lunedì 20 aprile 2015

Naufragio migranti: “Triton non si discute”, infatti i morti crescono



da: Il Fatto Quotidiano - di Silvia D’Onghia

Quaranta minuti, giusto il tempo per guardare in faccia i suoi ministri Alfano, Pinotti, Delrio e Gentiloni, e il capo degli 007 Massolo e quello della Polizia Pansa, e poi giù di corsa ad affrontare i giornalisti. Renzi non perde tempo, dopo che ha annullato tutti gli impegni elettorali, perchè tanto quello che ha da dire non cambia di una virgola la linea del governo sull’immigrazione. Anche se ci sono 700 morti in fondo al mare, anche se “li andremo a prendere, per dare loro almeno una degna sepoltura”. Il premier è chiaro: Triton non si tocca, Mare Nostrum era solo un provvedimento “tampone, provvisorio” e la tragedia è avvenuta “in presenza, non in assenza di una nave di soccorso”. Quindi bando alle polemiche: “Chi ora dice ‘se ci fosse stato Mare Nostrum…’ dice una cosa che non sta né in cielo né in terra”. Posizione di difesa, posizione prevedibile.

Ancora una volta, e non senza ragione, si rimanda all’Europa: “L’Italia chiede che si svolga il prima possibile un Consiglio europeo straordinario, perché non può non esserci quella solidarietà e quella vicinanza che l’Europa ha mostrato in altre occasioni”. Quali non si sa, visto che l’accusa mossa all’Unione, da sempre, è di essersi voltata dall’altra parte rispetto a un fenomeno che chiamare “emergenza” è diventato ridicolo. Ma Renzi, forte dell’eco mediatica positiva
che la visita negli Usa gli ha garantito, deve tentare di portare a casa il risultato e già oggi sarà a Malta per incontrare il suo omologo dell’isola. Il premier sa bene che il blocco navale invocato da alcuni esponenti della destra non è una soluzione. “Va capito come lo si fa – ha detto –, se fatto in certi modi può fare un favore a scafisti, perché sei costretto a prendere i profughi, e finirebbe per essere un servizio taxi”. Se invece ci si riferisce a un blocco delle partenze dalla terraferma, “stante alla situazione attuale sarebbe impossibile farlo in Libia”. Abbiamo già provato una volta a respingere le persone e non ci è andata troppo bene. E dunque, almeno per quelli che riescono ad arrivare, potrebbero essere allestite tensostrutture nei porti o adattate caserme dismesse.

Il punto politico, però, è un altro. Il punto è difendere la scelta di aver fatto morire Mare Nostrum dopo un anno di vite salvate. Mare Nostrum era nato sull’onda emotiva della strage del 3 ottobre 2013 di Lampedusa: l’immagine delle 366 bare sistemate una accanto all’altra aveva fatto il giro del mondo e l’allora premier Letta aveva optato per una misura imponente. Il provvedimento “tampone” – come lo chiamato Renzi –, operativo da ottobre 2013 a novembre 2014, secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha consentito di far arrivare in Italia, sane e salve, 150 mila persone, molte delle quali richiedenti asilo. Nello stesso periodo le vittime sono state 3.500, un numero che sembra contenuto se si pensa che solo nei primi mesi di quest’anno, con la tragedia di ieri, siamo già arrivati a quota 1.600 morti. Ma a guidare la decisione della coppia Renzi-Alfano, sono stati altri numeri. Quando tutti gli indicatori socio-economici dicevano che il fenomeno migratorio era lungi dal considerarsi in diminuzione, le casse vuote dello Stato hanno fatto la differenza. Mare Nostrum costava nove milioni e mezzo di euro al mese, Triton ne costa tre e viene finanziata con fondi europei. I conti della serva, fatti sulla vita – e sulla morte – di chi scappa dalla guerra e dalla fame. “La strada è occuparsene in Europa sempre meglio e di più – pontificava il governo –. L’Italia ha già fatto quello che era possibile”. Mare Nostrum doveva chiudere, lo voleva Salvini (“Così si finanziano gli scafisti e l’invasione delle nostre case”), lo voleva Gasparri (“La Marina si è trasformata in un traghetto per clandestini”). Ecco perché Renzi ieri non poteva che proseguire sulla stessa rotta. Perché dopo aver sostenuto sei mesi fa che “il problema non è Mare Nostrum o Triton, il punto politico è risolvere il problema in Libia”, non poteva mostrare di aver cambiato idea. Ora proverà a battere i pugni in Europa, che come sempre piangerà i morti e il giorno dopo fingerà di non aver visto. Forse, quando a fine ottobre 2014, per giustificare il passaggio a Triton, il ministro Alfano sosteneva che “l’Europa per la prima volta scende in mare” si riferiva davvero al fondo del Mediterraneo.

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