mercoledì 9 novembre 2011

Alessandro Preziosi: intervista di 'Vanity Fair'


2 settembre 2011


“Alcune cose buone nella vita le ho fatte: le due migliori sono i figli.”

“Quando finisce una storia, le responsabilità sono sempre di entrambe le parti. Però c’è chi si allaccia le scarpe e non inciampa e c’è chi invece, come me, se le allaccia e cade sempre per primo. Sono maldestro».


Intervista di Saira Faillaci - Vanity Fair del 24 agosto

«Scusi un attimo».
Seduto davanti a me, in un bar all’aperto di piazza dei Martiri a Napoli, Alessandro Preziosi traffica all’interno di una minuscola tracolla e ne estrae una specie di dentiera trasparente. Che un secondo dopo si mette in bocca.
«E’ un apparecchio per i denti. Lo porto da due mesi. Nella nostra prima intervista ha scritto che avevo i denti irregolari: sarà contenta».

Era il marzo 2010 quando ci incontrammo per la prima volta. Oltre che dei denti irregolari, scrissi che, visto dal vivo, era meno bello, e lui un po’ se la prese. Ma se gli dici che è bello, si arrabbia di più («Basta mettere in risalto l’esteriorità, questa società le dà fin troppa importanza»).
Questa per lui non è un’estate facile. Da pochi mesi si è separato – dopo un’unione durata sette anni, e la nascita di una figlia, Elena, che ne ha cinque – dalla collega Vittoria Puccini. Lei ha già un altro al suo fianco e le immagini della nuova coppia sono uscite su tutti i giornali. Preziosi stesso non ha avuto tregua: i paparazzi l’hanno fotografato in compagnia di diverse ragazze. Senza contare che, negli ultimi due anni, lui e la Puccini – una delle coppie più belle e più amate del nostro cinema – sono stati più volte spiati nelle varie fasi, anche tristi, che comporta la fine di un amore.
E non traggano in inganno le foto di Ferragosto che li ritraggono insieme, al mare tra l’Argentario e Ponza, e catturano baci che a qualche giornale hanno fatto annunciare il ritorno di fiamma. Si tratta di una vacanza insieme per il bene della figlia, e dell’affetto che per forza rimane tra chi ha percorso fianco a fianco un lungo pezzo di vita. E anche se lui, come ammetterà nell’intervista, nel lieto fine ci spera ancora, è evidente che al momento la storia è interrotta. Interrotta, malgrado loro, pubblicamente. Sotto i riflettori della stampa, dentro il mirino dei paparazzi.
Comprensibile, quindi, che Preziosi sia diventato allergico ai media e alle interviste. La privacy, del resto, è sempre stata una sua ossessione. Quando si fidanzò con la Puccini, conosciuta sul set di Elisa di Rivombrosa, passarono mesi prima che la storia diventasse pubblica, e per anni Alessandro si rifiutò di parlare di lei nelle interviste. Due anni fa, nell’ottobre 2009, la svolta: le scuse pubbliche di Preziosi alla compagna per un presunto tradimento. La sola volta in cui la Puccini accettò di rispondere sull’argomento, a Vanity Fair nel dicembre di quell’anno, disse: «Quando ci sono problemi, l’unica cosa è capire se ci si ama ancora. Se c’è l’amore, questo deve darti il coraggio e la forza di superare qualunque ostacolo».
La crisi, insomma, sembrava superata. E invece, durante la primavera di quest’anno, lei è stata fotografata con «l’altro».

Alessandro si presenta a questa intervista in mezzo a una fase professionale decisamente prolifica. Prima ha girato Amore e vendetta, fiction ispirata alla storia del conte di Montecristo, ma ambientata ai giorni nostri, che vedremo a settembre su Canale 5. Poi si è fatto tingere i capelli biondo pannocchia per recitare con Laura Chiatti nella nuova commedia di Pappi Corsicato per il cinema, Il volto di un’altra. E a gennaio debutterà a teatro Cyrano de Bergerac, la sua prima opera da regista. Di questo, e solo di questo, avrebbe voluto parlare. Ma quando ci incontriamo, la conversazione esce inevitabilmente dagli argini.

