martedì 3 marzo 2015

Le slide di Renzi, “se riparte la scuola riparte l’Italia”: 8 su 10 rischiano la chiusura



da: Il Fatto Quotidiano

Scuole, 8 su 10 a rischio chiusura
Da Sud a Nord non cambia. A Napoli su 2.000 complessi scolastici almeno 1.300 necessiterebbero di interventi di ristrutturazione, in 400 ci sono tracce di amianto
di Emiliano Liuzzi con Annalisa Dall’Oca, Vincenzo Iurillo e Thomas Mackinson

Perché sulla carta la parola funziona sempre: “Una visita alla settimana”, disse Matteo Renzi appena proclamato presidente del consiglio. Poi lo hanno visto poco, un paio di volte, ovviamente. Stessa sorte i suoi ministri. Il governo aveva già data per cosa fatta anche l’assunzione degli insegnanti precari, ma la discussione viene rinviata e loro, quelli che a parole erano già assunti, restano lì ad aspettare. Benvenuti nel mondo della scuola, più grande disastro che non fiore all’occhiello. Non che manchino le eccellenze (poche), ma in alcune classi ci sono ancora i banchi di quarant’anni fa, quelli verdi e col buco. A volte sono messi anche peggio.

Mancano gli insegnanti, le barriere architettoniche resistono, gli insegnanti non ci sono e i primi a mancare sono quelli per il sostegno dei bambini con minori
abilità. Per non parlare delle strutture, quasi mai a norma, soprattutto antisismica. L’80 per cento delle scuole, se la legge venisse applicata alla lettera, verrebbero chiuse dalla sera alla mattina. Se facciamo un totale degli istituti si scopre che il 60 per cento è stato costruito prima del 1974, quando vennero varate le leggi sui criteri antisismici. E parliamo di una popolazione, quella studentesca, che conta 7.830.650 divisi in 370mila classi sparse in circa 42mila scuole, e 778.736 docenti. Numeri certi sono solo questi perché il Ministero dell’Istruzione si guarda bene dall’effettuare un censimento su quelli che sono i bisogni elementari e che non esistono: strutture, ovvio, ma anche biblioteche, palestre, sedie e banchi, lavagne, personal computer (una rarità) aule attrezzate. 
Prendiamo l’Emilia Romagna. Aule nei container, istituti non a norma dal punto di vista sismico, pochi soldi e ancor meno insegnanti.  

La campanella nei container
Nel maggio del 2012 le scosse sismiche devastarono 2.800 chilometri quadrati di scuole, case e fabbriche. A quasi tre anni di distanza dalla prima scossa, quella del 20 maggio ci sono ancora quelli che la mattina vanno a scuola in un container, o modulo provvisorio, dove le aule sono scatole accostate l’una all’altra, e l’unica consolazione è che il terremoto non potrà buttarle giù. Gli studenti dell’Ita Ignazio Calvi di Finale Emilia, sono al loro terzo anno scolastico nelle baracche, e così i ragazzi delle superiori Galilei di Mirandola, e i bambini iscritti alle primarie Sorelle Luppi di Solara, a Bomporto. Che prima di rivedere una scuola vera dovranno probabilmente, e se tutto va bene, aspettare il prossimo anno. Non va meglio, comunque, agli studenti dell’Emilia non terremotata, che pur con la possibilità di usufruire di scuole non provvisorie, sono spesso iscritti in istituti che non sono adeguati dal punto di vista della normativa antisismica. “Molte scuole in Regione sono state costruite negli anni Cinquanta, alcune anche molto prima, arriviamo fino al Cinquecento, come il liceo Galvani di Bologna, e sarebbe complicato valutare come intervenire”, spiega l’assessore alla Scuola dell’Emilia Romagna, Patrizio Bianchi. Dati precisi non ne ha, Bianchi, gli ultimi li fornì dopo il terremoto il Movimento 5 Stelle, secondo cui l’80 per cento delle scuole della regione all’epoca non era antisismico. Tecnicamente, quindi, non agibile. “Fino al 2005 l’Emilia Romagna non era nemmeno interessata dalla classificazione sismica, quindi i requisiti per costruire erano diversi”. E oggi, pur con le nuove prescrizioni normative, intervenire costa. La Regione spera di vedersi stanziare dallo Stato 70 milioni di euro, che verrebbero spesi per l’adeguamento antisismico, ma anche per costruire nuove scuole e ampliare quelle già esistenti, che le aule, in molti istituti, con gli studenti che aumentano annualmente, in media, di 9.000 – 10.000 unità, non bastano. “Vedremo cosa deciderà Roma”, conclude Bianchi. Resta poi il problema insegnanti. “Non ci sono abbastanza docenti in Emilia Romagna, né insegnanti di sostegno”, spiega Raffaella Morsia, segretario della Flc Cgil regionale, “così abbiamo aule sovraffollate, e ragazzi disabili assistiti a scuola solo per un numero limitato di ore. Una situazione insostenibile”.   

