giovedì 26 marzo 2015

Davide Vecchi: L’intoccabile. Matteo Renzi. La vera storia / 2



I conti in tasca al Comune
La reazione di Renzi alle critiche è il silenzio. Non ribatte quasi mai. E lascia che finisca tutto nel dimenticatoio. Del resto è circondato da una corte che nel tempo prende sempre più le sembianze di quella che attornia Berlusconi. Yes men sempre pronti a obbedire a qualsiasi comando, a venerare il capo. Una delle tante similitudini emerse tra il signore di Rignano e il re di Arcore.
Ciò che decide è legge, almeno per il suo esercito. Tutto ruota attorno a lui, come l’universo copernicano intorno al Sole. Il partito non esiste più: il sindaco può prescindere dal Pd, grazie a una personalissima struttura di cui è re indiscusso, incontrastato e incontrastabile. Ormai dispone di una cassaforte privata, l’associazione Link, che raccoglie fondi da amici e sostenitori e alla quale può attingere liberamente senza chiedere niente a nessuno.
Sul piano della comunicazione punta sui proclami. «Abbiamo ridotto le spese» è una delle frasi pronunciate con più frequenza da Matteo Renzi negli anni a cavallo tra il 2011 e il 2013, quando, in dibattiti televisivi o pubblici, illustra i suoi successi da sindaco a Palazzo Vecchio: tagli del personale, delle sedi, dei privilegi. L’immagine è quella di un Robin Hood anticasta che toglie ai politici per restituire ai cittadini, ma non corrisponde propriamente al vero.
A metà del 2012 la Corte di conti invia a Palazzo Vecchio i rilievi sull’assestamento di bilancio. Come previsto da Fantoni, il patto di stabilità non
potrà essere rispettato e la spesa per il personale aumenta. In particolare, rispetto all’amministrazione precedente, sono cresciute le spese per i contratti a termine. La relazione finale boccia il bilancio del Comune, ritenendolo «contrario ai principi di sana gestione, e denota il permanere di una situazione di precarietà finanziaria», sottolineando una «reiterata irregolarità contabile».
E’ vero che, rispetto alla giunta Domenici, Renzi ha ridotto il numero e i costi degli assessori e ha dimezzato l’esborso per il compenso della giunta, portandolo da 4,8 a 1,8 milioni. In compenso, però, ha raddoppiato quelle dei cosiddetti «articoli 110», le assunzioni a chiamata. Per questi tipi di contratto la giunta Domenici aveva speso 4,7 milioni in cinque anni, contro i 6,2 in quattro anni della giunta Renzi. Poi ci sono i cosiddetti «ex articoli 90», cioè i collaboratori di solito assunti a termine. E qui Renzi spende molto di più di Domenici. L’ex sindaco, in cinque anni, ne coinvolge 23, pagandoli in tutto quasi cinque milioni, mentre Renzi arriva a quota 53, spendendo in quattro anni sei milioni. I suoi collaboratori sono più fortunati degli altri perché si vedono riconoscere anche dei bonus indicati come «indennità comparto» e «indennità di coordinamento», e pure gli straordinari, a cui non avrebbero diritto perché nel loro contratto è già previsto un’indennità omnicomprensiva. Non si tratta di somme di poco conto. Per esempio Luca Lotti, assunto nella segreteria di Renzi, nel 2010 percepisce uno stipendio di 26.500, un’indennità ad personam di 18.500 euro, un’indennità comparto di 622 e 9000 di straordinari. I  pagamenti continuano per tutto il 2011, finchè il caso non diventa oggetto di un’interrogazione. A presentarla non sono i membi dell’opposizione, ma i consiglieri di Sel e delle liste civiche inizialmente collegare alla maggioranza renziana. 

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