da: Il Fatto Quotidiano - di
Silvia D’Onghia
Quaranta minuti, giusto il tempo per
guardare in faccia i suoi ministri Alfano, Pinotti, Delrio e Gentiloni, e il
capo degli 007 Massolo e quello della Polizia Pansa, e poi giù di corsa ad
affrontare i giornalisti. Renzi non perde tempo, dopo che ha annullato tutti
gli impegni elettorali, perchè tanto quello che ha da dire non cambia di una
virgola la linea del governo sull’immigrazione. Anche se ci sono 700 morti in
fondo al mare, anche se “li andremo a prendere, per dare loro almeno una degna
sepoltura”. Il premier è chiaro: Triton non si tocca, Mare Nostrum era solo un
provvedimento “tampone, provvisorio” e la tragedia è avvenuta “in presenza, non
in assenza di una nave di soccorso”. Quindi bando alle polemiche: “Chi ora dice
‘se ci fosse stato Mare Nostrum…’ dice una cosa che non sta né in cielo né in
terra”. Posizione di difesa, posizione prevedibile.
Ancora una volta, e non senza ragione, si
rimanda all’Europa: “L’Italia chiede che si svolga il prima possibile un
Consiglio europeo straordinario, perché non può non esserci quella solidarietà
e quella vicinanza che l’Europa ha mostrato in altre occasioni”. Quali non si
sa, visto che l’accusa mossa all’Unione, da sempre, è di essersi voltata
dall’altra parte rispetto a un fenomeno che chiamare “emergenza” è diventato
ridicolo. Ma Renzi, forte dell’eco mediatica positiva
che la visita negli Usa
gli ha garantito, deve tentare di portare a casa il risultato e già oggi sarà a
Malta per incontrare il suo omologo dell’isola. Il premier sa bene che il
blocco navale invocato da alcuni esponenti della destra non è una soluzione.
“Va capito come lo si fa – ha detto –, se fatto in certi modi può fare un
favore a scafisti, perché sei costretto a prendere i profughi, e finirebbe per
essere un servizio taxi”. Se invece ci si riferisce a un blocco delle partenze
dalla terraferma, “stante alla situazione attuale sarebbe impossibile farlo in
Libia”. Abbiamo già provato una volta a respingere le persone e non ci è andata
troppo bene. E dunque, almeno per quelli che riescono ad arrivare, potrebbero
essere allestite tensostrutture nei porti o adattate caserme dismesse.
Il punto politico, però, è un altro. Il
punto è difendere la scelta di aver fatto morire Mare Nostrum dopo un anno di
vite salvate. Mare Nostrum era nato sull’onda emotiva della strage del 3
ottobre 2013 di Lampedusa: l’immagine delle 366 bare sistemate una accanto
all’altra aveva fatto il giro del mondo e l’allora premier Letta aveva optato
per una misura imponente. Il provvedimento “tampone” – come lo chiamato Renzi
–, operativo da ottobre 2013 a novembre 2014, secondo l’Alto commissariato Onu
per i rifugiati ha consentito di far arrivare in Italia, sane e salve, 150 mila
persone, molte delle quali richiedenti asilo. Nello stesso periodo le vittime
sono state 3.500, un numero che sembra contenuto se si pensa che solo nei primi
mesi di quest’anno, con la tragedia di ieri, siamo già arrivati a quota 1.600
morti. Ma a guidare la decisione della coppia Renzi-Alfano, sono stati altri
numeri. Quando tutti gli indicatori socio-economici dicevano che il fenomeno
migratorio era lungi dal considerarsi in diminuzione, le casse vuote dello
Stato hanno fatto la differenza. Mare Nostrum costava nove milioni e mezzo di
euro al mese, Triton ne costa tre e viene finanziata con fondi europei. I conti
della serva, fatti sulla vita – e sulla morte – di chi scappa dalla guerra e
dalla fame. “La strada è occuparsene in Europa sempre meglio e di più –
pontificava il governo –. L’Italia ha già fatto quello che era possibile”. Mare
Nostrum doveva chiudere, lo voleva Salvini (“Così si finanziano gli scafisti e
l’invasione delle nostre case”), lo voleva Gasparri (“La Marina si è
trasformata in un traghetto per clandestini”). Ecco perché Renzi ieri non
poteva che proseguire sulla stessa rotta. Perché dopo aver sostenuto sei mesi
fa che “il problema non è Mare Nostrum o Triton, il punto politico è risolvere
il problema in Libia”, non poteva mostrare di aver cambiato idea. Ora proverà a
battere i pugni in Europa, che come sempre piangerà i morti e il giorno dopo
fingerà di non aver visto. Forse, quando a fine ottobre 2014, per giustificare
il passaggio a Triton, il ministro Alfano sosteneva che “l’Europa per la prima
volta scende in mare” si riferiva davvero al fondo del Mediterraneo.
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