da: https://www.famigliacristiana.it/ -
di Elisa Chiari
La
prescrizione. Che cos'è. A che cosa serve. Perché se ne parla. Che cosa cambia
nel 2020
Ciclicamente
si torna a parlare di riforma della prescrizione, cerchiamo di capirne di più,
riforma compresa
La
prescrizione è un istituto di diritto (in questo caso penale, ma esiste anche
nel civile) che fa sì che ci sia un termine entro il quale un reato può essere perseguito dalla legge,
per evitare di celebrare processi quando lo Stato non ha più interesse a punire
il fatto e a reinserire il reo, essendo trascorso troppo tempo. Non avrebbe
senso processare un nonno di famiglia, nel frattempo diventato integerrimo, per
una rissa commessa in gioventù. Non è un male anzi, è un principio di civiltà
giuridica, il problema semmai è nelle norme che stabiliscono come viene
applicata.
La prescrizione esiste con modalità diverse i tutti i Paesi democratici di civil law
(quelli come l'Italia fondati su un sistema di leggi scritte, un po' diverso
nei sistemi di common law come l'Inghilterra in cui il diritto è fondato sul
precedente) essenzialmente per tre ragioni.
1.
Quando un fatto è troppo lontano nel tempo, l’interesse dello Stato e della
società a vederlo sanzionato affievolisce. Non per caso generalmente si prescrivono
prima i reati di minore gravità e, nella maggior parte dei casi, non si
prescrivono mai i gravissimi, come l’omicidio volontario aggravato, la strage,
i crimini contro l’umanità.
2.
Quando lo Stato non interviene a perseguire il reato in tempo utile diventa
difficile ricostruire una verità, perché gli anni dilavano le tracce del fatto
dalla realtà e dalla memoria delle persone.
3. La
fissazione di un termine oltre il quale un reato non può più essere perseguito
dovrebbe “sanzionare” l’inerzia dello Stato nell’azione penale: se non si muove
per tempo, non può più farlo, anche per evitare che chi ha commesso un reato,
anche lieve, si trovi a doverne rendere conto magari dopo quarant’anni quando
ormai è una persona diversa e la società non ricorda più.
Non
tutti i reati scadono
La prescrizione è la data di scadenza di un
reato: quando scatta “scade” anche il processo che si conclude con
proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione. Il termine si
calcola sulla base del massimo della pena previsto nel Codice penale, ed è
proporzionato alla gravità del reato. I reati puniti con l’ergastolo, come
l’omicidio volontario o la strage, non cadono mai in prescrizione.
L'anomalia
italiana
In Italia, a differenza che in altri Paesi
l’orologio della prescrizione penale, che scatta al momento in cui il reato
viene commesso, non si farma al compimento di determinati atti dello Stato né
al rinvio a giudizio, né al più tardi dopo la sentenza di primo grado (come
avviene - con meccanismi diversi comunque volti a evitare che la prescrizione
del reato avvenga a processo in corso - in molti altri sistemi) ma continua a
correre anche in secondo grado e dopo fino alla pronuncia della sentenza
definitiva in Cassazione.
Prescritti
o assolti?
Capita sovente, soprattutto ai potenti
incappati in un processo, di salutare la sentenza che certifica l’avvenuta
prescrizione come se fosse un’assoluzione: non è così, non esattamente. Se il
giudice ritiene che al momento dell’intervenuta prescrizione il reato non sia
stato accertato è obbligato a pronunciarsi per l’assoluzione. Diversamente, se
sussiste un sospetto di colpevolezza o magari anche la prova piena (cosa che
solo le motivazioni della sentenza possono chiarire nei dettagli), deve
dichiarare l’avvenuta prescrizione.
La
legge ex Cirielli
Nel 2005, una legge, la cosidetta ex
Cirielli, ha dimezzato la prescrizione per gli incensurati: il risultato è che
una corruzione che prima del 2005 si prescriveva in 15 anni ora si prescrive in
7, una violenza sessuale che prima si prescriveva in 22 anni e mezzo ora si
prescrive in 12 e mezzo e via seguitando. La legge in realtà era stata proposta
da Edmondo Cirielli per aumentare la prescrizione in caso di recidiva.
