da: Corriere della Sera
La
differenza tra tasse contributi in rapporto alla spesa pubblica
Ha ragione papa Francesco: gli immigrati
sono una ricchezza. Lo dicono i numeri. Fatti i conti costi-benefici, spiega un
dossier della fondazione Moressa, noi italiani ci guadagniamo 3,9 miliardi
l’anno. E la crisi, senza i nuovi arrivati che hanno fondato quasi mezzo
milione di aziende, sarebbe ancora più dura. Certo, è facile in questi tempi di
pesanti difficoltà titillare i rancori, le paure, le angosce di tanti
disoccupati, esodati, sfrattati ormai allo stremo. Soprattutto in certe
periferie urbane abbruttite dal degrado e da troppo tempo vergognosamente
abbandonate dalle pubbliche istituzioni. Ma può passar l’idea che il problema
siano «gli altri»?
Non c’è massacro contro i nostri nonni emigrati, da Tandil in Argentina a Kalgoorlie in Australia, da Aigues Mortes in Francia a Tallulah negli Stati Uniti, che non sia nato dallo scoppio di odio dei «padroni di casa» contro gli italiani che «rubavano il lavoro». Basti ricordare il linciaggio di New Orleans del 15 marzo 1891, dove tra i più assatanati nella caccia ai nostri nonni c’erano migliaia di neri, rimpiazzati nei campi di cotone da immigrati siciliani, campani, lucani.
Non c’è massacro contro i nostri nonni emigrati, da Tandil in Argentina a Kalgoorlie in Australia, da Aigues Mortes in Francia a Tallulah negli Stati Uniti, che non sia nato dallo scoppio di odio dei «padroni di casa» contro gli italiani che «rubavano il lavoro». Basti ricordare il linciaggio di New Orleans del 15 marzo 1891, dove tra i più assatanati nella caccia ai nostri nonni c’erano migliaia di neri, rimpiazzati nei campi di cotone da immigrati siciliani, campani, lucani.
Eppure quei nostri nonni contribuirono ad
arricchire le loro nuove patrie («la
patria è là dove si prospera», dice
Aristofane) proprio come ricorda Francesco: «I Paesi che accolgono traggono
vantaggi dall’impiego di immigrati per le necessità della produzione e del
benessere nazionale».
Creano anche un mucchio di problemi? Sì. Portano
a volte malattie che da noi erano ormai sconfitte? Sì. Affollano le nostre
carceri soprattutto per alcuni tipi di reati? Sì. Vanno ad arroccarsi in
fortini etnici facendo esplodere vere e proprie guerre di quartiere? Sì. E
questi problemi vanno presi di petto. Con fermezza. C’è dell’altro, però . E
non possiamo ignorarlo.
Due rapporti della Fondazione Leone Moressa
e Andrea Stuppini, collaboratore de «lavoce.info», spiegano che non solo le
imprese create da immigrati sono 497 mila (l’8,2% del totale: a dispetto della
crisi) per un valore aggiunto di 85 miliardi di euro, ma che nei calcoli
dare-avere chi ci guadagna siamo anche noi. Nel 2012 i contribuenti nati
all’estero sono stati poco più di 3,5 milioni e «hanno dichiarato redditi per
44,7 miliardi di euro (mediamente 12.930 euro a persona) su un totale di 800
miliardi di euro, incidendo per il 5,6% sull’intera ricchezza prodotta».
L’imposta netta versata «ammonta in media a 2.099 euro, per un totale
complessivo pari a 4,9 miliardi». Con disparità enorme: 4.918 euro pro capite
di Irpef pagata nel 2013 in provincia di Milano, 1.499 in quella di Ragusa.
