da: Il Fatto Quotidiano
Scuole, 8 su 10 a rischio
chiusura
Da
Sud a Nord non cambia. A Napoli su 2.000 complessi scolastici almeno 1.300
necessiterebbero di interventi di ristrutturazione, in 400 ci sono tracce di
amianto
di
Emiliano Liuzzi con Annalisa Dall’Oca, Vincenzo Iurillo e
Thomas Mackinson
Perché sulla carta la parola funziona
sempre: “Una visita alla settimana”, disse Matteo Renzi appena proclamato
presidente del consiglio. Poi lo hanno visto poco, un paio di volte,
ovviamente. Stessa sorte i suoi ministri. Il governo aveva già data per cosa
fatta anche l’assunzione degli insegnanti precari, ma la discussione viene
rinviata e loro, quelli che a parole erano già assunti, restano lì ad
aspettare. Benvenuti nel mondo della scuola, più grande disastro che non fiore
all’occhiello. Non che manchino le eccellenze (poche), ma in alcune classi ci
sono ancora i banchi di quarant’anni fa, quelli verdi e col buco. A volte
sono messi anche peggio.
Mancano gli insegnanti, le barriere
architettoniche resistono, gli insegnanti non ci sono e i primi a mancare sono
quelli per il sostegno dei bambini con minori
abilità. Per non parlare delle
strutture, quasi mai a norma, soprattutto antisismica. L’80 per cento delle
scuole, se la legge venisse applicata alla lettera, verrebbero chiuse dalla
sera alla mattina. Se facciamo un totale degli istituti si scopre che il 60 per
cento è stato costruito prima del 1974, quando vennero varate le leggi sui
criteri antisismici. E parliamo di una popolazione, quella studentesca, che
conta 7.830.650 divisi in 370mila classi sparse in circa 42mila scuole, e
778.736 docenti. Numeri certi sono solo questi perché il Ministero
dell’Istruzione si guarda bene dall’effettuare un censimento su quelli che sono
i bisogni elementari e che non esistono: strutture, ovvio, ma anche
biblioteche, palestre, sedie e banchi, lavagne, personal computer (una rarità)
aule attrezzate.
Prendiamo l’Emilia Romagna. Aule nei
container, istituti non a norma dal punto di vista sismico, pochi soldi e ancor
meno insegnanti.
La
campanella nei container
Nel maggio del 2012 le scosse sismiche
devastarono 2.800 chilometri quadrati di scuole, case e fabbriche. A quasi tre
anni di distanza dalla prima scossa, quella del 20 maggio ci sono ancora quelli
che la mattina vanno a scuola in un container, o modulo provvisorio, dove le
aule sono scatole accostate l’una all’altra, e l’unica consolazione è che il
terremoto non potrà buttarle giù. Gli studenti dell’Ita Ignazio Calvi di Finale
Emilia, sono al loro terzo anno scolastico nelle baracche, e così i ragazzi
delle superiori Galilei di Mirandola, e i bambini iscritti alle primarie
Sorelle Luppi di Solara, a Bomporto. Che prima di rivedere una scuola vera
dovranno probabilmente, e se tutto va bene, aspettare il prossimo anno. Non va
meglio, comunque, agli studenti dell’Emilia non terremotata, che pur con la
possibilità di usufruire di scuole non provvisorie, sono spesso iscritti in
istituti che non sono adeguati dal punto di vista della normativa antisismica.
“Molte scuole in Regione sono state costruite negli anni Cinquanta, alcune anche
molto prima, arriviamo fino al Cinquecento, come il liceo Galvani di Bologna, e
sarebbe complicato valutare come intervenire”, spiega l’assessore alla Scuola
dell’Emilia Romagna, Patrizio Bianchi. Dati precisi non ne ha, Bianchi, gli
ultimi li fornì dopo il terremoto il Movimento 5 Stelle, secondo cui l’80 per
cento delle scuole della regione all’epoca non era antisismico. Tecnicamente,
quindi, non agibile. “Fino al 2005 l’Emilia Romagna non era nemmeno interessata
dalla classificazione sismica, quindi i requisiti per costruire erano diversi”.
E oggi, pur con le nuove prescrizioni normative, intervenire costa. La Regione
spera di vedersi stanziare dallo Stato 70 milioni di euro, che verrebbero spesi
per l’adeguamento antisismico, ma anche per costruire nuove scuole e ampliare
quelle già esistenti, che le aule, in molti istituti, con gli studenti che
aumentano annualmente, in media, di 9.000 – 10.000 unità, non bastano. “Vedremo
cosa deciderà Roma”, conclude Bianchi. Resta poi il problema insegnanti. “Non
ci sono abbastanza docenti in Emilia Romagna, né insegnanti di sostegno”,
spiega Raffaella Morsia, segretario della Flc Cgil regionale, “così abbiamo
aule sovraffollate, e ragazzi disabili assistiti a scuola solo per un numero
limitato di ore. Una situazione insostenibile”.
