Sabato a Mansoura, in Egitto, c’è
stata la prima udienza del processo a carico di Patrick George Zaki, lo
studente egiziano arrestato
nelle scorse settimane all’aeroporto del Cairo in circostanze non chiare. Gli
avvocati dello studente ne avevano chiesto la liberazione su cauzione, ma il
giudice ha deciso di prorogare la custodia cautelare di altri 15 giorni. La
notizia della decisione è stata
confermata anche dalla ong Amnesty International, che da settimane si sta
occupando del caso di Zaki.
Zaki ha 27 anni, è di nazionalità egiziana
e dallo scorso agosto stava studiando per un dottorato all’Università di
Bologna, dove viveva. Era tornato in Egitto per una breve vacanza nella
sua città natale, Mansoura, qualche decina di chilometri a nord del Cairo, ma
una volta atterrato al Cairo, venerdì 7 febbraio, era stato arrestato senza
apparenti motivi. Secondo l’Egyptian
Initiative for Personal Rights (EIPR), l’organizzazione per la quale Zaki
lavora come ricercatore sui diritti umani e di genere, sarebbe
stato interrogato sul suo lavoro di attivista, minacciato, picchiato e
sottoposto a scosse elettriche.
Sabato mattina era stato poi portato
davanti alla procura di Mansoura per un nuovo interrogatorio, e qui era stato
informato di essere accusato di aver pubblicato notizie false con l’intento di
disturbare la pace sociale, di aver incitato proteste contro l’autorità
pubblica, di aver sostenuto il rovesciamento dello stato egiziano, di aver
usato i social network per minare l’ordine sociale e la sicurezza pubblica, e
di aver istigato alla violenza e al terrorismo: tutte accuse che l’Egitto di
solito riserva a dissidenti o critici del governo.
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