mercoledì 4 luglio 2012

Rai: troppi micro canali in assenza di pay-tv



Rai, troppi micro canali se fa voto di castità-pay
La pubblicità ristagna, l'incasso del canone anche. Ecco cosa fare per rilanciare la tv pubblica
di Enrico Menduni, Professore di Media e Comunicazione all’Università Roma Tre

Ai banchieri, ai magistrati e alle altre importanti persone che guideranno la Rai qualche modesto consiglio da persona - come dicono i giudici -“informata sui fatti”. Punto primo, i soldi. La pubblicità ristagna, il canone è quello che è. La Rai non fa pay-per-view, che è l’unica fonte che genera, al netto della crisi, un gettito in aumento (per informazioni rivolgersi a Sky). Unica soluzione per avere il canone: riuscire ad ancorarlo alle bollette elettriche. Un presidente banchiere appena arrivato può ottenerlo. Altrimenti, nessuna campagna anti-evasione darà - con questi chiari di luna - risultati concreti. Un po’ di pay-per-view molto culturale e di livello va fatta, dicendolo esplicitamente nel contratto di servizio.
Punto secondo, il grasso. Troppi canali con budget infimi. Se si fa la televisione a pagamento, qualche canale gratuito aiuta a vendere quelli pay. Ma se uno fa voto di castità pay, come la Rai attuale, che se ne fa di tutti questi canali con budget ridicoli? Ridurre, sfrondare, ricondurre ad una identità forte di marchio. E poi, perché tutti questi telegiornali l’un contro l’altro armati? Potenziare l’all news, che è progredito molto, e poi fare una sola testata televisiva, come fu fatto per la radio. Le sedi regionali possono essere redazioni locali della testata, un appartamento di otto stanze, non palazzi faraonici.
Punto terzo, make or buy? Alcuni programmi sono fatti in casa, molti comprati, alcuni con formule spurie.
Si può mettere ordine? La Rai si dia una percentuale di prodotto che intende fare in proprio, raggruppando la risorsa tecnica in modo da avere alcune - poche ma efficientissime - linee produttive, si liberi delle risorse di bassa qualità e inutilizzate e compri all’esterno il resto. I criteri di assegnazione ai vari produttori sono opachi, misteriosi e fortemente inquinati dalla politica. Si facciano entrare più produttori e si dia un po’ più di trasparenza.
Punto quarto, gli ascolti. Ancora con Auditel? Ancora con una impropria concorrenza con canali totalmente commerciali? Che la Rai abbia certezza di risorse, senza dover piegarsi a padrini politici e sollecitare gli istinti animali del pubblico generalista (o quanto di esso rimane) con produzioni fortemente commerciali.
Punto quinto. Privatizzare? Inutile discuterne perché nessuno acquisterebbe, visto che i canali sarebbero “vestiti” con centinaia di unità di personale, sedi, studi ecc. Arrivederci e auguri di buon lavoro, ne avete bisogno.

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