A questa voce, però, ne vanno aggiunte
altre. Ad esempio l’Iva: «Una recente indagine della Banca d’Italia ha
evidenziato come la propensione al consumo delle famiglie straniere (ovvero il
rapporto tra consumo e reddito) sia pari al 105,8%: vale a dire che le famiglie
straniere tendono a non risparmiare nulla, anzi ad indebitarsi o ad attingere a
vecchi risparmi. Ipotizzando che il reddito delle famiglie straniere sia speso
in consumi soggetti ad Iva per il 90% (escludendo rimesse, affitti, mutui e
altre voci non soggette a Iva), il valore complessivo dell’imposta indiretta
sui consumi arriva a 1,4 miliardi di euro». Più il gettito dalle imposte sui carburanti
(840 milioni circa), i soldi per lotto e lotterie (210 milioni) e rinnovi dei
permessi di soggiorno (1.741.501 nel 2012 per 340 milioni) e così via:
«Sommando le diverse voci, si ottiene un gettito fiscale di 7,6 miliardi».
Poi c’è il contributo previdenziale: «Considerando
che secondo l’ultimo dato ufficiale Inps (2009) i contributi versati dagli
stranieri rappresentano il 4,2% del totale, si può stimare un gettito
contributivo di 8,9 miliardi». Cosicché «sommando gettito fiscale e
contributivo, le entrate riconducibili alla presenza straniera raggiungono i
16,6 miliardi».
Ma se questo è quanto danno, quanto
ricevono poi gli immigrati? «Considerando che dopo le pensioni la sanità è la
voce di gran lunga più importante e che all’interno di questa circa l’80% della
spesa è assorbita dalle persone ultrasessantacinquenni», risponde lo studio,
l’impatto dei nati all’estero (nettamente più giovani e meno acciaccati degli
italiani) è decisamente minore sul peso sia delle pensioni sia della sanità,
dai ricoveri all’uso di farmaci. Certo, è maggiore nella scuola «dove
l’incidenza degli alunni con cittadinanza non italiana ha raggiunto l’8,4%», ma
qui «la parte preponderante della spesa è fissa».
E i costi per la giustizia? «Una stima dei costi si aggira su 1,75 miliardi di euro annui». E le altre spese? Contate tutte, rispondono Stuppini e la Fondazione. Anche quelle per i Centri di Identificazione ed Espulsione: «Per il 2012 il costo complessivo si può calcolare in 170 milioni».
E i costi per la giustizia? «Una stima dei costi si aggira su 1,75 miliardi di euro annui». E le altre spese? Contate tutte, rispondono Stuppini e la Fondazione. Anche quelle per i Centri di Identificazione ed Espulsione: «Per il 2012 il costo complessivo si può calcolare in 170 milioni».
In ogni caso, prosegue il dossier, «si è
considerata la spesa pubblica utilizzando il metodo dei costi standard,
stimando la spesa pubblica complessiva per l’immigrazione in 12,6 miliardi di
euro, pari all’1,57% della spesa pubblica nazionale. Ripartendo il volume di
spesa per la popolazione straniera nel 2012 (4,39 milioni), si ottiene un
valore pro capite di 2.870 euro». Risultato: confrontando entrate e uscite,
«emerge come il saldo finale sia in attivo di 3,9 miliardi». Per capirci: quasi
quanto il peso dell’Imu sulla prima casa. Poi, per carità, restano tutti i
problemi, i disagi e le emergenze che abbiamo detto. Che vanno affrontati,
quando serve, anche con estrema durezza. Ma si può sostenere, davanti a questi
dati, che mantenere l’estensione della social card ai cittadini nati all’estero
ma col permesso di soggiorno è «un’istigazione al razzismo»?
Per non dire dell’apporto dei «nuovi
italiani» su altri fronti. Dice uno studio dell’Istituto Ricerca Sociale che ci
sono in Italia 830 mila badanti, quasi tutte straniere, che accudiscono circa
un milione di non autosufficienti. Il quadruplo dei ricoverati nelle strutture
pubbliche. Se dovesse occuparsene lo Stato, ciao: un posto letto, dall’acquisto
del terreno alla costruzione della struttura, dai mobili alle lenzuola, costa
150 mila euro. Per un milione di degenti dovremmo scucire 150 miliardi. E poi
assumere (otto persone ogni dieci posti letto) 800 mila addetti per una spesa
complessiva annuale (26mila euro l’uno) di quasi 21 miliardi l’anno. Più spese
varie. Con un investimento complessivo nei primi cinque anni di oltre 250
miliardi.
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