Vedi
Napoli e stenti a crederci
I dati sfornati dal sindacato Uil sono
avvilenti anche in Campania. Sui circa 2000 complessi scolastici della
provincia di Napoli, almeno 1300 necessiterebbero di interventi di
ristrutturazione radicale, in 400 ci sarebbero ancora tracce di amianto, uno su
dieci non è adeguato alle normative antisismiche. “Numeri da edilizia post
bellica”, commenta amaro il segretario generale Uil scuola in Campania
Salvatore Cosentino in una videoinchiesta di Fanpage. Per riparare questo
sfascio, solo per la città di Napoli occorrerebbero 25 milioni di euro
annui fino al 2018. Per la Campania occorrerebbe un miliardo di euro. Sono
stati stanziati “solo” 183 milioni e funzioneranno tutt’al più come tampone. Un
riparto che prevede 171,3 milioni di euro (3.669 progetti) per la piccola
manutenzione; 3,304 milioni (7 progetti) per la messa in sicurezza delle
scuole, la rimozione dell’amianto e delle barriere architettoniche; 8,3 milioni
di euro (7 progetti) per la realizzazione di nuove scuole. Il rapporto del
Centro Studi Ance di Salerno fornisce notizie ancora più inquietanti: in
Campania gli edifici scolastici esposti a un elevato rischio sismico sono
4.872, mentre quelli a elevato rischio idrogeologico sono 1.017. Le scuole
campane a rischio sismico rappresentano il 20,2% del totale nazionale; quelle a
rischio idrogeologico il 16,3%.
E non c’è bisogno di andare in periferia:
basta farsi una passeggiata per il centro di Napoli per trovare istituti
storici – il liceo Sannazzaro, il Gianbattista Vico, il
Conservatorio – transennati e cantierati fino a costringere
gli studenti a fare complicati slalom per accedere alle classi. A Salerno le
cose non vanno molto meglio: a gennaio è crollato il soffitto di un’aula
dell’Istituto Giovanni XXIII, per fortuna era notte e non si è fatto male
nessuno. L’edificio non era incluso tra quelli da restaurare secondo il nuovo
piano del governo. E pochi giorni fa è crollato il soffitto della mensa della
scuola elementare Aldo Moro di Vallo della Lucania: i bambini ora mangiano i
panini in classe. Situazioni difficili. E ascendere verso sud la situazione non
fa che peggiorare fino a raggiungere risultati da record negativi in Sicilia e
in Sardegna dove il problema, oltre alla scuola è l’alfabetizzazione e
l’abbandono scolastico.
Giù
al Nord non c’è da sorridere
L’operazione
scuola di Renzi un anno fa è partita dall’istituto Colletti di Treviso, nel cuore del Nordest produttivo. Bastava però andare 50 km più in là, a Fiume Veneto, per trovarne uno tanto
decrepito che è stato poi chiuso per
pericolo di crollo. Sbaglia, dunque, chi pensa che le regioni
settentrionali siano messe tanto meglio che altrove. Sopra l’Emilia si contano
13.415 scuole, un terzo sono concentrate nella sola Lombardia (5.272), seguono
Piemonte (3.217) e Veneto (2.948), Liguria e Friuli ne hanno un migliaio
ciascuna. E come stanno? Non benissimo, stando al riparto dei fondi per la
messa a norma e la manutenzione.
La Lombardia conta 1,1 milioni di
alunni e con 160 milioni di euro è in cima alla classifica per investimento
pubblico: 82 per i problemi di sicurezza degli stabili, 10 per la manutenzione,
67 per la costruzione di nuove scuole che mettano fine al problema delle
“classi pollaio” con più di 30 alunni. La difficoltà è nei numeri: 1.182.000
alunni, 107.703 docenti, 29.406 personale non docente (Ata). “Gli alunni sono
aumentati gli organici no”, spiega il segretario della Flc-Cgil, Tobia
Testori.. “Assistiamo a un aumento spropositato degli studenti per classe
mentre la riduzione del personale tecnico-amministrativo sta mettendo a rischio
vigilanza, assistenza e pulizia”. Entrando a scuola si scopre che nella
“regione dell’eccellenza”, così la chiamava il suo ex governatore, regna uno
stato d’agitazione permanente. Se restringiamo il campo alla Provincia di
Milano 94 scuole sono ancora prive di un dirigente scolastico, i sindacati
milanesi lamentano una “grave carenza di personale Ata negli istituti con più
plessi, a rischio sicurezza, igiene e vigilanza”. Tante polemiche sulle classi
con troppi “immigrati”, ma è mancata a tutt’oggi l’assegnazione di gran parte
dei posti di sostegno all’integrazione degli stranieri. Il personale
specializzato sul sostegno nel primo ciclo dell’istruzione è sotto di 500
posti. Il governo promette di stabilizzare i precari, ma nel milanese il
personale docente e Ata registra una scopertura del 40% dei posti. Servono
ancora tanti soldi. La “buona scuola”, su al Nord, non è scontata.
Ultimi
crolli in aula
In questo caos numerico non sono mancati
gli incidenti. Il distacco dell’intonaco nella scuola di Pescara pochi giorni
fa fa ha causato ferimento di tre studenti, e non è che l’ennesimo
incidente provocato dalle condizioni delle strutture. Il mese scorso, l’8
gennaio, era crollato l’intonaco di un soffitto in un asilo in Lombardia
ferendo sette bambini. Un incidente avvenuto a distanza esattamente di un anno
dalla disgrazia accaduta in un liceo di Lecce, l’8 gennaio del 2014, quando uno
studente morì a scuola per la caduta in un pozzo di luce causata dal cedimento
di una grata. E’ stato questo uno degli episodi più gravi degli ultimi anni,
tra gli incidenti a scuola, come quello del liceo Darwin di Torino dove nel
2008, a seguito del crollo di un controsoffitto, rimase ucciso uno studente di
17 anni e altri 17 furono feriti. Proprio qualche giorno fa la Cassazione aveva
confermato le sei condanne, tre a carico di funzionari della Provincia di
Torino e tre per gli insegnanti per il crollo del soffitto al liceo Darwin di
Rivoli. Ma sono innumerevoli gli incidenti, anche di lieve entità, che nel
corso degli anni hanno creato disagio e portato alla chiusura delle scuole che
poi non sono mai state riaperte. Molte promesse. Come quella del giovane
presidente del consiglio: una scuola alla settimana.
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