lunedì 12 gennaio 2015

Renzi e la norma salva evasori: Nadia Urbinati, “Quel sospetto che nuoce alla democrazia”



Ottimo articolo di Nadia Urbinati. Condivido e sottoscrivo in particolare queste affermazioni: “Il do ut des non può essere escluso a priori dunque, ma deve poter essere svelato. Deve essere decente e ragionevole, non impossibile da essere messo in pubblico. Deve poter essere chiaro”.


da: la Repubblica

L’articolo 19-bis ha fatto la sua comparsa nel decreto legislativo sulla delega fiscale come un gioco di prestigio. Ha lasciato dietro di sé interrogativi senza risposta sulla sua paternità, ma ha soprattutto innescato dubbi e sospetti sul tipo di cemento che sostiene il governo. Domande inevase e sospetti sono come fratelli siamesi, il loro destino è fatalmente lo stesso, e ha la sua genesi nel patto del Nazareno, una trattativa della quale i cittadini non sanno nulla e sono informati per default, mediante le domande inevase di casi come questo. La segretezza che circonda la concertazione con Forza Italia è all’origine di quel che avviene oggi senza spiegazione. Perché è nella zona buia che si annida l’idra: l’errore (che nella segretezza non può venire alla luce), il sospetto (che nasce dalla non trasparenza), la menzogna e la reticenza (strategie classiche del nascondimento). L’esito è la massima diffidenza, la caduta della fiducia
(peraltro già bassa come mostra il recente sondaggio di Repubblica). Un caso da manuale di fisiologia degli arcana imperii.
Scriveva Norberto Bobbio che nelle forme di dominio vi è la tendenza di chi gestisce il potere a «sottrarsi allo sguardo dei dominati nascondendosi e nascondendo, ovvero attraverso la segretezza e il mascheramento». La democrazia è l’unica forma di governo le cui regole fondamentali hanno lo scopo di permettere che conflitti e trattative, mediazioni e decisioni, avvengano alla luce del sole o che vi si dirigano, anche se partono nella penombra. Infatti, per poter sopravvivere, questo sistema politico ha bisogno della fiducia nel rapporto fra cittadini e istituzioni. Per questo, le norme tendono a bandire l’uso del sotterfugio e della simulazione, ovvero della segretezza, generatrice di sfiducia. Certo, nessun sistema politico può funzionare senza un ambito di riservatezza, ma si tratta di una “necessità” della quale si è consapevoli e che non viene mai accettata senza discussione (la lotta per abolire il segreto di Stato o le norme per accorciare il tempo di segretezza dei documenti riservati ne sono una prova).
La logica della segretezza porta non soltanto alla menzogna e all’inganno, ma anche a rendere fatti reali e raccontati così di- varicati per cui le rappresentazioni che provengono dalle fonti ufficiali provocano fenomeni di autoinganno negli stessi attori politici, per i quali è più facile fare errori, come quello di “calare” il testo 19-bis nel decreto del governo ad un certo punto della riunione. Ha commentato il ministro Padoan, nel tentativo di diradare il dubbio, che sarebbe assurdo pensare che qualcuno abbia tramato per salvare Silvio Berlusconi visto che l’ipotetica norma “salva Silvio” sarebbe diventata di pubblico dominio. Come pensare di poter nascondere una legge? Si potrebbe rispondere che la stupidità non è meno innocente della calcolata manipolazione. Gli errori, le risposte non date, infine la decisione di rinviare la discussione del decreto sulla delega fiscale a dopo l’elezione del Capo dello Stato stanno insieme. E sono il prodotto di quel grumo di silenzio sulla trattativa del Nazareno.
Si potrebbe obiettare che i patti hanno bisogno di una zona di penombra. Il tutto pubblico non è più di successo del tutto segreto. Ricordiamo la trattativa in streaming tra il Pd di Pier Luigi Bersani e il M5S, all’indomani delle elezioni politiche. Quell’accordo in pubblico e il patto del Nazareno mettono, entrambi, la mediazione politica a rischio. Nel primo caso perché la trasparenza assoluta non lascia margini di trattativa, in quanto il do ut des su cui i patti si reggono deve rischiare il giudizio del pubblico delle due parti. Nel secondo per l’opposta ragione: siccome tutto deve restare segreto anche un brandello di notizia o un errore banale possono innescare la diffidenza che fa smottare il terreno sotto i piedi delle parti. Se il primo caso si appoggia su una visione distorta del pubblico che non distingue tra livello preparatorio e formale dell’accordo, il secondo prevede un sistema politico non liberale, nel quale nessuno ha il diritto di chiedere conto a chi domina la scena. Entrambe le circostanze mettono a repentaglio ciò che si propongono di realizzare. Si potrebbe dire che gli attori deragliano dal percorso o perché il sole li acceca o perché il buio non li fa vedere. Solo l’ombra consente la visione: il do ut des non può essere escluso a priori dunque, ma deve poter essere svelato. Deve essere decente e ragionevole, non impossibile da essere messo in pubblico. Deve poter essere chiaro.

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