da: Il Sole 24 Ore
Fondi
pensione, con la super tassa si perde fino all'11%
di Claudio
Pinna
L'aumento dall'11% al 20% della tassazione
sui rendimenti annui dei fondi pensione previsto nel Ddl stabilità per il 2015
ridurrà le prestazioni finali nette dei fondi stessi. Rendendo ancora più
evidente il divario tra le condizioni previste in Italia e quelle dei Paesi
europei che non prevedono tassazione dei rendimenti. Solo in Italia, Danimarca
e Svezia, infatti, i rendimenti sono soggetti a prelievo fiscale. Negli altri
Paesi Ocse, la tassazione avviene una volta sola, cioè quando si va in
pensione.
All'inasprimento della tassazione, si
aggiunge poi l'altra previsione del Ddl stabilità, ovvero la possibilità per i
lavoratori di richiedere in busta paga l'accantonamento mensile del trattamento
di fine rapporto (Tfr). Anche questa misura, sottraendo risorse agli
accantonamenti, avrà un impatto negativo sulle prestazioni finali dei fondi.
L'aumento
della tassazione
La nuova tassazione ipotizzata per i
rendimenti al 20% determina una riduzione delle prestazioni che aumenta al
crescere del periodo di iscrizione al fondo
pensione e del risultato annuo
ottenuto. Se ipotizziamo infatti che un lavoratore con una retribuzione annua
lorda di 50mila euro destini a un fondo pensione dal 1° gennaio 2015
l'accantonamento annuo del Tfr e consideriamo tre diversi periodi di iscrizione
(15, 25 e 35 anni) e tre possibili diversi tassi annui di rendimento reale (2%,
4% e 6% al netto dell'equivalente incremento del costo della vita), la
riduzione della prestazione può arrivare fino all'11% della posizione netta
maturata. In valore assoluto, la differenza può superare i 37mila euro nello
scenario con le performance migliori dei fondi. Le stesse variazioni
percentuali possono ritenersi valide per tutti i livelli retributivi. La
richiesta in busta paga del Tfr per il periodo consentito, in base al Ddl
stabilità (dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018) può comportare un'ulteriore
riduzione della prestazione finale. Una riduzione che può risultare sensibile,
sino al 30% della posizione netta maturata per i periodi più contenuti di
iscrizione ai fondi pensione.
Il
confronto con la Ue
Per un lavoratore italiano, nell'ipotesi
dell'aumento effettivo al 20% del prelievo sui rendimenti dei fondi pensione,
sarebbe assolutamente più vantaggioso trasferire la prestazione accumulata
presso un fondo pensione paneuropeo costituito (sulla base della Direttiva Ue
41/2003) in uno dei paesi dell'Unione che non preveda alcuna tassazione dei
rendimenti ottenuti. L'assenza di tassazione infatti, a parità di ulteriori
situazioni, determina prestazioni nette in alcuni casi decisamente più elevate,
sino al 22% della posizione maturata (si veda il Sole 24 Ore del 22 ottobre).
Gli
effetti sulla previdenza
Dopo più di venti anni di riforme, dunque,
l'impressione è che la struttura del nostro sistema pensionistico non possa
ancora essere considerata quella definitiva. In seguito alla riforma «Fornero»
del 2011, infatti (e dopo tutte le riforme che l'hanno preceduta) la previdenza
complementare non potrà che svolgere un ruolo fondamentale. In futuro, infatti,
solo alcuni lavoratori che avranno la possibilità di andare in pensione intorno
ai 70 anni, dopo una carriera completa, saranno in grado di ricevere dall'Inps
una pensione calcolata con il metodo contributivo che sia adeguata. Per tutti
gli altri, in particolare i lavoratori che per le ragioni più varie
(ristrutturazioni aziendali, esigenze familiari, fisiche, e così via) saranno
portati ad anticipare il pensionamento, l'esigenza di una copertura aggiuntiva
risulterà determinante. L'attuale contesto economico, e il notevole squilibrio
dell'Inps, lasciano presupporre che queste necessità difficilmente potranno
essere garantite attraverso un ulteriore intervento del sistema pubblico. E
anche se l'economia ripartisse, i vantaggi di affiancare a un sistema
finanziato a ripartizione un altro gestito in base al metodo della
capitalizzazione dovrebbero risultare ormai evidenti sul mercato. Le
disposizioni che il Governo ha introdotto nel disegno di legge di stabilità per
il 2015 vanno esattamente nella direzione opposta. Colpiscono le prestazioni
garantite dai fondi pensione, aumentando la tassazione e riducendo quindi le
prestazioni nette finali e sottraggono il Tfr, una determinante fonte di
finanziamento, forse l'unica.
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