Il presidente della Regione Lombardia, il
leghista Fontana, e il sindaco di Milano Giuseppe Sala (PD), si sono affrettati
un paio di settimane fa a rassicurare i milanesi che non c’era nessun rischio
di contagio nel frequentare i locali cinesi.
Prima l’uno, poi l’altro, hanno girovagato - con telecamere al seguito - per
le vie della Chinatown milanese: via Paolo Sarpi.
I due - divisi politicamente ma con interessi elettorali in comune - hanno
mostrato la medesima “sensibilità”
nel confronti della comunità commerciale
cinese. Pare che fossero diminuiti
notevolmente i clienti nei locali cinesi di Paolo Sarpi. Il business dei cinesi stava subendo una
flessione.
Confesso di essere totalmente insensibile a questa nefasta vicenda. Il contagio da coronavirus?
No. Le minori entrate nelle tasche dei commercianti cinesi.
Sia chiaro. Nessuna preclusione ai cinesi a
Milano. Ti accorgi della loro utilità
soprattutto duranti i ponti festivi e ad agosto. Se ne accorgono soprattutto
coloro che restano a Milano. I cinesi sono gli unici che tengono aperti i
negozi nei giorni in cui la città si svuota.
Confesso che sentirli parlare a volte mi
disturba le orecchie e non amo la cucina cinese. Ai ravioli cinesi preferisco di gran lunga
gli agnolotti mantovani o di altre
località lombardo-emiliane.
Nessun pregiudizio nei loro confronti, ma
che il loro business possa scemare mi lascia totalmente indifferente. Sai quanti commercianti a Milano si sono visti
ridurre le loro entrate a causa della crisi, dei costi della burocrazia,
delle tasse elevate. Quando le pagano, si intende.
Sia chiaro, i commercianti italiani che hanno approfittato dell’entrata in vigore
dell’euro per aumentare i prezzi (in alcuni casi, raddoppiandoli) e poi hanno visto i loro introiti diminuire e hanno gridato alla crisi (che non c’era, c’erano meno utili) hanno la mia più totale indifferenza.
dell’euro per aumentare i prezzi (in alcuni casi, raddoppiandoli) e poi hanno visto i loro introiti diminuire e hanno gridato alla crisi (che non c’era, c’erano meno utili) hanno la mia più totale indifferenza.
Coloro che hanno cercato onestamente di resistere e sono stati
costretti a chiudere hanno la mia solidarietà. Più dei cinesi di via Paolo
Sarpi che per un tempo ristretto intascheranno meno soldi.
La mia “insensibilità” è conseguente all’”attitudine”
della comunità commerciale cinese nei
confronti del Fisco italiano.
Mi baso su una rilevazione effettuata tempo
fa da parte della Guardia di Finanza:
“Nei primi mesi immeditamente suuccessivi
all’apertura di un’attività, molti imprenditori e negozianti cinesi attuano un
comportamento irreprensibile nei confronti del Fisco italiano, battendo
scontrini fino al minimo centesimo. In media, dopo circa un anno e mezzo l’attività
cambia ragione sociale lasciando alla vecchia gestione “un buco di tasse evase
impossibile da recuperare”. Il limite di 18 mesi non è casuale: “Fino ad un
anno e mezzo non possiamo fare nulla, perché gli esercenti sono ancora in tempo
per versare le somme dovute, quando poi si potrebbe agire dei titolari,
spariscono le tracce”.
Mi aspetto che - coronavirus in essere o
debellato - Fontana e Sala facciano un
giretto tra i negozianti italiani, tra coloro che cercano di resistere. Ovviamente,
purchè non siano nel mirino della Guardia di Finanza.
Può essere che il giretto non gli porti via molto tempo
considerando che non passa giorno che a Milano i negozi chiudano e che ci sono commercianti “refrattari” a pagare le tasse.
Ma i pochi o tanti che invece lavorano
onestamente si meriterebbero da Fontana e Sala - quantomeno - la stessa attenzione
e collaborazione riservata alla comunità commerciale cinese.
Sono certa che il sindaco di Milano ci
farà un pensierino e si “muoverà” nelle sedi opportune (dove si raccolgono
voti). Ovviamente, con telecamere e
giornalisti compiacenti al seguito. Perché l’anno prossimo si vota a Milano.
E possono essere cazzi amari. I voti dei cinesi non bastano.
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