mercoledì 9 novembre 2011

La società di precari badati, poi badanti


9 settembre 2008

Mi chiedo se anche voi vi siate accorti di un aspetto della nostra società che sono certa, alla classe politica stia sfuggendo, così presa com’è dall’attuazione del proprio piano strategico di radicazione dell’individualismo, dell’interesse personale spacciato per collettivo.

Con tutto il rispetto della statistica, una sensazione neppure vaga di cosa sia la nostra società, di quello che siamo e che ci aspetta, di quello che troveremo e lasceremo si ottiene anche da sole brevi occasionali conversazioni nel mondo reale, osservazioni di persone e fatti. In casa, sui mezzi pubblici, al supermercato. Raramente ascoltando o vedendo la televisione se non quando ci fa arrivare notizie che immagazziniamo in qualche parte del cervello e che dovremmo assemblare per intuire, dedurre.
Io che vivo la quotidiana realtà di una cosiddetta metropoli, dove la qualità della vita è più o meno scarsa, più o meno soddisfacente (dipende da tanti fattori che non sto in questo momento ad elencare) che ho rapporti costanti e intensi quanto brevi o superficiali mi rendo sempre più conto che la nostra è una società di anziani e di precari.
Mediamente, non considerando la statistica ufficiale ma l’imperfetta statistica della mia vita reale quotidiana, vedo e ascolto una generazione diciamo di 50-60enni i cui figli fanno parte della categoria dei precari. Perchè precari, cioè con un reddito mensile che non consente, in una metropoli ma anche difficilmente in una città di provincia, di essere economicamente indipendenti; questi figli sono aiutati, quando, non ancora mantenuti da genitori che lavorano o sono da poco in pensione.
Mediamente, non considerando la statistica ufficiale ma l’imperfetta statistica della mia vita reale quotidiana, vedo e ascolto una generazione che va dai 40 ai 60 anni alle prese con genitori che hanno bisogno di assistenza. In una società che invecchia, dove nulla o poco si fa nulla per l’anziano, questa generazione è impegnata, preoccupata a trovare un posto dove ricoverare il genitore, si imbatte in pastoie burocratiche, ha l’ansia di sapere cosa fare, dove andare per trovare il supporto del quale ha bisogno. Badante, casa di cura.
Una generazione di figli che accudisce i suoi genitori in una società che non pensa all’anziano se non marginalmente. Senza progettualità. Perchè una società che sempre più invecchia, sempre più ha bisogno di pensare e realizzare una società a misura di anziano. Come dovrebbe progettare una società a misura di giovane. In grado di mantenersi. Con valori e miti che non siano fuorvianti e che li rendano prima precari mentalmente e poi economicamente.

Mi chiedo. Quando i figli precari diventeranno 50/60 enni e dovranno badare ai loro genitori come potranno farlo se il primo indispensabile requisito è: non essere precari. Se non hai soldi a sufficienza per badare a te stesso come puoi badare ai tuoi genitori. I precari badati come potranno diventare bandanti?
I genitori badanti dei loro figli precari come potranno continuare a farlo se anche loro entreranno nella categoria dei badati?

Io penso che nei prossimi anni questo giro vizioso: precario badato che deve diventare precario badante, genitore badante, che diventa genitore badato, esploderà. Sta già creando problemi alla vita reale, quotidiana, di molti italiani. E’ già faticoso, impegnativo. Il nostro mondo, statisticamente o non rilevato, è sempre più distante dal politichese, da una classe politica che parla e agisce di altro.
Con il passare degli anni, con il passaggio generazionale e con il mantenimento di questa società precaria badata e badante, esploderà una questione sociale, oggi ancora sotto controllo perchè ogni singolo diventa una cellula di collettività sopperendo all’individualismo di chi invece dovrebbe avere il senso e l’azione della gestione collettiva. Un paradosso. In una società dove la politica pensa, agisce, sostiene l’individualismo, il singolo individuo genitore badante assume il ruolo di gestore collettivo. Nell’ambito della propria famiglia, dei rapporti costanti e quotidiani. E’ molto di più di ciò che fanno coloro che dovrebbero gestire la collettività nel suo insieme.
La classe politica dovrebbe anticipare, vedere lungo. Ma noi, società civile, cittadini reali di tutti i giorni ci rendiamo conto di quale è, oggi, il nostro vivere, di come stia mutando, di cosa stia avvenendo? Se non ci rendiamo conto, non potremo reclamare, non potremo pretendere che la classe politica risponda ai bisogni di questa società.

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