3 maggio 2010
Ieri sera ho fatto
per un attimo zapping e sono finita su La7 mentre a Tetris mostravano un
servizio sul rapporto Lega-Piemonte. Scorrevano le immagini di un leghista che
accompagnava alle urne due anziani e di Borghezio a Porta Palazzo. Finito il
servizio, in studio la parola è andata a Niki Vendola che ha manifestato la sua
angoscia rispetto a ciò che aveva visto e sentito. Io, invece, seppure non
angosciata ho ripreso atto nuovamente della distanza abissale tra politici di
sinistra e realtà del paese. Evidentemente, è una realtà che non interessa e/o
della quale in troppi, in quella fantomatica zona politica, non sono in grado
di comprendere.
Infatti, vi sono
politici di sinistra – e Vendola mi pare storicamente e ideologicamente uno di
questi – che vedono la vita quotidiana, la realtà di quartieri, case, scuole,
in modo completamente diverso da come la vede una parte della gente che ci
vive. La domanda è: Vendola, dove e come vive? E’ mai stato a Porta Palazzo?
Trova che abbia una conformazione civile, gradevole. Che sia a misura d’uomo?
L’errore sarebbe
quello di ridurre la questione agli immigrati. L’errore è quello di non capire
come sono visti gli immigrati. Come gran parte della gente che vive in zone
popolari li percepisca come quelli a cui “spetta tutto al posto di noi
italiani”.
Porta Palazzo non
è certo mai stata una zona gradevole e civile, ma, rispetto ad anni fa, l’ho
rivista (non in tv) e l’ho trovata “inquietante”. Non che Milano sia priva di
zone di questo tipo. Certo. Perché il punto della questione, impossibile da
comprendere a certa sinistra, è che sia Milano sia Torino hanno zone
abbandonate al senso del vivere insieme nella diversità, a misura d’uomo. Il
quartiere, una parte del quartiere, nasce e cresce brutto. Contro la persona.
Poi arrivano gli immigrati che, piaccia o no a Vendola ed altri di sinistra,
l’abbruttiscono ulteriormente. Perché non sono particolarmente “attratti”,
giusto per fare un esempio, dall’”idea” del senso della pulizia. Ovviamente,
non bisogna generalizzare. E gli italiani, del resto, sono un esempio di
inciviltà planetaria. Cresce sempre più, quel che è peggio nei giovani e non
certo per loro totale responsabilità, la mancanza di senso civico, di rispetto
per il bene collettivo.
Gli immigrati si sono “inseriti” in questo contesto e hanno dato il loro contributo. Per peggiorare ulteriormente le condizioni ambientali. Intendiamoci: non è una regola. Ma una realtà facilmente rilevabile soprattutto nei grandi centri urbani. A Bari non sarà così. Manco a Lecce o Gallipoli. Ma a Milano e Torino è così.
Gli immigrati si sono “inseriti” in questo contesto e hanno dato il loro contributo. Per peggiorare ulteriormente le condizioni ambientali. Intendiamoci: non è una regola. Ma una realtà facilmente rilevabile soprattutto nei grandi centri urbani. A Bari non sarà così. Manco a Lecce o Gallipoli. Ma a Milano e Torino è così.
Io non sono
rimasta inquietata o angosciata nel vedere un’anziana grata ad un leghista che
l’accompagnava al seggio a votare. E non mi sono neppure irritata per quella
donna che si è rivolta a Borghezio dicendo: questo devo vedere quando apro la
finestra.
Non so se a Porta Palazzo si commettano reati in pieno giorno, oppure la signora fosse solo infastidita dall’insieme, dai colori, dagli odori, dalla confusione. Se anche fosse solo. Se proprio fosse così…
Non so se a Porta Palazzo si commettano reati in pieno giorno, oppure la signora fosse solo infastidita dall’insieme, dai colori, dagli odori, dalla confusione. Se anche fosse solo. Se proprio fosse così…
Bisognerebbe
cercare di capire e spiegare alla signora e a tutti coloro che la “pensano”
come lei che ci sono persone che hanno mentalità e abitudini diverse. Ma
bisognerebbe che qualcuno spiegasse agli immigrati che una via, un quartiere
non è un perenne bazar né, tanto meno, una discarica.
Vi sembra razzismo
questo?
Detto questo. Mesi
fa sono stata alla Fiera dell’Artigianato che da qualche anno di svolge a
Milano. Ci sono andata sia in un giorno festivo sia in un giorno feriale.
Sapete quali erano gli stand più affollati? Quelli dei paesi africani e anche di
alcuni paesi asiatici. Capito?
L’odore che c’era
in quei padiglioni non era quello di certe vie di Milano e immagino, anche,
Torino. Ma non c’era certo profumo di violetta. Eppure, erano stracolmi. Anche
nei giorni feriali. Tutti a guardare, cercare, i loro prodotti. Di qualsiasi
tipo. Per due motivi: più originali rispetto a certo artigianato italiano e,
soprattutto, a costi inferiori.
E’ semplice. Le
città, le strade, le case dovrebbero essere questo: un padiglione di una fiera
dove si incontrano persone con teste, modi di porsi, abitudini diverse, ma con
una sensibilità comune: conoscere le rispettive differenze, apprezzarle,
valorizzarle. Nel rispetto della legalità ma, anche, nel rispetto delle idee,
degli usi altrui. Cosicché, quando una persona si affaccia alla finestra, possa
vedere un universo legale, colorato, armonioso, rispettoso e si senta a suo
agio.
Tutto ciò non si
realizza in un giorno. Ma in anni. Solo che, se non si inizia, non si arriverà
mai a realizzare un insieme comune. Né, ci si arriverà se l’unico sentimento di
alcuni politici è il rigetto all’immagini e all’ascolto di gente che, in
prevalenza, non è razzista. E’ che non ha la visione di Vendola. Non vive, in
senso fisico, come Vendola. E la sinistra non è stata capace e continua a non
essere in grado di capire, se si tratti esclusivamente di ignoranza,
pregiudizio o, forse, peggio ancora. Credo che sia solo una questione di questo
tipo e non anche un reale disagio, una rabbia, una delusione motivata. Perché
una grandissima parte di italiani non è razzista. E’ che non ha la visione di
Vendola. Non vive come Vendola.
La Lega non è la
risposta a quella signora che apre la finestra su Porta Palazzo o agli anziani
che devono andare al seggio. Questo è il nostro principale problema: che non
può essere una certa concezione leghista ma neppure la sinistra astratta e
immersa in un’ideologia fiabesca che si limita a dire: ci vuole integrazione.
Come, dove, quando
e in che modo?
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