da: Il Fatto Quotidiano
Bella
Ciao è l’inno mondiale contro le oppressioni (ma non ditelo al Pd)
di Silvia
Truzzi
Nel 2011 il consiglio d’amministrazione della Rai vietò di far eseguire Bella ciao sul palco dell’Ariston (Sanremo è Sanremo perché è davvero lo specchio del Paese). Il venerdì ci sarebbe stata la serata commemorativa per i 150 anni dell’Unità d’Italia, e Gianni Morandi voleva Bella ciao tra i brani che avrebbero dovuto simbolicamente ripercorrere la storia d’Italia. “È il canto delle mondine”, disse stupito del casino che si era creato dopo l’annuncio. Gianmarco Mazzi – che di quell’edizione era il direttore artistico – propose di affiancare Giovinezza, per questioni di par condicio. Né l’una né l’altra furono eseguite, causa veto politico di Viale Mazzini. Allora si disse che c’era una certa differenza perché Bella ciao era l’inno della Resistenza, Giovinezza la canzone simbolo del Fascismo.
Ma siccome le censure trovano sempre il
modo di aggirare l’ostacolo, negli ultimi anni Bella ciao si è presa una
rivincita mondiale. A cominciare proprio dal 2011: a Zuccotti Park, la
intonarono gli indignados di Occupy Wall Street.
François Hollande la usò per
chiudere la campagna elettorale delle Presidenziali 2012: gli portò fortuna,
sconfisse Sarkozy. E molto probabilmente la stessa cosa succederà in Grecia:
Alexis Tsipras l’ha cantata dopo l’ultimo comizio prima del voto di oggi. A
Istanbul nel 2013 divenne l’inno dei manifestanti di Gezi park, contro il
premier Erdogan. In ottobre, a Hong Kong, Franco Mella, un sacerdote italiano,
intonò al megafono Bella ciao e i ragazzi della rivoluzione degli ombrelli si
misero a cantare con lui. La canzone del partigiano morto per la libertà ha salutato
i vignettisti Tignous e Charb, uccisi nella strage di Charlie Hebdo. Huffington
Post ricorda anche precedenti più domestici: Michele Santoro, in tv dopo
l’editto bulgaro.
E naturalmente Don Gallo: fu la colonna
sonora del suo commovente corteo funebre. La cantava sempre, come diceva lui,
“in una mano il Vangelo, nell’altra la Costituzione”.
La cosa buffa è che mentre una canzone
italiana – sul sito dell’Anpi si trova la storia dettagliata – diventa la
bandiera mondiale contro le oppressioni, il più grande partito della sinistra
italiana si è ormai definitivamente “nazarenizzato”. Non da oggi, ovviamente:
ora è solo tutto molto più chiaro. Ieri un articolo di Repubblica, citando un
libro del 2005 (Bella ciao. Canto e politica nella storia d'Italia di Stefano
Pivato, Laterza) ricorda che “la sua storia e la sua memoria ‘la accreditano
come la canzone che unifica le speranze e le attese della democrazia’”. L’inno
dei costituenti. Solo che quelli nuovi, quelli che dovrebbero riscrivere le
regole, lo fanno con patti segreti.
Ve lo immaginate il lupetto di Rignano sull’Arno che chiude la sua campagna elettorale
con Bella ciao? Al massimo potrebbe dire ciao bella alla Boschi. Senza contare
che agli amici Silvio e Denis verrebbe un colpo apoplettico e, se la riconoscesse
(il che non è detto), anche al compagno di governo Angelino. Che poi, perfino
la versione delle mondine s’addice poco al partito del Jobs Act: “Il capo in
piedi col suo bastone o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao, il capo in
piedi col suo bastone e noi curve a lavorare”.
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