da: Il Fatto Quotidiano di
Andrea Giambartolomei
Morti
per amianto a Monferrato, la Cassazione annulla. Addio risarcimenti
Tutto prescritto. Il disastro ambientale di
Casale Monferrato, Cavagnolo, Bagnoli e Rubiera è finito da un pezzo, ma i suoi
abitanti si ostinano ad ammalarsi e morire. Così ieri sera i magistrati della
prima sezione penale della Corte di cassazione, presieduti dal giudice Arturo
Cortese, hanno annullato la condanna a 18 anni di carcere a Stephan
Schmidheiny, il manager svizzero che dal 1976 in poi ha diretto la
multinazionale del cemento-amianto Eternit in Italia. Hanno accolto così la
richiesta del sostituto procuratore generale Francesco Mauro Iacoviello che sorprendentemente
aveva chiesto l’annullamento delle sentenze torinesi, gettando nello sconforto
i tanti familiari delle vittime arrivati da Casale Monferrato a Roma per vedere
l’ultima parte di questo processo. A differenza di quanto visto in passato,
l’udienza di ieri al “Palazzaccio” dev’essere sembrata paradossale, dove i
ruoli si sono invertiti. L’imputato è diventato la parte offesa, mentre
l’accusa sembrava la difesa. Ora anche i risarcimenti alle vittime salteranno.
L’Inail non potrà chiedere i 280 milioni erogati per prestazioni sanitarie ai
lavoratori malati.
Gli avvocati di Schmidheiny, Franco Coppi e
Astolfo D’Amato, lo hanno definito
“la vittima di un pregiudizio della
magistratura italiana che ha voluto nei processi di primo e secondo grado a
tutti i costi individuare in lui il responsabile di una strage”. La colpa –
sostengono i legali – sarebbe invece di chi ha gestito l’azienda prima di lui.
Forse del barone belga Louis De Cartier De Marchienne morto pochi giorni prima
della sentenza d’appello del 3 giugno 2013. Quel giorno lo svizzero venne
condannato a 18 anni di carcere per “disastro ambientale doloso continuato”
commesso nelle città in cui l’Eternit aveva i suoi stabilimenti e in cui la
fibra killer si era diffusa nell’aria provocando malattie e decessi, che
colpiscono ancora oggi gli abitanti. Questa era la situazione arrivata alla
Cassazione per essere vagliata nei suoi elementi di diritto e questo è quello
che il pg Iacoviello ha fatto con un’impostazione nuova. Dopo aver criticato
l’approccio della procura, del tribunale e della Corte d’appello di Torino, ma
anche quello stabilito da alcune sentenze della Cassazione, il pubblico
ministero ha affermato che “di fronte al dilemma tra giustizia e diritto, il
giudice deve scegliere il diritto”. Quindi ha detto che Schmidheiny è sì
responsabile , ma che i reati sono prescritti perché il reato di “disastro
ambientale” è terminato con la chiusura degli stabilimenti dell’Eternit nel
1986. Per questo la prescrizione sarebbe già scattata e la condanna della Corte
d’appello di Torino andrebbe annullata, senza nessun rinvio e senza nessun
nuovo processo. Quando il pubblico ministero ha parlato di
“prescrizione” e di “annullamento senza rinvio” tra i parenti delle vittime e
dei malati si è diffuso un senso di sconforto. Prima di ieri ha sempre retto
l’accusa ideata dai pm torinesi Gianfranco Colace, Raffaele Guariniello e Sara
Panelli e poi accolta dai giudici del tribunale e della Corte d’appello.
Guariniello ha così commentato: “I parenti non devono sentirsi abbandonati e
non devono disperarsi. Devono avere fiducia, siamo pronti con la chiusura
indagine sulle morti più recenti. Presto saprete se sarà omicidio colposo o
volontario. La Procura non vi abbandona”. Questo reato – il
disastro ambientale doloso – sembrava non avere limiti temporali. Anzi, secondo
le motivazioni della condanna di secondo grado “il particolare evento di
disastro verificatosi anche in quei siti ha preso la forma di un fenomeno
epidemico”, un fenomeno che “si è esteso lungo l’asse cronologico con durata
pluridecennale”. Insomma , gli abitanti di questi paesi continuano ad ammalarsi
di tumore – asbestosi o mesoteliomi pleurici – e il numero dei morti sale sopra
le tremila vittime perché le città in cui c’erano gli stabilimenti dell’Eternit
sono ancora contaminate dalle fibre killer e questo significherebbe che il
disastro è in corso. Basta dare poi un’occhiata ai necrologi dei giornali
locali che riportano nuovi decessi quasi ogni settimana, con il ritmo di una
cinquantina all’anno solo a Casale. Nel Monferrato una delle ultime vittime è
stato Danilo Aceto, 60 anni, viticoltore e campione internazionale di tiro al
piattello morto Rosignano il 5 ottobre scorso per colpa del mesotelioma, mentre
più di recente è morto un ragazzo di 28 anni. Tutto questo però non ha
importanza per Iacoviello, secondo il quale il rispetto delle regole prevale
sul valore della giustizia e sulla situazione vissuta. Ha provato a porre un
argine a questa tesi Sergio Bonetto, avvocato che rappresenta l’Associazione
dei familiari delle vittime dell’amianto (Afeva). Ha fatto notare che chi ha
scritto il codice penale non conosceva l’esistenza di agenti cancerogeni capaci
di manifestarsi dopo anni di latenza, se non addirittura decenni: “Il diritto
non può ignorarne gli effetti e rinunciare a fare i processi che riguardano i
danni alla salute che ne derivano”. Evidentemente al Palazzaccio non l’hanno
pensata così.
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