mercoledì 4 marzo 2015

Marco Travaglio: “Volete Barabba o Barabba”

da: Il Fatto Quotidiano

Spunti per il copione di una sceneggiata napoletana. Nel 2012 un partito, il Pd, incalzato da un movimento, i 5Stelle, si batte come un sol uomo per approvare una legge, la Severino, che estende finalmente ai parlamentari le norme sulla sospensione, la decadenza e l’ineleggibilità già in vigore per gli amministratori locali arrestati e/o condannati per reati gravi. Il partito degli arrestati e dei condannati, Pdl, tenta di opporsi ma non è aria e alla fine subisce. La legge passa, ma con un codicillo: per sospendere gli amministratori locali basta la condanna in primo grado, per i parlamentari invece no. C’è solo la decadenza e l’ineleggibilità dopo la condanna definitiva, per giunta sopra i 2 anni. Sotto i 2 anni fa niente, anzi: averne, di pregiudicati.

Dopo vari amministratori locali semisconosciuti, il primo utilizzatore finale famoso della legge è il senatore B., 4 anni per frode: decaduto e ineleggibile. Tutto bene. Il secondo è il sindaco De Magistris: 1 anno e 3 mesi per un abuso d’ufficio demenziale (tabulati telefonici di parlamentari usati senz’autorizzazione, peraltro prima che potesse sapere che erano di parlamentari e che richiedevano l’autorizzazione), per giunta commesso non da sindaco, ma da pm: il Pd gli intima giustamente di dimettersi, lui resiste, il prefetto lo sospende, il Tar e il Consiglio di Stato lo reintegrano.

Il terzo è il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca: ha più processi che capelli in testa, con una collezione di imputazioni da Guinness; uno finisce male con la condanna a 1 anno per un abuso d’ufficio commesso da sindaco. Il Tribunale sposa la tesi del pm, secondo cui De Luca nominò il suo capo staff Di Lorenzo a project manager del “termovalorizzatore” di Salerno al posto di un altro: scelta“ illegale, dannosa, inutile e illecita”, tantopiù che “Di Lorenzo non aveva neppure i titoli” e la spesa per stipendiarlo fu uno sperpero di denaro pubblico. Solita trafila: il prefetto sospende De Luca, il Tar lo reintegra in via cautelare, in attesa della pronuncia della Consulta sulla Severino.
Stavolta, essendo De Luca del Pd e renziano, il Pd renziano non gli ordina di andarsene, come dovrebbe avendo voluto e votato la Severino. Anzi tace e acconsente alla sua candidatura alle primarie per il governatore della Campania: carica da cui, se eletto, decadrebbe un secondo dopo essersi seduto in poltrona. Ma un deputato suo fedelissimo, tal Fulvio Bonavitacola, ha già presentato una legge ad De Lucam per togliere dalle cause di decadenza un reato a caso. Indovinate quale? L’abuso d’ufficio, of course.
Che passa per una quisquilia, un incidente professionale per pubblici amministratori, un’afflizioncella quasi obbligatoria. Invece, dopo la riforma del 1996, è un delitto grave: quello di chi abusa della carica pubblica per danneggiare un nemico o favorire patrimonialmente un amico: e di solito nasconde un tornaconto, cioè una mazzetta.
Se la Severino, fatta apposta per tutelare la Pubblica amministrazione da chi ne approfitta per i suoi porci comodi, non includesse l’abuso d’ufficio, tanto varrebbe raderla al suolo. Come se la Chiesa tollerasse i preti che bestemmiano e, nei ritagli di tempo, fanno le messe nere con l’ostia consacrata. Ma, si sa: i reati degli amici sono sempre meno reati di quelli altrui. De Luca punta il dito contro la disparità di trattamento fra parlamentari e amministratori locali: e avrebbe ragione, se non fosse che vuole abbassare l’asticella dei secondi al livello dei primi, non certo alzare quella dei primi al livello dei secondi. L’idea che un condannato non debba amministrare denaro pubblico non sfiora nessuno.
Renzi, per non saper né leggere né scrivere, fa sapere che il governo la Severino non la tocca. Però la Boschi aggiunge che, se vuole toccarla il Parlamento, chi è il governo per impedirglielo? Ma che carina, ma che graziosa sensibilità istituzionale. Diciamolo pure: ma che sceneggiata. Bersani invece, da bravo oppositore interno, la Severino la vuole cambiare senza se e senza ma: del resto chi era il segretario del Pd che fortissimamente la volle? Bersani.
Un tempo si diceva: fatta la legge, trovato l’imbroglio. Ora è l’inverso: fatto l’imbroglio, cambiata la legge. Pare quasi che la colpa dell’inguacchio sia della legge e del Parlamento che non la cambia due anni dopo averla approvata all’unanimità, anziché del Pd che non ha neppure la forza di escludere dalle proprie primarie – dove le regole le stabilisce il partito – un condannato in primo grado.
È lo stesso partito che, già sotto Renzi, aveva escluso dalle primarie in Sardegna Francesca Barracciu, “soltanto” indagata per peculato, salvo poi risarcirla con un sottosegretariato. Ora, anziché scegliere una volta per tutte fra il primato della legge (regola cardine dello Stato liberale di diritto) e il primato della politica (che non esiste), i presunti rottamatori pensavano di risolvere la cosa candidando contro il renziano De Luca il neorenziano Gennaro Migliore (che non voterebbero neppure i parenti stretti, infatti si ritira) e il bassoliniano Andrea Cozzolino. Che, a furia di elettori cinesi, aveva già mandato in vacca le primarie per il Comune: meritava un’altra chance anche per la regione. Ma è andata male: non basterebbe tutta l’Asia a scalfire il sistema De Luca.

Comunque non tutte le primarie vengono per nuocere: quelle in Campania hanno definitivamente chiarito il significato di “rottamazione”. Cittadini, siccome siamo democratici, la scelta spetta a voi: volete Barabba o Barabba?

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