Bisogna capirlo Delrio. Vuole un posto al
sole. Quello che hanno la slide parlante Maria Elena Boschi e il braccio destro
fedelissimo Luca Lotti. Per cercare di stare nel cerchio magico con i due,
Delrio fa il “bianchetto” delle porcate di Renzi. In comune con lui ha
sicuramente problemi con l’excel e con la matematica da prima elementare.
Problemi che lo portano a delirare che la norma è giusta. Poiché l’aliquota è
fissa, anche un feto è in grado di capire che più alto è l’imponibile, maggiore è l’importo che si può evadere senza
essere sanzionato penalmente. L’indecenza in questa vicenda sta in chi ha
infilato di soppiatto questa norma e in chi sta cercando di “sbianchettarne”
gli effetti. L’indecenza sta nel rimandare a febbraio, senza affermare in modo
chiaro che questa norma non sarà applicata a chi è stato condannato per frode
fiscale, chiunque esso sia. Ma l’indecenza maggiore sta nella disonestà odierna
di Renzi. Peggiore di quella del 24 dicembre. La disonestà di chi vuole che
questa norma sia approvata a febbraio e lo farà dicendo di assurmersene la
responsabilità contando sulla scarsa memoria degli italiani e su qualche cambiamento
interno o in Europa che rinvigorisca il suo consenso.
Renzi sta giocando d’azzardo. Vediamo se
sbancherà o se finirà per essere cacciato a calci in culo dalla sala giochi.
da: Il Fatto Quotidiano
Renzi
prende B. per il Colle: SalvaSilvio con salvacondotto il 20 febbraio
Il
governo fa filtrare una modifica: franchigia per le somme evase all’1,5 per
cento
Così però l’ex Cavaliere si salva lo stesso.
Così però l’ex Cavaliere si salva lo stesso.
Palazzo
Chigi cerca di coprire le tracce: Ci pensa Del Rio
di Carlo
Di Foggia e Stefano Feltri
La decisione politica non cambia: il decreto delegato sul fisco deve favorire
i grandi evasori e Silvio Berlusconi. Secondo un retroscena di Repubblica che Palazzo Chigi e ministero dell’Economia non hanno smentito, Matteo Renzi ha deciso di abbassare la soglia di non punibilità per somme sottratte al fisco anche con frode dal 3 per cento del fatturato all’1,5-1,8 per cento. Come dice Repubblica, il premier si è consultato anche con deputato Pd esperto di fisco, Marco Causi, che però non vuole essere associato a una norma che non condivide.
Correzione
inesistente: a B. andrebbe sempre bene
Anche con le nuove soglie di franchigia
Berlusconi, infatti, rimarrebbe tra i beneficiari perché la percentuale di
fatturato evasa dal Cavaliere tramite frode fiscale, grazie alle magie della
prescrizione, risulta inferiore all’1,2 e lo 0,7 per cento del fatturato nei
due anni fiscali per cui è stato condannato, 2002 e 2003. E quindi l’ex
Cavaliere può ancora sperare di veder svanire il divieto di candidarsi e di
essere eletto: se sparisce il reato, dice il codice penale, spariscono anche
gli effetti della sentenza di condanna, per quanto definitiva. Il provvedimento
arriverà in Consiglio dei ministri il 20 febbraio, con gli altri decreti
fiscali. Ma il messaggio rassicurante a Berlusconi è arrivato, in vista dei
giochi del Quirinale che per allora saranno chiusi. Certo sarà complicato,
questa volta, aiutare il socio nel patto del Nazareno con la stessa discrezione
dimostrata nel Consiglio dei ministri del 24, con giornali chiusi e opposizioni
distratte. Perché per la prima volta è diventato palese il caos organizzativo
che regna a Palazzo Chigi da diversi mesi. Nell’era del renzismo la macchina
amministrativa è stata piegata alle esigenze di comunicazione (e
improvvisazione) del premier, saltando formalità e aggirando procedure. E ora
che l’incidente è arrivato, nei corridoi di Palazzo Chigi tocca a Graziano
Delrio gestire il disastro. Sia perché, come sottosegretario alla presidenza
del Consiglio dei ministri, è lui il capo formale della macchina, sia per
evitare altri danni di immagine a Renzi che si è preso la responsabilità del
presunto pasticcio per chiudere ogni dibattito sulle reali colpe. Secondo
quanto ha ricostruito il Fatto Quotidiano, però, non si è trattato di pasticcio
e neppure si può parlare di colpe, al massimo di dolo.