Vedi Napoli e stenti a crederci
I dati sfornati dal sindacato Uil sono avvilenti anche in Campania. Sui circa 2000 complessi scolastici della provincia di Napoli, almeno 1300 necessiterebbero di interventi di ristrutturazione radicale, in 400 ci sarebbero ancora tracce di amianto, uno su dieci non è adeguato alle normative antisismiche. “Numeri da edilizia post bellica”, commenta amaro il segretario generale Uil scuola in Campania Salvatore Cosentino in una videoinchiesta di Fanpage. Per riparare questo sfascio, solo per la città di Napoli occorrerebbero 25 milioni di euro annui fino al 2018. Per la Campania occorrerebbe un miliardo di euro. Sono stati stanziati “solo” 183 milioni e funzioneranno tutt’al più come tampone. Un riparto che prevede 171,3 milioni di euro (3.669 progetti) per la piccola manutenzione; 3,304 milioni (7 progetti) per la messa in sicurezza delle scuole, la rimozione dell’amianto e delle barriere architettoniche; 8,3 milioni di euro (7 progetti) per la realizzazione di nuove scuole. Il rapporto del Centro Studi Ance di Salerno fornisce notizie ancora più inquietanti: in Campania gli edifici scolastici esposti a un elevato rischio sismico sono 4.872, mentre quelli a elevato rischio idrogeologico sono 1.017. Le scuole campane a rischio sismico rappresentano il 20,2% del totale nazionale; quelle a rischio idrogeologico il 16,3%. 
E non c’è bisogno di andare in periferia: basta farsi una passeggiata per il centro di Napoli per trovare istituti storici   – il liceo Sannazzaro, il Gianbattista Vico, il Conservatorio   – transennati e cantierati fino a costringere gli studenti a fare complicati slalom per accedere alle classi. A Salerno le cose non vanno molto meglio: a gennaio è crollato il soffitto di un’aula dell’Istituto Giovanni XXIII, per fortuna era notte e non si è fatto male nessuno. L’edificio non era incluso tra quelli da restaurare secondo il nuovo piano del governo. E pochi giorni fa è crollato il soffitto della mensa della scuola elementare Aldo Moro di Vallo della Lucania: i bambini ora mangiano i panini in classe. Situazioni difficili. E ascendere verso sud la situazione non fa che peggiorare fino a raggiungere risultati da record negativi in Sicilia e in Sardegna dove il problema, oltre alla scuola è l’alfabetizzazione e l’abbandono scolastico. 

Giù al Nord non c’è da sorridere
L’operazione scuola di Renzi un anno fa è partita dall’istituto Colletti di Treviso, nel cuore del Nordest produttivo. Bastava però andare 50 km più in là, a Fiume Veneto, per trovarne uno tanto decrepito che è stato poi chiuso per pericolo di crollo. Sbaglia, dunque, chi pensa che le regioni settentrionali siano messe tanto meglio che altrove. Sopra l’Emilia si contano 13.415 scuole, un terzo sono concentrate nella sola Lombardia (5.272), seguono Piemonte (3.217) e Veneto (2.948), Liguria e Friuli ne hanno un migliaio ciascuna. E come stanno? Non benissimo, stando al riparto dei fondi per la messa a norma e la manutenzione.
La Lombardia conta 1,1 milioni di alunni e con 160 milioni di euro è in cima alla classifica per investimento pubblico: 82 per i problemi di sicurezza degli stabili, 10 per la manutenzione, 67 per la costruzione di nuove scuole che mettano fine al problema delle “classi pollaio” con più di 30 alunni. La difficoltà è nei numeri: 1.182.000 alunni, 107.703 docenti, 29.406 personale non docente (Ata). “Gli alunni sono aumentati gli organici no”, spiega il segretario della Flc-Cgil, Tobia Testori.. “Assistiamo a un aumento spropositato degli studenti per classe mentre la riduzione del personale tecnico-amministrativo sta mettendo a rischio vigilanza, assistenza e pulizia”. Entrando a scuola si scopre che nella “regione dell’eccellenza”, così la chiamava il suo ex governatore, regna uno stato d’agitazione permanente. Se restringiamo il campo alla Provincia di Milano 94 scuole sono ancora prive di un dirigente scolastico, i sindacati milanesi lamentano una “grave carenza di personale Ata negli istituti con più plessi, a rischio sicurezza, igiene e vigilanza”. Tante polemiche sulle classi con troppi “immigrati”, ma è mancata a tutt’oggi l’assegnazione di gran parte dei posti di sostegno all’integrazione degli stranieri. Il personale specializzato sul sostegno nel primo ciclo dell’istruzione è sotto di 500 posti. Il governo promette di stabilizzare i precari, ma nel milanese il personale docente e Ata registra una scopertura del 40% dei posti. Servono ancora tanti soldi. La “buona scuola”, su al Nord, non è scontata.  

Ultimi crolli in aula 
In questo caos numerico non sono mancati gli incidenti. Il distacco dell’intonaco nella scuola di Pescara pochi giorni fa fa ha causato ferimento di tre studenti, e non è che l’ennesimo incidente provocato dalle condizioni delle strutture. Il mese scorso, l’8 gennaio, era crollato l’intonaco di un soffitto in un asilo in Lombardia ferendo sette bambini. Un incidente avvenuto a distanza esattamente di un anno dalla disgrazia accaduta in un liceo di Lecce, l’8 gennaio del 2014, quando uno studente morì a scuola per la caduta in un pozzo di luce causata dal cedimento di una grata. E’ stato questo uno degli episodi più gravi degli ultimi anni, tra gli incidenti a scuola, come quello del liceo Darwin di Torino dove nel 2008, a seguito del crollo di un controsoffitto, rimase ucciso uno studente di 17 anni e altri 17 furono feriti. Proprio qualche giorno fa la Cassazione aveva confermato le sei condanne, tre a carico di funzionari della Provincia di Torino e tre per gli insegnanti per il crollo del soffitto al liceo Darwin di Rivoli. Ma sono innumerevoli gli incidenti, anche di lieve entità, che nel corso degli anni hanno creato disagio e portato alla chiusura delle scuole che poi non sono mai state riaperte. Molte promesse. Come quella del giovane presidente del consiglio: una scuola alla settimana.

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