lunedì 2 marzo 2015

Antonello Caporale: “L’invasione migrante, una grossa bufala”



da: Il Fatto Quotidiano
Gli sbarchi sono aumentati, ma non tutti gli stranieri vogliono fermarsi: solo 70 mila su 170 mila l’anno scorso. Nel 2011 Maroni, ministro leghista, previde 80 mila ingressi.

La realtà è solo ciò che appare. È unicamente quel che rimandano in circuito il web, la televisione, i giornali. Le foto di Lampedusa, i derelitti umani ripresi al largo delle coste, la massa disperata e imballata su gommoni di fabbricazione cinese che dopo tre miglia sono destinati all’inabissamento divengono il fondale della Grande Paura, cartellonistica pubblicitaria per frasi shock, sostegno visivo all’uso quotidiano di uno spot politico che sta facendo faville e merita di essere approfondito. Siamo invasi dagli immigrati, anzi: siamo all’apocalisse dei barconi. Nella torre di Matteo Salvini, che sabato svettava alta a piazza del Popolo, a Roma, i neri d’Africa e i musulmani d’Oriente stanno per cingerci al collo, toglierci la libertà, quel poco di prosperità che ci rimane. Il futuro, la democrazia e quel che segue sono a grave rischio. 
I numeri testimoniano un crollo degli arrivi: ma allora di cosa si sta parlando? L’anno scorso, che è pur sempre un anno assai carico di disgrazie e di arrivi, di morti in mare e di attraversamenti ancora annunciati, sono giunti sulle coste italiane – nelle condizioni che sappiamo – 170 mila migranti.


Sono giunti i vivi, perchè dei morti non abbiamo censimento esatto. Ed è vero che il numero degli sbarcati è quattro volte in più che nel 2013, oltre il doppio rispetto al 2012. Eppure prendendo in considerazione proprio quest’anno, il numero di arrivi risulta equivalente al numero dei permessi di soggiorno che nel solo 2007 il governo rilasciava attraverso i cosiddetti flussi. E i permessi vidimati erano almeno quattro volte in meno delle presenze stimate, delle richieste inoltrate, di immigrati clandestini già al lavoro da noi. Se poi dovessimo incolonnare le cifre di chi ad oggi è rimasto in Italia dopo lo sbarco, di coloro attualmente assistiti nelle diverse strutture d’accoglienza, dovremmo riconsiderare nettamente al ribasso la cifra iniziale perchè dei 170 mila sbarcati circa centomila sono i ripartiti. Ad oggi infatti le presenze censite arrivano a 67.034. Numero che risulta sconfitto dall’offerta che solo nel 2011 il ministero dell’Interno – lo guidava il leghista Roberto Maroni, anch’egli sul palco ieri a sventolare la bandiera della sovranità minacciata – rendeva disponibile per chi volesse regolarizzarsi. Ottantamila permessi di soggiorno nel relativo decreto flussi: 50 mila a favore di nazionalità cosiddette privilegiate (Paesi che con l’Italia hanno stipulato accordi di cooperazione) e 30 mila destinate all’universo delle badanti. È praticamente da quell’anno che in Italia i flussi sono scomparsi, che gli arrivi degli immigrati per vie diverse dal mare sono quasi cessati per ragioni essenzialmente economiche. E da quell’anno l’Italia è divenuta terra d’attracco, di sosta temporanea e poi di transito per il nord Europa (Germania, Olanda, Svezia). Abbiamo registrato 26 mila visti di asilo politico, contro i 127 mila della Germania. Esiste dunque, per cifre assolute e relative, un documentato crollo degli arrivi. Ma ciò che non si vede, semplicemente non è. La Lega ha sempre fatto un lavoro superlativo per produrre un effetto ottico, un elemento fantastico tra la realtà e l’apparenza. E dobbiamo dire che c’è quasi sempre riuscita. Nel 2007, per esempio, il senatur Umberto Bossi sbraitava contro terun e neri, la Padania era dei padani eccetera eccetera. A Treviso era stato eletto sindaco lo sceriffo Gentilini, quello che espiantava le panchine dai parchi pur di togliere un sedile a chi non aveva niente. Eppure, incredibile paradosso, in quello stesso anno le domande di assunzione di extracomunitari nel solo nord est erano pari a circa un terzo delle 740 mila giunte da tutta Italia al Viminale. Un numero di offerte di lavoro quasi cinque volte superiore a quello permesso dal relativo decreto di regolarizzazione. Leghisti gli uni e spesso leghisti gli altri. Leghisti di lotta – i padroncini che chiedevano braccia robuste per le stalle, le fonderie e per aiutare i nonni invalidi – e leghisti di governo che obbligavano a serrare le fila contro l’invasione barbarica.   Ricordatevi le quote latte: il Carroccio fa campagna elettorale, il conto lo paghiamo noi. Esiste una proiezione fantastica della realtà leghista che diviene, per merito della propaganda e di una inclinazione ambientale alla xenofobia, realtà oggettiva, documento inattaccabile, verità assoluta. È esattamente quel che è successo con gli allevatori padani e le quote latte. Ricordate? Gli allevatori – agevolati dal governo di centrodestra e sostenuti apertamente dalla Lega – rifiutarono di produrre entro i limiti stabiliti dall’Unione europea. Limiti in effetti ingiusti ma che l’Italia aveva sottoscritto. Il gioco del rifiuto è durato trent’anni. Alla fine il conto salato: quattro miliardi di multa da parte di Bruxelles trasformati in revoca dei contributi comunitari di pari importo. Settanta euro a testa abbiamo pagato. Chi oggi porta il conto a Bossi, Maroni e Salvini? Nessuno. L’industria della sicurezza e dell’accoglienza vale 800 milioni e solo il 5% va ai migranti. E chi dice ai capi leghisti che dei circa 800 milioni di euro, una cifra importante, che l’Italia destina al problema dell’immigrazione, meno del 5% giunge in tasca agli immigrati? Il resto, tutto il resto, è sostegno all’industria dell’accoglienza e della sicurezza, all’indotto del catering alla residenza alberghiera. La verità è che gli immigrati sono divenuti un reddito per migliaia di italiani. E se domani d’incanto smettessero gli sbarchi, un mucchio di buste paga salterebbero. Perchè al netto degli abusi, delle camarille di potere se non vere e proprie mafie – vedi l’eclatante esempio di Roma – il circuito finanziariotiene in vita una nuova forma di attività economica, la cosiddetta impresa sociale, che non ha più nulla del volontariato e della carità. Ogni sbarcato ha diritto a un pocket money di 2,5 euro al giorno a fronte di un contributo statale di 30. Che è destinato a piccole imprese italiane, coop, società che partecipano ai bandi di gara che la Direzione centrale immigrazione, diretta dal prefetto Morcone, istituisce ogni anno. Come si vede dalla tabella qui sopra, le regioni del Nord si rifiutano di accettare la loro quota di migranti, ma se tutti i comuni italiani si rendessero disponibili ad accogliere (contro soldi) i migranti, il numero in ciascun comune sarebbe di 21 (ventuno). Cioè niente.

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