venerdì 6 marzo 2015

Cinema: ‘Nessuno si salva da solo’




Nessuno si salva da solo: va in scena l’amore sporcato dall’odio
di Nadine Solano 


L’Italia è il Paese delle commedie, e ultimamente le commedie italiane stanno riprendendo quota: magari si farà ritorno al grande prestigio di un tempo, chissà. Però si sente la mancanza del dramma. Sono pochi a raccontare storie dure, crude, dense, doloranti e al contempo palpitanti. Uno di questi “pochi” è Sergio Castellitto, che traduce in copioni e poi immagini le opere della sua donna Margaret Mazzantini, scrittrice dal talento ruvido quanto innegabile. Oggi, 5 marzo, arriva nelle sale Nessuno si salva da solo: film diretto da lui e ispirato a un libro di lei. Incontro di anime e teste. I protagonisti sono Delia e Gaetano, interpretati rispettivamente da Jasmine Trinca e Riccardo Scamarcio. Che un tempo s’amavano tanto, con passione. Che si sono sposati, hanno fatto due figli. Che parevano anime gemelle nonostante l’estrazione sociale opporta: lei di famiglia ricca, lui di famiglia modesta e arrabbiata.
Solo che a un certo punto tutto è finito, anzi tutto si è trasformato in un grumo di rabbia, frustrazione, in un continuo rinfacciare e puntare il dito contro l’altro. Si sono separati, Delia e Gaetano, ma i contatti devono esserci per il bene dei bambini. Allora s’incontrano in un ristorante, a cena. E quello che dovrebbe essere un confronto fra genitori, quasi formale, presto diventa un fiume di emozioni e un viaggio nel passato alla ricerca dei perché. Nel bene e nel male. I flashback spiegano allo spettatore cos’è stato, com’è andata, e si alternano alle inquadrature relative al presente, agli sguardi che all’inizio sono freddi e poi man mano lasciano trasparire una fiamma che in fondo ancora non s’è spenta. Un sentimento che non si può reprimere tanto facilmente.


Protagonisti, Trinca e Scamarcio, in tutti i sensi. La scena è tutta per loro. Non ci sono praticamente altre figure su cui fissare lo sguardo, gli ambienti passano in secondo piano, è quasi come se il mondo esterno nemmeno ci fosse. Parlano. Parlano tanto. Troppo, per qualcuno. Ma il cinema di Castellitto è questo, un’analisi verbale e pochi virtuosismi, lo scavo anche se fa male, la potenza della gestualità e zero fronzoli. Un cinema non per tutti, certo. Un cinema non leggero ma che, invece, mira allo stomaco. Vuole stringerlo. Vuole spremere viscere e cuore. Il regista resta dunque fedele a se stesso e al sodalizio con la Mazzantini, che nelle sue pagine riesce a essere anche più dura e diretta.
La rabbia derivante dal fallimento di quest’unione viene espressa quasi con isteria, forse perché brucia e scotta la pelle. Eppure qualche brandello di speranza ancora c’è, resta solo da capire se possa dar vita a un nuovo tessuto caldo e compatto. Ma c’è la crisi con cui fare i conti. Che avvelena, che minaccia di togliere voglia e fantasia, che amplifica tutto. Quanti possono riconoscersi in questa storia? Tanti. Ed è questa la forza più grande del film.

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