da: Il Fatto Quotidiano
Non ci sono più parole per descrivere il
lento e inesorabile, ma tutt’altro che inevitabile, suicidio del Movimento 5
Stelle. Un suicidio di massa che ricorda, per dimensioni e follia, quello dei
912 adepti della setta “Tempio del Popolo”, che il 18 novembre 1978 obbedirono
all’ultimo ordine del guru, il reverendo Jim Jones, e si tolsero la vita tutti
insieme nella loro comune di Jonestown, nella giungla della Guyana, bevendo un
cocktail al cianuro.
L’ultima mattana del Tempio del
Grillo è l’avviso di sfratto per i deputati Artini e Pinna,
accusati di violare da mesi l’impegno – a suo tempo sottoscritto da tutti i
candidati – di restituire parte dello stipendio e rendicontare tutto sul blog.
I due sostengono che non è vero ed esibiscono
ricevute, ma la loro difesa non appare nella
requisitoria pubblicata sul blog di Grillo che ieri ha
chiamato gli iscritti a votare per l’espulsione. Finora gli “enucleandi”
potevano difendersi nell’assemblea dei gruppi parlamentari, dopodiché scattava
il voto sul web. Stavolta invece la procedura è stata invertita: prima il voto
sul web, poi eventualmente quello degli eletti. In questo guazzabuglio di
scontrini e carte bollate, capire chi ha ragione e chi ha torto sul merito è
arduo. Ma anche inutile. È vero che chi si candida in un partito o movimento ne
accetta le regole e, se le
viola, può essere espulso. Ed è vero che la restituzione
dei fondi pubblici (42 milioni di rimborsi elettorali totali e 10 di indennità
parziali) fa parte del Dna dei 5 Stelle ed è una delle ragioni del loro
successo. Ma, chiunque abbia ragione sul restituire & rendicontare, c’erano
mille strade per risolvere la questione in modo meno traumatico. Lo dimostrano
le perplessità non solo dei soliti dissidenti, ma anche di diversi “duri e
puri”. Chi ha messo in piedi il processo a ciel sereno ne trascura la
devastante ricaduta esterna: nei giorni più neri del governo Renzi, alle prese
con mille guai che per la prima volta danno ragione alle opposizioni e in
primis ai 5 Stelle, tg e giornali hanno buon gioco a parlar d’altro. Cioè –
paradosso dei paradossi – dei guai del M5S. Che così riesce nell’impresa di
calciare in tribuna l’ennesimo rigore a porta vuota: invece di affacciarsi a
dire “noi l’avevamo detto che Renzi sbagliava tutto”, regala al governo e ai
suoi fans un’occasione d’oro per dire “noi l’avevamo detto che Grillo sbagliava
tutto”. Geniale: un auto-sabotaggio identico a quello rinfacciato a Orellana
& C.
Nell’ultima settimana, poi, anziché
analizzare seriamente la fuga di
elettori registrata in sei mesi tra Emilia Romagna e Calabria (401. 847
voti in meno rispetto alle Europee di maggio), il blog di Grillo è riuscito prima a cantare vittoria (col
raffronto tipicamente doroteo con le
regionali del 2010, quando il M5S era nella culla). Poi a ospitare
un’intervista allo storico Petacco sulla (non) responsabilità di Mussolini nel
delitto Matteotti, trascurando inspiegabilmente le guerre puniche e il
Congresso di Vienna. Infine a scomunicare un deputato per leso divieto
(peraltro intermittente) di andare in tv. Risultato: il buon lavoro dei parlamentari pentastellati resta sullo sfondo,
mentre la fame atavica di forze anti-sistema viene confiscata da un Salvini
qualunque, portatore insano di ricette fallimentari lunghe vent’anni, solo
perché le sue felpe sono sempre in tv e riescono a imbonire quel pubblico
periferico e ultracinquantenne che è magna pars dell’elettorato italiano. E
dire che basterebbe poco per raddrizzare la baracca: eleggere due o tre portavoce da mandare nei tg e nei talk meno
indigesti a rappresentare la linea del M5S, evitando che a farlo sia il
primo peone semidissidente che passa. E nominare un direttorio che giri per
i meetup dirimendo i dissensi che inevitabilmente esplodono
qua e là. L’alternativa è il permanente stillicidio-suicidio di espulsioni che
fra l’altro assottiglia i gruppi parlamentari: due anni fa gli eletti erano 163,
ora si son già ridotti a 143. Se poi gli espulsi votano col
governo, magari sperando che qualcuno li ricandidi, si può pure sputtanarli
come i nuovi Razzi e Scilipoti. Ma il primo colpevole è chi li ha espulsi,
gettandoli fra le braccia di Renzi.
Il quale, con degli avversari così, può
campare cent’anni.
Nessun commento:
Posta un commento