Come sta?
«Ora, bene. Troisi, napoletano come me e da sempre mio riferimento, quando gli chiesero di spiegare il titolo del film Ricomincio da tre, rispose: ”Visto che un pò di cose buone nella vita le ho fatte, perché devo ricominciare da zero?”. Ecco, io ricomincio da due, dai miei figli (oltre a Elena, c’è Andrea, 16 anni, avuto dal legame con Rossella Zito, ndr), le cose migliori che ho fatto nella vita».
Penso abbia vissuto momenti migliori.
«E’ stato un anno denso di lavoro, seppure con le difficoltà che nascono da una separazione. Diceva Montaigne: “Anche i re prima o poi si accorgono di essere seduti sul proprio culo”. Quello che è successo a me e a Vittoria, alla nostra famiglia, in realtà è abbastanza normale. Succede a tante coppie di lasciarsi. Solo che noi siamo attori, siamo conosciuti, e tutto viene amplificato».
Ci credeva nell’amore per sempre? 
«Non me lo sono mai chiesto: mentre vivo qualcosa, non ho bisogno di conferme».
Per questo non ha sposato la Puccini? 
«Io e Vittoria ci sposiamo a ottobre».

Silenzio. 

«Scherzavo. Vivo il matrimonio in maniera contraddittoria. Da un lato, da credente, vorrei sposarmi in chiesa. Dall’altro, mi sento figlio di una società profondamente laica dove il matrimonio, con i suoi valori seri e immutabili, mette paura: un po’ per i dubbi che uno si porta dentro in una storia, e che magari pensa di poter risolvere senza parlare, e un po’ perché trova assurdo rendere testimone del suo amore – arbitro, quasi – qualcosa di così astratto. Il risultato però è che la maggior parte dei miei coetanei, compreso il sottoscritto, è alla seconda relazione rotta, con figli».
Quindi si è pentito di non essersi sposato? 
«Ci si sposa in due. Ma non so come sarebbe andata con Vittoria, se avessimo avuto maggior coerenza con quello che entrambi in fondo desideravamo. So solo che non è accaduto, forse per pigrizia o per debolezza rispetto a una grande possibilità che viene offerta a una coppia che si ama».
Per quanto la riguarda, come spiega questa pigrizia-debolezza?
«Ho perso tempo, e soprattutto ho perso di vista la semplicità della vita. Nella semplicità della vita arriva un momento in cui, se ti ami, ti sposi: punto. Purtroppo io, invece di concentrarmi sul mio rapporto di coppia, ho disperso le forze lavorando come un pazzo, accettando ruoli che mi hanno complicato molto a livello umano, nonostante io di una natura sia una persona semplice. Sono andato otto mesi in tournée con Amleto, pensando che, quando mi sarei fermato, tutto sarebbe tornato come prima. E invece, quando mi sono fermato, il nostro rapporto non c’era più. Sa qual è il mio vero rimpianto?».
Quale?
«Non aver imparato di più dai personaggi che ho interpretato. Amleto, Sant’Agostino, Re Lear, lo stesso protagonista di Mine vaganti: possibile che, con tanti esempi di vita, io non abbia acquisito gli elementi per essere una persona migliore? Le storie raccontate non somministrano pillole di vita solo agli spettatori, ma anche agli attori che le interpretano. Da quelle storie avrei dovuto imparare ad una avere una condotta più matura, più posata».
Che cosa intende per «posata»?
«Se senti che è meglio non fare una cosa, non la fare. Se sei pieno di adrenalina dopo uno spettacolo, è bene che tu gestisca meglio i tuoi istinti. Purtroppo posso essere una persona pericolosa: colpa della mia energia? Della mia incontrollata animalità?».
Animalità? 
«Ozpetek dice di me che sono un animale chiuso dentro una corazza: nel momento in cui riuscirò a spezzarla, metterò le ali».
Lavorativamente parlando. Nel privato, invece?
«Sono una persona molto – forse troppo – fisica ed espansiva. Basta che saluti un’amica all’aeroporto e scrivono che è la mia nuova fidanzata, ma io sono abituato a comunicare con il corpo, è un modo di essere».
Sta parlando di saluti all’aeroporto? O sta parlando anche di sesso? 
«Il sesso è la cosa più preziosa che c’è, la forma più intensa e alta di contatto tra due persone. Proprio perché è alta, bisognerebbe mantenerla sempre alta. Ma troppi uomini, e ci metto anche il sottoscritto, ne capiscono l’importanza solo dopo che l’hanno un po’ sprecata, dispersa».
