giovedì 29 gennaio 2015

Un coro di voci per Charlie, il silenzio su Erri De Luca



da: Il Fatto Quotidiano

De Luca: “Ho difeso le parole degli altri, oggi tocca a me”
Lo scrittore sotto processo a Torino per una frase detta dopo l’arresto dei NO-TAV: “Il verbo sabotare lo usava anche Ghandi”
di Andrea Giambartolomei

Stavo lì come quando scalo le pareti delle montagne”. Sospeso nell’aria, ma senza timore. È la sensazione provata da Erri De Luca durante l’udienza del processo per istigazione a delinquere ieri mattina al Tribunale di Torino. “Sotto ho il vuoto che non mi spaventa. L’accusa è quel vuoto, io lo guardo e so che non mi avrà”.  
Non è il suo primo processo da imputato, ma è la prima volta che finisce sotto accusa per qualcosa che ha detto o scritto e non ne è troppo fiero: “Non è motivo d’orgoglio, ma fa parte della mia professione. Nel corso della mia carriera ho difeso le parole di altri. Ora tocca alle mie”.
Ribadisce l’uso di quella frase, “Il Tav va sabotato”, detta all’Huffington Post il primo settembre 2013 per commentare l’arresto per detenzione di molotov e cesoie di due No Tav: “Sabotare è un verbo nobile che è stato reso concreto da una quantità di lotte civili nel mondo. Lo usava pure Gandhi”.


In quell’aula 52, piccola e stracolma, lo scrittore non era solo a difendersi. Con lui c’erano pure gli avvocati, Gianluca Vitale e Alessandra Ballerini, e molti sostenitori coi cartelli “Je suis Errì”, tra cui alcuni No Tav: “Condivido e supporto la lotta ventennale di quella vallata da una sera del dicembre 2005, quando è stato attaccato e distrutto l’accampamento di Venaus. Curiosamente poche ore prima ero lì: mi trovavo a Torino per degli spettacoli teatrali e mi avevano accompagnato a vedere il presidio”. Altri sostenitori sono arrivati da Napoli, come l’amica ricercatrice universitaria Silvia Acocella e il libraio Raimondo Di Maio. C’era anche lo scrittore torinese Fabio Geda. Prima dell’udienza e durante le pause i “fan” chiedono all’autore partenopeo un autografo de “La parola contraria”, distribuito gratuitamente dall’ azienda di abbigliamento tecnico che supporta le sue iniziative: “Non succede spesso che uno scrittore incriminato venga difeso dai suoi lettori in un movimento spontaneo di decine di persone”, dice una volta fuori dal Tribunale, vicino al presidio di persone che – con cadenza liturgica – legge il suo saggio. A differenza da quanto scritto in quel libro i suoi difensori e lui non hanno sollevato il legittimo sospetto sulle accuse dei pm: “La sede deve essere a Torino, dove sono stati tutti i processi ai militanti”.  

Vuole stare con loro. Avrebbe voluto vedere lo Stato, sedersi nel banco delle parti civili: “Se non lo fa vuol dire che secondo lo Stato le mie parole rientrano nel mio diritto”. C’era però il procuratore aggiunto Andrea Beconi che all’inizio dell’udienza ha premesso: “Ci rendiamo perfettamente conto che il processo è discutibile, ma il reato esiste nel codice penale e noi operatori del diritto dobbiamo tenerne conto. La libertà del pensiero è tutelata dalla Costituzione, ma non è un diritto assoluto”. Poi ancora: “Non è intenzione della procura limitare la libertà di pensiero e non è intenzione della procura prendere parte nella diatriba sul Tav, ma perseguire reati”. Perché istigare a commettere un reato – spiega – mette a rischio l’ordine pubblico e per l’accusa c’è il pericolo che i simpatizzanti del movimento No Tav, in bilico tra movimento popolare e “frangia avanguardistica”, abbiano fatto una scelta dopo le frasi di De Luca: “Vorrei conoscere le persone che ho istigato e che cosa hanno fatto spinti dalle mie parole”, dichiara l’autore. L’avvocato Alberto Mittone per Ltf, da cui è partita la denuncia, ha voluto sottolineare al giudice il passato dello scrittore con dei documenti sul ruolo di responsabile del servizio d’ordine di Lotta Continua e sulle sue apologie dei terroristi. “Pensavamo fosse un processo per istigazione a delinquere – interviene l’avvocato Vitale -, ma evidentemente non è così. Siamo chiamati a farne un altro. Allora inventiamo un processo sulla colpa d’autore”, dice al giudice Immacolata Iadeluca.  
“Le mie opinioni sul mondo devono rimanere fuori dal processo”, ribadisce De Luca. Il giudice è d’accordo: quei documenti sul passato sono esclusi, il processo riguarda solo le sue parole.

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