da: Il Fatto Quotidiano
Ora
Renzi scarica i precari e si compra i professori
Restano
gli scatti di anzianità, arrivano 200 milioni aggiuntivi al “merito” e pure 41
euro al mese per spese culturali. Le assunzioni, invece, calano
di
Marco Palombi
Alla fine quel che conta è che ci sia
l’effetto annuncio, qualcosa da comunicare. E pure stavolta c’è: 500 euro al
mese a tutti gli insegnanti in “spese culturali” che consentano la loro
formazione. Libri, musica, teatro, cinema. Tutto pur di nutrire lo spirito
degli uomini che hanno “la responsabilità dell’educazione dei nostri figli”. E
non solo: anche un deciso cambio di segno nelle alleanze con cui Matteo Renzi
cerca di costruire la sua riforma della scuola.
All’inizio il
premier puntò tutto sui precari contro il conservatorismo dei garantiti:
150mila assunti tra quelli delle graduatorie a esaurimento e gli idonei del
concorso 2012; chi è già in cattedra, invece, dovrà accettare di avere aumenti
quasi solo grazie al “merito”, che poi sarebbe la valutazione del preside
(“leader educativo” nella neolingua renziana).
Ora, dopo considerevoli venti di tempesta
arrivati dai sindacati della scuola, si cambia verso: gli assunti saranno solo
100mila e probabilmente solo
l’anno
prossimo, gli scatti di anzianità invece restano, i fondi per il merito
sono aggiuntivi (200 milioni a partire dal 2016) e arrivano pure i 500 euro
l’anno – o 41 al mese se preferite – per le spese culturali: è la “Carta del
professore” con cui comprare libri, musica, biglietti per il teatro e tutto
quanto possa servire alla “formazione” del docente. Curioso che sia la
stessa carta con cui tentò di accattivarsi i dipendenti della provincia di
Firenze nel 2008: “L’idea di fondo è consentire a ciascuna lavoratrice e
lavoratore di avere una card contenente una cifra fissa di 1.000 euro a testa.
Tale cifra potrà essere destinata ai corsi di formazione, ma anche all’acquisto
di libri, materiali multimediali, corsi di lingua, teatro e musica”, scrisse
all’epoca agli interessati. L'importo stavolta è la metà, ma
l’investimento non è piccolo: per circa 700mila insegnanti italiani servono
infatti 350 milioni l’anno (115 milioni per il 2015 visto che si parte da
settembre). Il messaggio, comunque, è arrivato a destinazione. La Uil, ad
esempio, che aveva iniziato una campagna contro la sostanziale abolizione degli
scatti di anzianità, ieri col suo segretario Carmelo Barbagallo, ha subito
capito che il vento è cambiato e lodato il provvedimento, anche se rimangono
“le criticità sui precari”. Il resto sono generici titoli che rischiano
però di avere un effetto devastante per la scuola pubblica italiana sul lungo
periodo.
Il primo punto che il premier cita in conferenza stampa è infatti
“l’autonomia vera”, cioè “la personalità giuridica” delle singole scuole, che
serve a varie cose. In primo luogo il preside diventa il
dominus o meglio il manager della scuola: potrà ad esempio scegliere gli
insegnanti “a chiamata diretta”, per così dire, da un apposito albo
territoriale. In renzese, “il leader educativo potrà scegliersi la sua squadra
per realizzare i Piani dell’offerta formativa”. Non solo: la
personalità giuridica gli consentirà di raccogliere donazioni (lo school bonus
le defiscalizza generosamente) e sollecitare il 5 per mille da alunni ed ex
alunni. Ovviamente questo avrà effetti diversi a seconda del quartiere o della
zona d’Italia in cui si trova la scuola: evangelicamente si potrebbe dire che a
chi ha sarà dato.
Non manca, ovviamente, la trasparenza:
curricula degli insegnanti online (chissà perché) e pure i bilanci delle
singole scuole. Poi, anche se non viene specificato come, Renzi sostiene che
ovviamente il preside (o “leader educativo”) dovrà “rispondere dei risultati”. L’altra
parola d’ordine su cui punta palazzo Chigi è “mai più classi pollaio”: il
premier, in conferenza stampa, ha fatto discendere questo meraviglioso futuro
dalla definizione del cosiddetto “organico funzionale”, anche se non si capisce
bene come l’uno influenzi l’altro. Nessuna sorpresa, invece, sulle scuole
paritarie, che incassano senz’altro quanto chiedevano: detrazioni fiscali per
chi iscrive i propri figli alle scuole private, ma solo per elementari e medie
(lo sconto per l’iscrizione all’asilo esiste già e vale fino a 120 euro al
massimo). Siccome gli studenti interessati -
secondo i dati del Miur – sono oltre 250 mila, per garantirgli lo stesso
trattamento delle materne servono oltre 30 milioni di euro l’anno, prelevati
dalla fiscalità generale come pure la quota delle paritarie su school bonus e 5
per mille (a non dire dei finanziamenti diretti). Sulla Costituzione continua a
esserci scritto “senza oneri per lo Stato”, ma forse è solo un consiglio.
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