9 settembre 2008
Mi chiedo se anche
voi vi siate accorti di un aspetto della nostra società che sono certa, alla
classe politica stia sfuggendo, così presa com’è dall’attuazione del proprio
piano strategico di radicazione dell’individualismo, dell’interesse personale
spacciato per collettivo.
Con tutto il
rispetto della statistica, una sensazione neppure vaga di cosa sia la nostra
società, di quello che siamo e che ci aspetta, di quello che troveremo e
lasceremo si ottiene anche da sole brevi occasionali conversazioni nel mondo
reale, osservazioni di persone e fatti. In casa, sui mezzi pubblici, al
supermercato. Raramente ascoltando o vedendo la televisione se non quando ci fa
arrivare notizie che immagazziniamo in qualche parte del cervello e che
dovremmo assemblare per intuire, dedurre.
Io che vivo la
quotidiana realtà di una cosiddetta metropoli, dove la qualità della vita è più
o meno scarsa, più o meno soddisfacente (dipende da tanti fattori che non sto
in questo momento ad elencare) che ho rapporti costanti e intensi quanto brevi
o superficiali mi rendo sempre più conto che la nostra è una società di anziani
e di precari.
Mediamente, non
considerando la statistica ufficiale ma l’imperfetta statistica della mia vita
reale quotidiana, vedo e ascolto una generazione diciamo di 50-60enni i cui
figli fanno parte della categoria dei precari. Perchè precari, cioè con un
reddito mensile che non consente, in una metropoli ma anche difficilmente in
una città di provincia, di essere economicamente indipendenti; questi figli
sono aiutati, quando, non ancora mantenuti da genitori che lavorano o sono da
poco in pensione.
Mediamente, non
considerando la statistica ufficiale ma l’imperfetta statistica della mia vita
reale quotidiana, vedo e ascolto una generazione che va dai 40 ai 60 anni alle
prese con genitori che hanno bisogno di assistenza. In una società che
invecchia, dove nulla o poco si fa nulla per l’anziano, questa generazione è
impegnata, preoccupata a trovare un posto dove ricoverare il genitore, si
imbatte in pastoie burocratiche, ha l’ansia di sapere cosa fare, dove andare
per trovare il supporto del quale ha bisogno. Badante, casa di cura.
Una generazione di
figli che accudisce i suoi genitori in una società che non pensa all’anziano se
non marginalmente. Senza progettualità. Perchè una società che sempre più
invecchia, sempre più ha bisogno di pensare e realizzare una società a misura
di anziano. Come dovrebbe progettare una società a misura di giovane. In grado
di mantenersi. Con valori e miti che non siano fuorvianti e che li rendano
prima precari mentalmente e poi economicamente.
Mi chiedo. Quando i figli precari diventeranno 50/60
enni e dovranno badare ai loro genitori
come potranno farlo se il primo
indispensabile requisito è: non essere precari. Se non hai soldi a
sufficienza per badare a te stesso come puoi badare ai tuoi genitori. I precari
badati come potranno diventare bandanti?
I genitori badanti dei loro figli precari come
potranno continuare a farlo se anche loro entreranno nella categoria dei badati?
Io penso che nei prossimi anni questo giro vizioso: precario badato che deve diventare precario
badante, genitore badante, che
diventa genitore badato, esploderà. Sta già creando problemi alla vita reale,
quotidiana, di molti italiani. E’ già faticoso, impegnativo. Il nostro
mondo, statisticamente o non rilevato, è sempre più distante dal politichese,
da una classe politica che parla e agisce di altro.
Con il passare
degli anni, con il passaggio generazionale e con il mantenimento di questa società precaria badata e badante,
esploderà una questione sociale, oggi ancora sotto controllo perchè ogni
singolo diventa una cellula di collettività sopperendo all’individualismo di
chi invece dovrebbe avere il senso e l’azione della gestione collettiva. Un
paradosso. In una società dove la politica pensa, agisce, sostiene
l’individualismo, il singolo individuo genitore badante assume il ruolo di
gestore collettivo. Nell’ambito della propria famiglia, dei rapporti costanti e
quotidiani. E’ molto di più di ciò che fanno coloro che dovrebbero gestire la
collettività nel suo insieme.
La classe politica
dovrebbe anticipare, vedere lungo. Ma noi, società civile, cittadini reali di
tutti i giorni ci rendiamo conto di quale è, oggi, il nostro vivere, di come
stia mutando, di cosa stia avvenendo? Se non ci rendiamo conto, non potremo
reclamare, non potremo pretendere che la classe politica risponda ai bisogni di
questa società.
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