Niente errori, tanta strategia
Il provvedimento col favore fiscale a
grandi banche con guai fiscali e a Silvio Berlusconi ha seguito un iter anomalo
ma non certo frutto di imperizia, bensì di ferrea volontà politica che ora è
difficile mascherare. In condizioni normali i testi arrivano al dipartimento
affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio che poi li mette
all’ordine del giorno del “pre-consiglio”, un passaggio fondamentale che serve
ai tecnici dei vari ministeri per sapere che cosa hanno preparato i colleghi e
raccordare così il lavoro, chiedere modifiche e, soprattutto, preparare i
rispettivi ministri alla riunione collegiale con il premier. Il decreto
delegato sul fisco non è stato messo all'ordine del giorno in vista del
Consiglio del 24 dicembre: così nessuno dei ministri interessati (da Andrea
Orlando della Giustizia, a Pier Carlo Padoan dell'Economia a Federica Guidi
dello Sviluppo) era formalmente informato che se ne se sarebbe parlato in
Consiglio. Motivazione informale offerta a chi osava chiederne una: il capo
dell'ufficio legislativo di Palazzo Chigi, quell'Antonella Manzione che a
Firenze guidava i vigili e che Renzi ha voluto con sé a Roma, non sarebbe stata
d'accordo con molte parti del testo. Eppure i problemi, cioè soprattutto il
comma 19 bis, nel testo uscito dal Tesoro ancora non c'erano. Delrio inserisce
all'ultimo secondo il decreto all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri.
Ma quale testo? Mistero, perché saltando il passaggio del pre-Consiglio nessun
tecnico ha potuto vederlo.
Ma almeno in Consiglio, cioè davanti agli altri ministri, è stato discusso? “Il Consiglio ha discusso la delega fiscale (…) una discussione che ha prodotto poi il testo pubblicato”, ha detto ieri Delrio al Messaggero. Ma anche questo, secondo quanto risulta al Fatto, è falso: è soltanto l'ultima trincea difensiva di Renzi e Delrio, un monito agli altri membri del governo a lasciare la loro impronta digitale sulla questione. I verbali del Consiglio sono, come sempre, quasi segreti, ma Delrio sta lavorando da giorni per fare in modo che almeno la versione per i posteri sia formalmente ineccepibile, cioè che il decreto delegato è stato approvato “con modifiche” e non “salvo intese”, cioè che c’è stata una discussione articolo per articolo, con dibattito e variazioni, invece che soltanto un accordo politico di massima.
Ma almeno in Consiglio, cioè davanti agli altri ministri, è stato discusso? “Il Consiglio ha discusso la delega fiscale (…) una discussione che ha prodotto poi il testo pubblicato”, ha detto ieri Delrio al Messaggero. Ma anche questo, secondo quanto risulta al Fatto, è falso: è soltanto l'ultima trincea difensiva di Renzi e Delrio, un monito agli altri membri del governo a lasciare la loro impronta digitale sulla questione. I verbali del Consiglio sono, come sempre, quasi segreti, ma Delrio sta lavorando da giorni per fare in modo che almeno la versione per i posteri sia formalmente ineccepibile, cioè che il decreto delegato è stato approvato “con modifiche” e non “salvo intese”, cioè che c’è stata una discussione articolo per articolo, con dibattito e variazioni, invece che soltanto un accordo politico di massima.
L’articolo che non ha visto nessuno: le testimonianze
“Il testo era pulito. Ho avuto notizia
dell’introduzione del detto articolo 19 bis, nel testo elaborato dalla
commissione da me presieduta”, dice al Corriere della Sera l’ex presidente
della Corte costituzionale Franco Gallo che guida la commissione di tecnici del
Tesoro al lavoro sulla riforma fiscale. Tre ministri anonimi interpellati da
Libero dicono che nella riunione del 24 della norma salva-Berlusconi non se ne
è proprio parlato. Ma nessuno lo ammetterà pubblicamente: perché scavalcare i
tecnici e far riscrivere le norme direttamente da Delrio, Luca Lotti o chissà
chi (perché uno dei problemi di questo caos è che è impossibile attribuire la
paternità legislativa) è diventata la nuova norma nel renzismo per i
provvedimenti più delicati. Da mesi i ministri hanno rinunciato a pretendere il
rispetto almeno formale della propria autonomia e lasciano tutto in mano a
Renzi.
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