppo che sappia essere alternativo al
modello del berlusconismo chiamerà invece gente alle urne e ne usciranno quelle
che – coloro che non capiscono o fingono di non capire – chiamano: sorprese.
Non si tratta di
sorprese. Ma di logica conseguenza al distacco profondo tra paese reale e la
classe politica incapace di gestire gli interessi della collettività.
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