Emendamenti intervenuti in Parlamento – denunciati da molti come ad personam –
l’hanno tradotta in una mannaia su molti
processi: di qui la qualifica di “ex” Cirielli, perché il testo della legge,
così modificato, è stato rinnegato anche dal suo relatore che non ha voluto legarlo
al proprio nome.
Lavoro
sprecato
La prescrizione scatta al momento in cui il
reato è stato commesso, ma sovente, a meno che chi lo commette non venga preso
con le mani nel sacco o che non parta una denuncia, la notizia di reato arriva
alla magistratura o alle forze dell'ordine molto dopo. Si pensi ai casi di
corruzione che spesso restano per anni sottotraccia, prima che ne emerga un
indizio, si pensi al disastro ambientale i cui effetti sulla salute delle
persone possono rivelarsi anche dopo anni. Se è vero che la prescrizione in sé
serve anche a evitare l’inerzia della giustizia (e in Italia agisce talvolta
anche come improprio calmiere a una patologica e multifattoriale lunghezza del
processo), è almeno altrettanto vero che in molti casi, concepita com’è, ne
vanifica il lavoro e l’efficacia, perché quando si scopre che un reato è stato
commesso la possibilità di assicurare alla giustizia il colpevole, completando
i tre gradi di giudizio, in un sistema con procedure molto complicate e con
moltissimi processi in corso (due tra i fattori responsabili di processi
innaturalmente lunghi), risulta minata in partenza da termini troppo stretti.
La
riforma del 2017
Nel 2017 è intervenuta una riforma che ha
sospeso per un tempo fisso (al massimo 18 mesi) la prescrizione dopo la
sentenza di condanna di primo grado e dopo la condanna in appello. Quale sia
l'esito di questa riforma al momento non è noto. Essendo una norma di diritto
sostanziale (che modifica il Codice penale) non può essere infatti retroattiva
e non si applica ai reati commessi prima della sua entrata in vigore. Per
vederne gli effetti reali sul sistema è necessario dunque che i processi
relativi giungano a sentenza definitiva, che a questo punto arriverà quando le
regole della prescrizione saranno già cambiate per l'entrata in vigore il primo
gennaio 2020 della riforma Bonafede. Per ora conosciamo solo le perplessità di
alcuni addetti ai lavori che vedono nell’ancoraggio alla sola sentenza di
condanna una sperequazione tra imputati (assolti e condannati in primo grado)
di fronte a una sentenza egualmente non definitiva.
LA
RIFORMA BONAFEDE
La riforma Bonafede (di cui potete capire
pro e contro a questo link), sostenuta dal M5S e approvata all’inizio del 2019
al tempo del cosiddetto Governo giallo-verde, prevede il blocco della
prescrizione penale dopo la sentenza di primo grado sia essa di assoluzione o
di condanna. Al momento dell’approvazione definitiva si era stabilito di
dilazionarne al 1° gennaio 2020 l’entrata in vigore per dare il tempo di
attuare una (invero complicatissima) riforma del processo penale intesa a
ridurre l’annoso e multifattoriale problema italiano della lunghezza del
processo. La riforma complessiva, un po’ per il cambio del Governo un po’
perché obiettivamente di difficile scrittura, non è arrivata nei tempi
previsti. Resta la riforma Bonafede della prescrizione con il blocco che
entrerà in vigore il primo gennaio 2020. Trattandosi anche in questo caso di
diritto sostanziale, si applicherà ai reati commessi dal primo gennaio 2020 in
poi, il che darebbe tecnicamente il tempo di immaginare correttivi contro il
rischio di processi infiniti. La riforma però non piace a una parte della maggioranza
che sostiene il secondo Governo Conte. L’unica certezza al momento è che la
prescrizione penale sarà uno dei temi caldi del 2020.
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