2.
Le dimensioni effettive della povertà in Italia
Lo so, a questo punto qualcuno potrebbe
obiettare: sì, i consumi oggi sono più ricchi e opulenti di quelli di ieri, ma
i drammi sociali restano, perché povertà, disoccupazione, famiglie che non
arrivano alla fine del mese ci sono sempre.
E allora dobbiamo, prima di entrare nella
fenomenologia del consumo signorile, cercare di chiarire bene di che cosa si
parla quando si usa l’espressione società signorile di massa.
Intanto occorre ricordare la nostra
definizione: il concetto di società signorile di massa non riguarda la
popolazione residente o presente in Italia nel suo insieme ma solo i cittadini
italiani che risiedono sul territorio italiano. Quando diciamo che quella
italiana è divenuta una società signorile di massa, stiamo parlando della
condizione di coloro che hanno la fortuna (o il privilegio) di avere la cittadinanza
italiana. Esattamente come, quando parliamo della democrazia ateniese, ci
occupiamo di come vivevano e votavano i suoi cittadini, senza tenere conto
della condizione degli schiavi e dei non ateniesi. Ecco perché, nel
descrivere la società signorile, abbiamo sottolineato la presenza di
un’infrastruttura paraschiavistica, in parte considerevole costituita da
immigrati. Senza quella infra-struttura, che genera surplus ed eroga servizi
alle famiglie e alle imprese, la comunità dei cittadini italiani non potrebbe
essere qualificata come “signorile di massa”.
Qualche numero può contribuire
ulteriormente a chiarire di che cosa ci stiamo occupando. Le famiglie che
vivono sotto la soglia di povertà assoluta, secondo l’ISTAT, sono 1 milione e
800.000, di cui quasi 600.000 straniere. Questo significa che circa un
terzo del fenomeno povertà è dovuto agli stranieri, e che – fra gli stranieri –
una famiglia su quattro è povera. Ma quanto incide la povertà sulle famiglie di
italiani?
Qui la risposta dell’ISTAT è: la
percentuale di famiglie povere è del 7%, ma se consideriamo solo quelle
italiane scende al 5.3%. Sarebbero povere, in altre parole, una famiglia su
venti. Reciprocamente: quasi il 95% delle famiglie italiane non è povero. Ma è
realistica questa valutazione?
Qualche dubbio in proposito lo esprime
anche l’ISTAT, che considera “sicuramente povere” un numero un po’ minore di
famiglie (il 4.7% anziché il 5.3%). Però siamo sempre lì, intorno al 5%. I veri
dubbi, in realtà, vengono dalle prime cifre del reddito di cittadinanza.
Sommando tutte le domande accolte, comprese quelle per la pensione di
cittadinanza, nei primi quattro mesi dall’entrata in vigore della legge si
arriva a quota 895.000, di cui circa 750.000 di famiglie italiane, contro 1
milione e 255.000 famiglie povere stimate dall’ISTAT. È come dire che su cento
famiglie censite dall’ISTAT come povere, quelle che hanno fatto domanda
sono solo sessanta, poco più di una su due. Perché?
Alcune ragioni sono ovvie: c’è chi
preferisce aspettare (ma perché? e fino a quando?); la definizione di povero
della legge non è identica a quella dell’ISTAT; alcuni requisiti per accedere
al sussidio escludono determinate categorie di cittadini (l’obbligo di avere
una residenza esclude i senza tetto). Non sembra inverosimile, tuttavia, che
una parte della scarsa adesione sia dovuta al timore dei controlli e delle
sanzioni legate alle false dichiarazioni. È possibile, in altre parole, che
famiglie che sono risultate povere in base alle rilevazioni dell’ISTAT, non
sarebbero risultate tali ove l’ISTAT fosse stata in grado di includere nel
reddito familiare anche i proventi in nero.
Se questa spiegazione non è infondata,
sembra ragionevole ipotizzare che il numero di famiglie italiane effettivamente
povere si collochi in qualche punto intermedio fra la
valutazione ISTAT e le adesioni al reddito di cittadinanza pervenute
nei primi mesi.
[..] Nella società signorile di massa,
accanto agli strati (maggioritari) che accedono al consumo signorile,
coesistono certamente strati che ne sono esclusi: buona parte degli immigrati,
i lavoratori dell’infrastruttura paraschiavistica, ma anche quella frazione di
italiani che, pur essendo sopra la soglia di povertà assoluta, le sono
pericolosamente vicini. Il punto, però, è che comunque si voglia valutare
l’ampiezza di questi strati, essi coinvolgono una minoranza delle popolazione
residente, e una ancor più esigua minoranza dei cittadini di nazionalità
italiana.
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