da: la Repubblica
Più
moneta in circolazione la rete dell’Eurotower contro la caduta dei prezzi
L’acquisto
di titoli pubblici serve a immettere liquidità nell’economia con l’obiettivo di
scongiurare la deflazione.
I
tassi dovrebbero scendere mentre il calo dell’euro aiuterà l’exportMa in Usa
funziona meglio. La moneta unica si è già svalutata del 15% sul dollaro
di
Federico Fubini
Mario Draghi, 67 anni, è probabilmente
arrivato al giorno più importante da quando, dall’inizio di novembre del 2011,
riveste il ruolo di presidente della Banca centrale europea. Oggi ha annunciato
da Francoforte ciò che i mercati in tutto il mondo aspettano: il «quantitative easing» (QE), l’allentamento «quantitativo» delle
condizioni monetarie nei 19 Paesi dell’areaeuro.
1.
CHE COS’È IL QUANTITATIVE EASING?
Questo termine è entrato con forza nella
discussione pubblica nel 2009, quando la Federal Reserve varò il primo
programma di acquisto di titoli del Tesoro e di titoli immobiliari americani
dopo il fallimento di Lehman Brothers nel settembre
del 2008. QE significa
esattamente questo: creazione da parte di una banca centrale di moneta il cui
valore è basato sulla fiducia nell’assetto istituzionale e nei fondamentali
economici alle sue spalle; questa moneta viene creata con il QE per comprare
sul mercato titoli pubblici o privati, immettendo così liquidità nell’economia.
2.
PERCHÉ LA BCE VUOLE LANCIARE QUESTO PROGRAMMA?
Il compito primario della Bce è garantire
la stabilità dei prezzi: né troppa inflazione né una caduta nel fenomeno
opposto, la deflazione. È ben noto infatti che con la deflazione cadono i
consumi e gli investimenti, l’economia ristagna e il peso del debito
aumenta. L’obiettivo statutario della Bce è un carovita nella zona euro «vicino
ma sotto al 2%», ma oggi lo sta mancando. Il tasso d’inflazione nell’area è in
frenata dall’inizio del 2012 e dall’ottobre del 2013 ha improvvisamente
rallentato sotto l’1%. Da allora è calato ancora di più, fino a diventare
negativo in dicembre (-0,2%), segnalando una contrazione dei prezzi. La Bce
deve riportarlo all’obiettivo, ma non può più farlo con la tecnica
convenzionale di ridurre i tassi d’interesse richiesti sui prestiti che pratica
alle banche. Dopo vari tagli, quei tassi sono infatti già a zero. Non resta che
la via «quantitativa», cioè la creazione di moneta: il QE.
3.
COME FUNZIONA IL QE?
Nella sua visione più semplice, il QE
può contribuire a risollevare la dinamica dei prezzi verso livelli normali proprio
per effetto della quantità di moneta. Una quantità maggiore di euro in
circolazione (3.000 miliardi invece di 2.000, secondo l’obiettivo espresso
dalla Bce), a parità di prodotti in vendita, dovrebbe alzare il costo in euro
di beni e servizi. L’esperienza della Fed, che con il QE dal 2008 a oggi ha
espanso il suo bilancio da circa 600 miliardi a quasi 4.500 miliardi di
dollari, dimostra le cinghie di trasmissione dalla banca centrale alla vita
delle imprese e dei cittadini sono in realtà più articolate. Il QE della Fed ha
ridotto i tassi a lungo termine in America, cioè il costo sostenuto da un
imprenditore o da una famiglia per indebitarsi. In parte i tassi dei titoli a
lungo termine scendono proprio perché dalla banca centrale arriva
un’onda di liquidità per comprare quei bond. In parte lo fanno perché chi
vende quei bond alla banca centrale, reinveste poi i proventi comprandone altri
titoli sul mercato, dunque l’effetto di riduzione dei tassi si trasmette a
cerchi concentrici in molte parti dell’economia. A loro volta tassi più bassi
favoriscono gli investimenti, l’occupazione e la ripresa dell’attività e dei
prezzi al consumo. L’altro effetto del QE, conseguenza diretta della enorme
quantità di denaro creata, una svalutazione la moneta e dunque un aiuto
all’export.
4.
IN EUROPA IL QE PUÒ FUNZIONARE BENE COME NEGLI STATI UNITI?
Alcuni indizi fanno sospettare di no. Un
motivo di fondo è che le imprese in Europa e soprattutto in Italia attingono al
credito in modo diverso rispetto a come avviene in America. Negli Stati
Uniti le imprese si finanziano presso le banche per circa il 27% del credito
che ottengono, e per il resto lo fanno emettendo titoli di debito (bond) sui
mercati. Per loro l’aiuto della Fed, che riduce i tassi sui bond a sette o
dieci anni, è dunque prezioso. In Europa invece circa metà del credito alle
imprese passa dalle banche e in Italia la quota è ancora più alta. Per quanto
riguarda poi le piccole e medie imprese, quelle dove si trova la gran parte
dell’occupazione, il credito in bond in Europa rappresenta una frazione
inferiore al 5% dei finanziamenti totali. Per funzionare in pieno in Europa, il
QE dovrebbe essere accompagnato da un forte taglio delle tasse. Ma questo è
reso più difficile dai vincoli europei al bilancio.
Sta già funzionando in Europa l’altra
cinghia di trasmissione del QE, la svalutazione della moneta che aiuta
l’export. Da maggio scorso l’euro è già caduto del 15% sul dollaro e del 9% sul
paniere delle valute dei Paesi con i quali gli europei commerciano di più.
5.
PERCHÉ LA BUNDESBANK È CONTRARIA AL QE?
La banca centrale tedesca teme che il QE,
riducendo gli spread e i tassi sul debito pubblico, tolga la pressione al
risanamento e alle riforme dai governi dei Paesi più fragili. Inoltre, ritiene
scorretto che la Bce comprando quei titoli, assuma su di sé il rischio di
subire perdite se quei Paesi facessero default. Quelle perdite infatti
potrebbero essere suddivise pro-quota sulle banche centrali nazionali azioniste
della Bce. Bundesbank inclusa.
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