«Sono almeno due mesi che richiedo la tua
attenzione su una serie di questioni importanti e urgenti. Ti ho sollecitato
più volte personalmente a voce, mediante sms e attraverso il tuo capo di
gabinetto» scrive Fantoni. «Non è concepibile che tu non riesca a dedicare il
tempo utile e non reputi necessario un confronto di approfondimento su
questioni strategiche. In questi mesi, poco compatibilmente con la mia idea di
dignità personale, ti ho letteralmente rincorso e solo nell’interesse
dell’amministrazione mi sono ridotto a parlarti del consuntivo di bilancio per
non più di un minuto, mentre ti lavavi i denti in bagno. Un tempo inferiore a
quello che si impiega a scrivere un post su Facebook.»
La lettera restituisce l’immagine di un
sindaco sempre più proiettato all’esterno, incuranti delle questioni che
contano davvero: «Tu sai che ci sono cose importanti che dobbiamo affrontare e
che necessitano di una seria attenzione. Ci sono rischi concreti sulla tenuta
dei conti del Comune se non attuiamo un percorso virtuoso e rigoroso della
gestione, soprattutto in riferimento al rispetto
degli obiettivi di patto di stabilità interno. Sono cose che conosci. Materia di cui hai parlato in trasmissioni televisive nazionali e sulla stampa, richiamando anche alcuni numeri del bilancio di Firenze ma rispetto ai quali, nei fatti, rifiuti un confronto e di conseguenza l’assunzione di una serie di scelte, oserei dire di responsabilità. Con te non si riesce a parlare. Evidentemente hai altri impegni, ma la sicurezza e il futuro della città di Firenze credo costituiscano una priorità».
degli obiettivi di patto di stabilità interno. Sono cose che conosci. Materia di cui hai parlato in trasmissioni televisive nazionali e sulla stampa, richiamando anche alcuni numeri del bilancio di Firenze ma rispetto ai quali, nei fatti, rifiuti un confronto e di conseguenza l’assunzione di una serie di scelte, oserei dire di responsabilità. Con te non si riesce a parlare. Evidentemente hai altri impegni, ma la sicurezza e il futuro della città di Firenze credo costituiscano una priorità».
Prima di scrivere questa lettera, Fantoni
aveva mandato a Renzi una nota scritta, sollecitando un incontro con i tecnici
delle risorse finanziarie. «Non c’è stata alcuna risposta, anzi, stai continuamente
rilanciando, in una logica che semmai aumenta il rischio che il Comune in un
prossimo futuro possa trovarsi in guai seri. L’unica preoccupazione sembra
essere quella di fare nuove inaugurazioni, quella di annunciare e approvare in
giunta nuovi investimenti. Cosa bellissima, se non rischiassimo seriamente di
ipotecare il futuro della nostra città e di non avere, l’anno prossimo o quello
ancora dopo, le risorse per garantire i servizi fondamentali.» E se lo dice
l’assessore al Bilancio, magari qualcosa di vero c’è.
Fantoni è preoccupato, tra l’altro, per le
conseguenze del probabile sforamento del patto di stabilità: «Se non si cambia
rotta, porterai il Comune senza ponderazione, condivisione e informazione al
consiglio comunale, a non rispettare quei vincoli, quindi, in virtù delle
sanzioni previste, a un possibile dissesto finanziario. Forse alla fine andrà
tutto bene, magari arriverà una revisione dei criteri e dei vincoli di patto,
ma su questo fronte io non sono disponibile a giocare d’azzardo! Non sono soldi
miei e nemmeno tuoi».
C’era già chi conosceva il decisionismo di
Renzi, ma Fantoni l’aveva vissuto sulla sua pelle. E lo mette nero su bianco:
«Sei il sindaco, ma questo non giustifica qualsiasi atteggiamento. Il sindaco
ha piena facoltà di ritirare le deleghe, se lo ritiene, ma non ha alcun diritto
di mortificare un ruolo e una funzione istituzionale e tantomeno di creare
cortocircuiti amministrativi che finiscono per compromettere l’attività di
servizio alla città».
