da: Lettera 43
S&P, l'errore è un vizio
Da Enron alla Grecia, i flop delle agenzie di rating.
La pubblicazione della serie di email interne a Standard and
Poor’s con cui venne deciso il discusso downgrading dell’Italia nell’estate del 2011 (poi
reiterato a gennaio) ha riaperto il vaso di pandora delle agenzie di rating.
Le chiamano le Big Three, le tre grandi: dalle valutazione di Moody's, S&P e Fitch passano infatti i destini dell’economia mondiale, perché il loro compito è, sulla carta, quello di analisi e di vigilanza dei mercati.
ACCUSE DI GIUDIZI DISINVOLTI. Negli ultimi mesi, però, il loro ruolo è sempre più discusso. E, prima ancora che l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma), decidesse di aprire un’indagine sul declassamento di 15 istituti di credito europei avvenuto a giugno, da tempo c’è chi le accusa di operare come burattinai occulti. O quantomeno di essere un po’ troppo disinvolte nei propri giudizi.
Come hanno dimostrato, prima ancora che gli scandali recenti, parecchie valutazioni erronee del passato.
Lungi dall’essere organi infallibili, nel corso degli anni le tre grandi hanno infatti collezionato errori e gaffe spettacolari.
Le chiamano le Big Three, le tre grandi: dalle valutazione di Moody's, S&P e Fitch passano infatti i destini dell’economia mondiale, perché il loro compito è, sulla carta, quello di analisi e di vigilanza dei mercati.
ACCUSE DI GIUDIZI DISINVOLTI. Negli ultimi mesi, però, il loro ruolo è sempre più discusso. E, prima ancora che l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma), decidesse di aprire un’indagine sul declassamento di 15 istituti di credito europei avvenuto a giugno, da tempo c’è chi le accusa di operare come burattinai occulti. O quantomeno di essere un po’ troppo disinvolte nei propri giudizi.
Come hanno dimostrato, prima ancora che gli scandali recenti, parecchie valutazioni erronee del passato.
Lungi dall’essere organi infallibili, nel corso degli anni le tre grandi hanno infatti collezionato errori e gaffe spettacolari.
Nell'ottobre 2001 il fallimento sul crollo di Enron
La fallibilità
delle agenzie risultò palese nell’ottobre
2001 quando crollò la
multinazionale americana dell’energia Enron,
lasciando dietro di sé un buco
finanziario stimato attorno a 10
miliardi di dollari.
Fino a quattro giorni prima del collasso le agenzie valutavano i titoli dell’impero
energetico ancora «investment grade», cioè investimenti a
basso rischio. Ma i
passi falsi erano iniziati ben prima del flop di Enron.
I PRIMI FLOP SONO
INZIATI NEGLI ANNI 80. Negli Anni 80 la compagnia energetica Washington
public power supply system si dichiarò insolvente per 2,25 miliardi di dollari
in Bond, senza che gli analisti avessero mai prospettato alcun dubbio
sull’azienda.
Nel 1991 il caso
si replicò con la compagnia assicurativa Executive life insurance company che
andò a gambe all’aria dopo aver speculato sui mercati dei derivati-spazzatura.
ORANGE COUNTY,
RATING TRA LE STELLE. Clamoroso fu anche l’episodio della contea californiana Orange County: nel 1994 divenne la più
grande amministrazione pubblica americana a dichiarare bancarotta.
La contea aveva emesso obbligazioni che Moody's e S&P avevano classificato come Aa: in realtà il tesoriere dell’amministrazione, Robert L. Citron, decideva i propri investimenti sulla base di un oroscopo che acquistava via posta da un astrologo di Indianapolis.
La contea aveva emesso obbligazioni che Moody's e S&P avevano classificato come Aa: in realtà il tesoriere dell’amministrazione, Robert L. Citron, decideva i propri investimenti sulla base di un oroscopo che acquistava via posta da un astrologo di Indianapolis.
IGNORATA LA CRISI
DI PARMALAT. In tempi più recenti,
all’inizio del 1998 i mercati finanziari di alcuni Stati asiatici in forte
crescita improvvisamente frenarono, gettando nel panico l’economia mondiale. Si
parlò di «influenza asiatica», un malanno che ancora una volta era esploso
senza che le tre grandi avessero avuto alcun sentore.
