da: Il Fatto Quotidiano
Nel
decreto incriminato, tante le aggiunte in extremis che sembrano scritte su
misura per gli istituti di credito e i grandi gruppi finanziari
di Carlo
Di Foggia
C’è la “manina” che l'ha inserita e c'è la penna che l'ha scritta. La norma salva Berlusconi non è più orfana, ma ha molti padri. “L'ho voluta io, ma mi avevano dato rassicurazioni avvocati e magistrati”, ha spiegato il premier al Fatto. Vera la prima. Alcuni dei consulenti – lato magistratura – negano infatti di averla mai vista. Chi ha seguito da molto vicino l'iter del provvedimento, però, parla di “molte modifiche”, “calibrate”.
Un testo, quello cambiato all'ultimo da
Palazzo Chigi – non quello elaborato al Tesoro – arricchito di aggiunte
tecniche che vanificano l'impianto originale, e sembrano scritte da fiscalisti
esperti, su misura per i grandi gruppi bancari e finanziari. Norme con un nome
specifico. È il caso, per dire, del comma 4 inserito nell'articolo 4 del
decreto, quello che punisce soprattutto chi elude il Fisco con operazioni di
finanza strutturata, come i derivati. Un articolo meritorio, vanificato però
dal comma aggiunto alla fine: vengono esclusi “flussi finanziari
nelle
scritture contabili obbligatorie”. È una norma salva banche perché di fatto
svuota la frode fiscale, e in questo modo aiuta gli Istituti che in passato
hanno messo nero su bianco le operazioni sospette temendo un'azione penale: se
ne avvantaggerebbero gli ex ad di Unicredit, Alessandro Profumo e Banca Intesa,
Corrado Passera. Nel giugno scorso, la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a
giudizio di Profumo in merito alla cosiddetta “operazione Brontos”: 245 milioni
di euro che sarebbero stati sottratti al Fisco con operazioni di finanza
strutturata. Visti gli utili, il caso potrebbe rientrare anche nella famosa
norma pro Berlusconi (che cancella il reato di frode se l'importo evaso è
inferiore al 3% del reddito dichiarato). “Ma quel comma preoccupa soprattutto
per il futuro”, confida chi ha lavorato al testo. Il cavillo riavvicina i
contatti con il mondo bancario, raffreddati non poco dopo il colpo inflittogli
dal decreto sugli 80 euro, che ha alzato l'aliquota (dal 12% deciso da Letta al
26%) sulle plusvalenze derivanti dalle rivalutazioni delle quote della Banca
d’Italia in pancia a molti istituti. Il riavvicinamento passa soprattutto dal
lavoro sotterraneo compiuto in questi mesi dal sottosegretario e uomo ombra di
Renzi, Luca Lotti. L'interesse degli ambienti finanziari è alto, meno quello
industriale. Non è un caso se ieri la berlusconiana Daniela Santanchè se la sia
presa con Confindustria: “Il suo silenzio è ipocrita”, ha attaccato. Il Sole 24
Ore ha più volte messo in evidenza gli aspetti critici del testo e, in ultimo,
attaccato la norma pro-Berlusconi.
Qui, i possibili beneficiari sono molti, da
Prada, che ha pagato 470 milioni (ma c’è un fascicolo aperto dalla Procura di
Milano per “omessa o infedele dichiarazione dei redditi” nei confronti di
Miuccia Prada, Patrizio Bertelli e il loro commercialista, ad Armani (270
milioni). Tornando alle operazioni strutturate, ad avere contraccolpi potrebbe
essere anche il processo al patron dell'Ilva Emilio Riva – morto nell'aprile
scorso – due ex dirigenti del gruppo e un ex manager della filiale di Londra di
Deutsche Bank, in relazione a una maxi evasione da 52 milioni. Soldi sottratti
al Fisco con una falsa rappresentazione nelle “scritture contabili
obbligatorie”, proprio la circostanza esclusa dal comma inserito in calce
all'articolo 4. Lo stesso che viene depotenziato da un'altra incredibile
modifica che separa “l'ostacolo all'accertamento”, dall’“induzione in errore
dell'amministrazione finanziaria (il Fisco, ndr) ” con una “e” anziché una “o”:
stando al testo, quindi, se entrambi i casi non si verificano il reato non si
commette.
Peggio ancora accade con l'articolo 17, che
elimina la possibilità di raddoppiare i tempi di accertamento (da 4 a 8 anni).
Fonti di governo fanno sapere che verrà modificata perché “è impossibile che la
Ragioneria possa farla passare”. Il motivo è semplice: “Cancellerebbe centinaia
di accertamenti, facendo perdere molti miliardi all’Erario”. Il combinato
disposto fra tutte queste norme - spiegano fonti della magistratura –
cancellerebbe circa 8 processi su 10 in materia di reati tributari.
Intervistato dal Tg5, il premier ha chiarito che la norma incriminata (e
l'intero decreto) per ora è solo congelata: “Ne riparleremo dopo l'elezione del
Quirinale, quando Berlusconi avrà completato i servizi sociali”. “L'impianto
dell’articolo (quello sul 3%, ndr) è condiviso dal ministro Pier Carlo Padoan”,
confermano dal Tesoro: “Andranno però rivisti gli effetti: nessuno poteva
prevedere favorissero una persona specifica (Berlusconi, ndr) ”. La partita è
solo rimandata.
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