Fantoni intuisce le vere intenzioni di
Renzi: «Io sono persuaso che certe dinamiche tu le metta in atto perché sono
funzionali a un progetto di esaltazione e promozione della tua immagine. Potrei
sbagliarmi, ma non credo. L’immagine di una giunta mediocre, penso alla pagella
che la stampa ti ha attribuito (un sei più di incoraggiamento), credo che alla
maggior parte dei lettori restituisca l’idea che se non fosse per te non
funzionerebbe nulla. Eppure la questione si può vedere in tutt’altri termini.
Forse il problema non sono i tuoi assessori, ma tu che li scegli». E anche se
la scelta spetta al sindaco, «non vuol dire che siano assimilabili a personale
di servizio. Sono servitori della cosa pubblica e non servitù personale; sono
persone che devono garantire un servizio alla collettività e non cortigiani».
Dunque Fantoni lamenta la scarsa libertà di
azione, oltre che l’assenza totale di confronto. Se Renzi fa il principe, lui
non vuole essere cortigiano. In niente, neppure nella comunicazione. Scrive
infatti, sempre sul ruolo degli assessori: «Non è previsto in nessun modo, per
esempio, che la loro funzione sia quella della velina. Mi dispiace che tu abbia
reagito negativamente, così mi è stato riferito, ma io i comunicati stampa li
scrivo o li condivido. Non li firmo se non sono certo di cosa dico e non lo
faccio perché me lo ordina direttamente o indirettamente il sindaco.
Soprattutto quando si tratta di questioni particolarmente delicate che sono
all’onore delle cronache perché richiamano, direttamente o indirettamente,
questioni come la scarsa trasparenza di finanziamenti elettorali».
La lettera è un’accusa al renzismo nel suo
complesso, al decisionismo, ai metodi da signorotto, all’abisso tra le parole e
i fatti: «Credo che un politico debba certamente lavorare perché attorno alle proprie
idee si crei consenso, ma tutto ciò deve avvenire senza abdicare all’obbligo di
credibilità e veridicità» prosegue Fantoni. E si spiega con un esempio: «Credo
che sia giusto abolire le cosiddette auto blu, ma permettimi di manifestare
tutta la mia perplessità quando ciò avviene per gli altri e non per se stessi.
Credo che tu abbia diritto a utilizzare un'auto del Comune (non so bene quante
siano quelle a tua disposizione) e un autista, ma allora credo sia altrettanto
d’obbligo evitare la demagogia e la retorica dell’antipolitica».
C’è anche un passaggio sulla comunicazione
mediatica e sulle conseguenze negative che potrebbe avere: «Noi non lavoriamo
per una televisione e allora non si può continuare a temere che qualsiasi cosa
ti venga detta rischi di finire su Twitter ancora prima di aver finito di
parlare, ammesso che uno riesca a parlarti. So che ti sei lamentato perché non
comunicavo o non ti avevo segnalato i primi risultati delle attività contro
l’evasione. Non l’ho fatto perché sono una persona seria. I primi dati
meritavano un approfondimento, e non mi sbagliavo, perché infatti non erano
corretti. Credo che comunicare in quell’ambito sia utile anche al fine di
produrre effetti deterrenti, ma non sono favorevole quando, allo scopo
legittimo di fare una buona figura con la stampa, si rischia di compromettere
l’azione, in questo caso di investigazione e di accertamento. Ti interessa
verificare come funzionano le cose o l’unico problema è la campagna elettorale
permanente?».
Le conclusioni di Fantoni sembrano la
sintesi definitiva dell’ascesa renziana. «Noi, cittadini, abbiamo bisogno di
rigore e serietà. Evito di entrare nel dettaglio. Mi limito a dire che c’è una
grande differenza tra visione e suggestione. La prima è la base su cui fondare
delle politiche concrete, l’altra è la base utile per produrre tanto fumo e
distrarre dalla realtà.»
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