Le è capitato spesso? 
«È successo. Se sei una persona così fisica, è difficile resistere, devi essere molto zen. Ma il sesso fine a se stesso per me ha il valore di una pubblicità, di uno spot: dura solo tre minuti».
Oggi è più consapevole?
«Sicuramente. I figli aiutano, sono garanzia di un buon risveglio, di una buona alimentazione, di un divertimento contenuto, calmierano tutto. E anche una separazione è una grande occasione per crescere: impari dalla sofferenza che provocano negli altri i tuoi errori».
A proposito di errori: quell’episodio di due anni fa – lei fotografato sul balcone di un hotel con un’altra, e poi costretto a scusarsi con la sua compagna – quanto ha pesato sulla fine della vostra storia? 
«Un rapporto non è condizionato dall’essere beccati da un paparazzo: quella è la prepotenza e la presunzione di chi, con una scelta editoriale, non solo entra nella vita della gente senza diritto, ma pensa di averti fatto uscire allo scoperto. Onestamente, si sopravvaluta».
Ma un tradimento si perdona? 
«La fedeltà dovrebbe essere naturale quando ami una persona: se viene meno, significa che ci sono dei problemi. Il tradimento presuppone insicurezza, il non sentirsi desiderati, a volte lontananze incolmabili. Alimenta la parte nera del rapporto perché non aggiunge nulla, serve solo ad aumentare i sensi di colpa, e allora ti sforzi di amare l’altro di più, come se non bastasse l’amore che già provi. Però può succedere di commettere un errore, è umano. E a me, personalmente, è capitato tanto di perdonare quanto di essere perdonato per un tradimento. Ma sono cose che fanno parte della vita e dell’intimità di una coppia».
Riformulo la domanda: non pensa di averedelle responsabilità nella fine di questo rapporto? 
«Quando finisce una storia, le responsabilità sono sempre di entrambe le parti. Però c’è chi si allaccia le scarpe e non inciampa mai e c’è chi invece, come me, se le allaccia e cade sempre per primo. Sono maldestro».
Oggi la sua ex compagna sta con Claudio Santamaria, attore anche lui, conosciuto sul set di Baciami ancora. Qualcuno  penserà che abbia voluto vendicarsi, restituirle pan per focaccia.
«Lasciamo ai panettieri il loro mestiere. E io non faccio lo psicologo».
Sempre a proposito di istinti: parliamo di quelle famose foto dove lei – durante una lite per strada, a inizio anno – strattona Vittoria per il bavero del cappotto? Non è stata una bella scena.
«Ahimè, non era una scena. Era vita vissuta».
In che rapporti siete, adesso?
«Ci vogliamo un bene dell’anima. Non è stato facile all’inizio, perché se vivi i sentimenti con intensità ci metti un po’ ad accettare che le cose cambino. Ma non volevo che i nostri errori – i miei e i suoi – diventassero causa di astio, la molla per farsi del male. E’ la madre di mia figlia, ho rispetto per lei e per la nostra scelta di continuare a essere i genitori che siamo sempre stati. Vittoria, come del resto Rossella, è una madre bravissima: sono stato un uomo fortunato».
Non avete mai più lavorato insieme dopo Elisa. 
«Magari succederà. Ha presente quando fai un incidente e sei tutto ammaccato? Non riesco a fare una radiografia lucida di quello che mi è accaduto, a tirare le somme delle ferite inferte e di quelle subite. E’ troppo presto».
Che effetto le fa essere tornato single? 
«È difficile per me costruire un rapporto sulle ceneri di un altro. Se penso che questa dispersione, questo ritardo nel crescere, ha complicato così tanto le cose, perché cascarci di nuovo? Ma non mi nascondo dietro ai miei propositi, resto in contatto con quello che mi circonda e che mi ispira. Se troverò una persona, bene. Altrimenti, pace».
Parlando di ispirazione: da dove viene il suo Cyrano? 
