da: Il Fatto Quotidiano
Non
potete confermare Descalzi all’Eni
di Stefano
Feltri
Non ci provate nemmeno, cari Giuseppe Conte, Roberto Gualtieri e
Sergio Mattarella, certe cose non si fanno in silenzio, come fosse tutto ovvio
e lineare: se volete riconfermare
Claudio Descalzi dovete spiegare agli italiani perché volete alla guida
della più strategica azienda italiana un
manager imputato per corruzione internazionale, beneficiario (per il momento a
sua insaputa…) di depistaggi giudiziari che non si vedevano dai tempi della
strategia della tensione, la cui moglie ha ricevuto appalti per centinaia di
milioni di dollari dall’Eni (all’insaputa del marito, ovviamente, che all’epoca
era “solo” il numero due dell’azienda).
Descalzi
non è condannato, ma chi legge il Fatto e pochi altri giornali non influenzati dai
budget pubblicitari di Eni, sa che ci sono mille ragioni per non
confermarlo.
E dichiarazioni anonime come quelle nei
retroscena pubblicati dalla Reuters sono un atto di codardia e un’offesa
all’intelligenza degli italiani: esponenti
senza nome del Pd e dei 5Stelle parlano di una possibile riconferma di Descalzi
per guidare la “svolta green” (en
passant: l’Eni di Descalzi ha preso
una multa record dall’Antitrust per pubblicità ingannevole su
carburanti green ) o per gestire l’instabilità in Libia: un manager che, nel migliore dei casi, non ha saputo evitare che 1,3 miliardi di dollari finissero nelle
tasche di politici nigeriani invece che ai cittadini della Nigeria forse
non è la persona giusta su cui impostare la politica energetica della Libia post-
caos.
Cari
Conte, Gualtieri e Mattarella, se volete Descalzi all’Eni,
fate pure, decidete voi. Ma poi, per coerenza,
evitate per tutto il triennio del
suo prossimo mandato ogni pensierino sulla corruzione, sugli aiuti allo sviluppo alle sfortunate popolazioni
africane, sulla meritocrazia, sugli eroi civili che si oppongono a piccoli abusi,
su onestà e legalità.
Avete la responsabilità di una scelta importante. E avete il dovere di spiegarla: le vicende giudiziarie
di questi anni – le più gravi nella storia dell’Eni – non possono rimanere
sullo sfondo.
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