da: Il Fatto Quotidiano
Il sogno di Gianni Agnelli si realizza, e scusate il ritardo. Il suo cinismo lo portava a pensare, e va bene, ma anche a dire: “La sinistra può fare delle cose che la destra non potrebbe fare”, cioè le cose che piacevano a lui. E così eccolo, nell'ottobre 1998, che vota al Senato, con moderato entusiasmo (“Avrei preferito De Gasperi”), la fiducia al governo di Massimo D'Alema, primo e ultimo presidente del Consiglio ex comunista. L'avvocato maramaldeggiava come un Oscar Farinetti qualsiasi sui suoi dipendenti futuri disoccupati: “I conflitti di classe, da quando è caduto il muro di Berlino ed è successo quello che è successo a Mosca, si può dire siano già finiti”. Sì, si poteva dire già allora al Senato, oggi l'Avvocato l'avrebbe ripetuto allegramente alla Leopolda, dove non sarebbe sicuramente mancato, lui che sostenne D’Alema ma anche De Mita e Berlusconi.
Ci voleva Matteo Renzi per realizzare la
quadratura del cerchio, la Confindustria che detta, letteralmente, e il governo
che trascrive commi scritti altrove. Agnelli, da presidente della
Confindustria, trattava con Luciano Lama e, insieme, imprenditori e sindacati
dettavano al governo i termini della loro faticosa intesa. E lo stesso maestro
del collateralismo, Silvio Berlusconi, non è
mai riuscito a combinare niente,
solo a promettere. Perché non è di sinistra come Renzi, è solo di destra, un
difetto che impedisce di dire ai lavoratori “lo faccio per voi” e far scattare
l’applauso. Basta ricordare i due momenti chiave, l'alfa e l'omega della sua
parabola. Marzo 2001, nella campagna elettorale che lo porterà a sterminare il
cosiddetto centro-sinistra di Francesco Rutelli, B. va a Parma, al convegno
della Confindustria, abbraccia il presidente Antonio D'Amato e proclama: “Il
vostro programma è il mio programma”. Agosto 2011, dieci anni dopo: il governo
Berlusconi annaspa tra spread alle stelle, manovre e contromanovre, lettere
della Bce e colloqui riservati al Quirinale per preparare l'avvento si super
Mario Monti. Si presenta a Palazzo Chigi una strana alleanza dei produttori
capitanata dalla presidente della Confindustria Emma Marcegaglia (oggi nominata
da Renzi alla presidenza dell'Eni) che impartisce al Caimano un cazziatone
strepitoso: “No all'atteggiamento rilassato del governo”. Al suo fianco
annuiscono padri della patria come il presidente dei banchieri Giuseppe Mussari
e leader sindacali come Susanna Camusso della Cgil e Raffaele Bonanni della
Cisl, oggi fresco pensionato d'oro.Berlusconi ci aveva provato, a cancellare l'articolo 18, facendosi teleguidare dalla Confindustria. Ma c'era l'opposizione, allora, e Sergio Cofferati riempì il Circo Massimo senza che il segretario dei Ds Piero Fassino gli desse del conservatore. Aveva dunque ragione Agnelli, ci voleva il trionfo politico della sinistra (41 a zero, due a zero etc.) per consentire finalmente alla Confindustria di dare ordini al governo di Renzi. Che in una cosa è coerente: effettivamente non tratta con le parti sociali, si limita a obbedire agli industriali, tanto i conflitti di classe sono finiti.
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