da: Il Fatto Quotidiano
Frode
fiscale, così il colpo di spugna di Renzi salva B da condanna Mediaset
La
norma infilata da Palazzo Chigi nel decreto di attuazione della delega fiscale
permetterà a B., condannato a quattro anni e due di interdizione dai pubblici
uffici nel processo per i diritti tv Mediaset, di chiedere al giudice di far
decadere la sentenza perché il reato si è estinto
di Carlo di Foggia
Niente grazia, non serve. Questione di
tempi e dettagli. Mettiamoli in fila: elezioni per il Quirinale alle porte, un
provvedimento approvato alla vigilia di Natale, un articolo infilato in
extremis, cinque righe di testo, e il patto del Nazareno si sublima: la
riabilitazione di Silvio Berlusconi. Tecnicismi a parte è questo il possibile
risultato della norma
infilata da Palazzo Chigi nel decreto di attuazione della delega fiscale
approvato lo scorso 24 dicembre.
Nei giorni scorsi il
Fatto ha raccontato l’incredibile genesi di una modifica che non figurava nel
testo uscito dal ministero dell’Economia (che l’aveva bocciata) e che –
all’ultimo giro di boa – è comparsa poco prima di entrare nel Consiglio dei
Ministri: di fatto permetterà al fu Cavaliere di tornare in
campo, libero,
cancellando con un tratto di penna la
condanna a 4 anni – e due di interdizione dai pubblici uffici – per frode
fiscale nel processo per i diritti tv Mediaset.
Quella che lo
ha fatto decadere da Senatore per effetto della legge Severino.
La norma è l’articolo 19-bis. Questo stabilisce chiaramente che non si viene
più puniti se Iva o imposte sui redditi evase “non sono superiori al 3%
rispettivamente dell’imposta sul valore aggiunto o dell’imponibile dichiarato”.
In pratica non c’è nessun limite, ma solo una proporzione, sotto la quale il
reato penale scompare: quella che in gergo tecnico si chiama “soglia
parametrata” e che ha fatto infuriare l’ex ministro delle Finanze Vincenzo
Visco e – stando a quanto appurato dal Fatto – preoccupa anche i vertici
dell’Agenzia delle Entrate, a partire dalla neo direttrice Raffaella Orlandi,
allieva di Visco. L’intervento avrà effetto non solo per il futuro, ma anche
per i processi in corso e quelli ormai conclusi per effetto del “favor rei”,
per cui le disposizioni penali favorevoli valgono anche per il passato. Non
solo, la norma è stata scritta in modo da sanare non solo i reati di infedeltà
fiscale, come l’evasione, ma anche la frode fiscale. Su un miliardo di reddito
si può evadere o frodare il fisco fino a 30 milioni di euro.
E qui entra in gioco Berlusconi.
L’altro contraente del patto del Nazareno (oltre Renzi, s’intende) è stato
condannato per aver evaso il fisco, negli anni 2002 e 2003, per circa 7 milioni
di euro, attraverso ammortamenti gonfiati dei diritti televisivi acquistati. È
il residuo di una somma ben maggiore – i pm di Milano Fabio De Pasquale e
Sergio Spadaro avevano calcolato in 368 milioni di dollari la cifra gonfiata ai
fini dell’evasione fiscale – via via erosa dai tempi della prescrizione. Stando
alla sentenza, nel 2002 l’importo evaso è di 4,9 milioni di euro su un reddito
dichiarato di 397 milioni: l’1,2%. Sul 2003 si tratta invece di 2,4 su 312
milioni di euro: lo 0,7%. In entrambi gli anni la soglia del 3% non viene
raggiunta. La percentuale è ancora più bassa se calcolata sul reddito vero (e
non dichiarato), che per entrambi gli anni è superiore di qualche milione di
euro. In questo modo il reato di frode non sussiste, e si paga solo la sanzione
amministrativa. Cosa comporta? In gergo tecnico si chiama “incidente di
esecuzione”: vista l’estinzione del reato, il condannato fa richiesta al
tribunale, e il giudice fa decadere la sentenza di condanna. E con essa, in
questo caso, non solo i servizi sociali – cui Berlusconi è stato assegnato – ma
anche la pena accessoria, cioè l’interdizione (e quindi la decadenza da
Senatore). È già successo ad altri condannati illustri, grazie proprio alle
riforme berlusconiane (come quella sul falso in bilancio). Se così fosse,
l’“agibilità politica ” per l’ex Cavaliere auspicata ieri da una fedelissima di
Arcore come Stefania Prestigiacomo (Fi) come primo atto del prossimo inquilino
del Colle sarebbe invece un dato già acquisito: “Serve un pacificatore”, ha
spiegato. E invece è arrivata una manina in extremis. A poche settimane
dall’inizio del round che porterà all’elezione del prossimo Presidente della
Repubblica, dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano non è un dettaglio da
poco. Tramontata definitivamente l’ipotesi di una convergenza con il M5S, i
voti di Fi saranno decisivi per evitare una nuova empasse.
La manina risolve molti problemi. Ed è
orfana. Come confermato da più fonti, e ieri dal sottosegretario all’Economia
Enrico Zanetti (Sc), la norma è stata infatti inserita all’ultimo da Palazzo
Chigi dopo che il Tesoro l’aveva bocciata. E anche nella forma peggiore. Per
intenderci: quella cassata dal Mef prevedeva l’applicazione solo per
l’evasione, non per la frode. La modifica è comunque passata al vaglio del
dipartimento affari giuridici della Presidenza del Consiglio, guidato dalla
renzianissima Antonella Manzione, ex capo dei vigili urbani di Firenze. Secondo
Visco la norma è un “enorme regalo ai grandi evasori”. A cui si aggiunge anche
la triplicazione delle soglie di punibilità (da 50 a 150 mila euro) che –
secondo Il Sole 24 Ore – “farà saltare un processo su tre”. Zanetti ha
auspicato una modifica (almeno per la frode). Tocca però a Matteo Renzi
disporla.
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