da: La Stampa
La vera riforma istituzionale sarebbe
vederli finalmente in aula. Tutti. O almeno qualcuno. Non è la prima volta che
disertano, ma ci sono situazioni in cui fa più male. Ieri, per esempio. Il
ministro degli Esteri riferiva alla Camera sulla tragedia di Lo Porto,
l’italiano ucciso da un drone di Obama, e ad ascoltarlo erano in trentacinque.
Gli altri seicento assiepavano stazioni e aeroporti, ma forse erano già
ripartiti il giorno prima o quello prima ancora. Forse non erano mai arrivati.
Tanto chi li controlla? Chi dà peso al loro lavoro?
Gli scranni vuoti svuotano di senso il rito
della democrazia. Le polemiche contro il governo che risuonavano ieri mattina
nell’aula deserta erano urla nel silenzio, meri esercizi di stile. Come puoi
pensare che il Paese ti ascolti, se non ti ascoltano nemmeno le persone che
sono state elette con te? La Camera è la piazza dove si discute, ma una piazza
abbandonata toglie autorevolezza a qualunque cosa vi accada. Prima di decidere
la legge elettorale che servirà a selezionare gli inquilini futuri di
Montecitorio, bisognerebbe chiedersi quale sarà il loro ruolo. Quello attuale
oscilla tra il passacarte, il menefreghista e il latitante. E, con un morto di
mezzo, lo squallore della scena diventa
insopportabile. A proposito della falsa
partecipazione dei potenti al suo lutto, il padre di Lo Porto ha detto: «Tanto
domani berranno il caffè e si saranno già dimenticati tutto». È stato
ottimista, perché domani era già ieri.
Nessun commento:
Posta un commento