«Ho deciso di debuttare come regista teatrale perché, da ragazzino, ascoltavo la musica di Keith Jarrett e sognavo di avere, un giorno, un pubblico a cui regalare le emozioni che mi dava lui. Con il tempo ho capito che, facendo l’attore, è impossibile: non sei un solista, devi fare i conti con le scelte di altri. La regia è per me ciò che più si avvicina alla musica: avere la possibilità di comunicare la mia idea di amore, di donna, di poesia. Mi dispiace solo che a farne le spese saranno gli spettatori».
Prima la vedremo al cinema, nel nuovo film di Pappi Corsicato, nella parte di un chirurgo plastico. 
«E’ una commedia che racconta l’insensatezza della nostra società, tutta basata sull’esteriorità e sul falso mito della bellezza».
E sua partner è la bellissima Laura Chiatti.
«Pappi mi ha voluto biondo proprio per creare una certa somiglianza con lei. Interpreta mia moglie, conduttrice di un programma di chirurgia estetica dove io, in studio, opero i pazienti. Un giorno però viene sostituita, le viene detto che il suo volto ha stancato. E quasi contemporaneamente, ha un incidente in cui rimane sfigurata. Un evento drammatico che potrebbe essere per loro l’occasione di ritrovarsi, di rinsavire, e che invece li spingerà su una strada ancora più insensata, senza ritorno».
Conosceva già la Chiatti? 
«No, e mi ha affascinato molto. E’ una persona consapevole di sé. In quasi due mesi, penso di non averla mai vista con le scarpe basse. E se qualcuno la giudica, invece di chiudersi si apre due volte di più».
C’era feeling. E lei era già single.
«Sul set sono concentrato sul lavoro: pensi che con Vittoria abbiamo recitato un anno e mezzo insieme prima che succedesse qualcosa. E poi con Laura ci siamo spassionatamente scontrati».
Prego? 
«Mi ha dato del maschilista. Io ho questo modo di relazionarmi molto diretto e sbrigativo, anche sul set, anche con le colleghe oltre che con i colleghi, e lei l’ha notato. Mi ha fatto riflettere, mi ha spinto a prestare più attenzione e ad avere più delicatezza nei confronti di una donna. Era la seconda volta in pochi mesi che ricevevo una “lezione” da una collega».
Chi è l’altra?
«Anna Valle. Abbiamo fatto insieme Amore e vendetta, un titolo che suona come una beffa, visto che ero nel periodo peggiore della mia storia sentimentale. Povera Anna, non mi ha conosciuto al mio meglio. Che donna, e che bellezza: a volte restavo a guardarla a bocca aperta. Un giorno, poi, dovevamo girare la scena del rapimento di nostro figlio, io ero stanco, distaccato, per la prima volta non riuscivo a seguirla. Allora mi ha portato fuori, mi ha abbracciato come pensavo solo io avrei potuto fare – credi sempre di essere tu la parte attiva nelle situazioni – e mi ha trasmesso una grande forza. Poi mi ha guardato dritto negli occhi e spiegato la scena che avrei dovuto fare. Mi ha imposto di essere presente a me stesso e di dare il meglio».
A proposito di vendetta: è nel suo carattere? 
«No. Non porto rancore».
Però in questa storia, se uno si limita a guardare le foto che sono uscite, la figura del cattivo la fa lei: la vittima sembra Vittoria. 
«Vorrei dirlo una volta per tutte: i fatti raccontati in questi ultimi due anni dai giornali non corrispondono a verità, neppure nella cronologia. Se uno pensa di potersi fare un’idea della verità guardando solo la superficie, si sbaglia. È come se, analizzando i ruoli che io e lei abbiamo recitato nei nostri film, si facessero delle deduzioni: i miei sono tutti uomini consapevoli dei propri errori, che si mettono in discussione e cercano di migliorarsi; i suoi, quasi solo donne che, a un certo punto, tradiscono».
Che cosa vuole dire? Che la Puccini ha messo in quei personaggi qualcosa di sé? 
«Se così fosse, speriamo allora che finisca come in Baciami ancora. Con la famiglia che trionfa».
Le è capitato di essere geloso dei compagni di set di Vittoria?
«Sì. Da questo punto di vista di vista sono come il più ingenuo degli spettatori: credo a tutto quello che le storie raccontano».
Anche il suo essere espansivo lo attribuisce a un eccesso di ingenuità?
«Sicuramente. Ma oggi mi chiedo: è giusto essere così espansivi?».
Si può cambiare a 40 anni? 
«Se sei infelice, sì che si può».

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