In Italia si ricorda il caso Parmalat e le obbligazioni classificate Bbb, e quindi ancora «investment grade», quando sotto il colosso della famiglia Tanzi c’era già una voragine di debiti e di operazioni imprenditoriali azzardate. Tutto questo alla vigilia della grande crisi finanziaria del 2008.
In Italia si ricorda il caso Parmalat e le obbligazioni classificate Bbb, e quindi ancora «investment grade», quando sotto il colosso della famiglia Tanzi c’era già una voragine di debiti e di operazioni imprenditoriali azzardate. Tutto questo alla vigilia della grande crisi finanziaria del 2008.
Nella crisi le agenzie hanno accumulato errori
Anche nella crisi
nera Moody's, S&P e Fitch hanno accumulato errori. Tanto che per alcuni
analisti le agenzie sono state tra i colpevoli della reazione a catena che ha
portato alla crisi dei mutui, accreditando come investimenti sicuri i prodotti
finanziari che speculavano sui mutui sub-prime (e cioè senza sufficienti
coperture) e sulle obbligazioni che avevano come garanzia collaterale i debiti.
Le Big Three
ignorarono fino all’ultimo i guai delle banche
d’affari Bear Stearns e Lehman Brothers, entrambe poi fallite,
e non si accorsero delle crisi del colosso delle assicurazioni Aig e delle due agenzie di prestiti Fannie Mae e Freddie Mac.
L'ATTACCO DEL
CONGRESSO USA. Secondo uno studio dell’economista Sukhdev Johal della Royal
Holloway University di Londra, delle società classificate da S&P con la
tripla A il 32% ha subito un downgrade in un periodo di tre anni e il 57% in un
periodo di sette anni.
Nel 2009, nel corso di un’audizione al
Congresso degli Stati Uniti l'amministratore delegato di Moody’s Raymond
McDaniel spiegò come erano state fatte
alcune delle valutazioni sulle
banche poi andate in bancarotta. E si sentì rispondere da un membro del
Congresso: «Ma non fate analisi. Le vostre sono solo opinioni. Come potete
compiere scelte così importanti solo sulla base di opinioni?».
Società private mantenute da aziende di cui emettono
il rating
Per il settore privato, è giudizio comune che
il problema sia in parte dovuto alla natura stessa delle agenzie, che sono società
private i cui ricavi dipendono
dalle aziende di cui devono emettere il rating. È affidabile allora
un sistema in cui il giudice è stipendiato dal giudicato?
Secondo la
Financial crisis inquiry commission, istituita dal governo americano per far
luce sulla crisi, per assegnare il rating a una tranche di mortgage-backed
security (un titolo garantito dai mutui ipotecari) di Citigroup, emessa nel
2006, Moody’s ricevette 208 mila dollari e S&P 135 mila. Venne classificata
tripla A. Due anni dopo era spazzatura.
SOSPETTI SULLA
CONDOTTA NELL'UE. Non va meglio con
i debiti sovrani. In Europa nel dicembre del 2009 risuonarono le ultime parole
famose di Moody’s: «Le paure sulla liquidità del governo greco
sono fuori luogo». Ma sull’Eurozona si è passati poi a una condotta fin
troppo zelante, che ha suscitato anche qualche sospetto.
Nell’agosto 2011, gli Stati Uniti persero la tripla A per mano di S&P. Ma il dipartimento del Tesoro guidato da Timothy Geithner denunciò un errore nei conti dell’agenzia di 2 mila miliardi di dollari. E sempre S&P a novembre 2011 mandò ad alcuni suoi clienti una mail in cui preannunciava un futuro downgrading del debito francese, notizia rivelatasi poi infondata, ma che scosse i mercati.
Nell’agosto 2011, gli Stati Uniti persero la tripla A per mano di S&P. Ma il dipartimento del Tesoro guidato da Timothy Geithner denunciò un errore nei conti dell’agenzia di 2 mila miliardi di dollari. E sempre S&P a novembre 2011 mandò ad alcuni suoi clienti una mail in cui preannunciava un futuro downgrading del debito francese, notizia rivelatasi poi infondata, ma che scosse i mercati.
SONO CASSANDRE O
BURATTINAI? Tanto che a dicembre,
dopo che S&P aveva minacciato di
abbassare il rating a 15 stati sovrani dell’Unione europea
Rainer Brüderle, ex ministro dell’Economia tedesco, dichiarò: «Non sono un fan
delle teorie del complotto, ma a volte è
difficile non pensare che qualche agenzia
di rating americana e qualche gestore di fondi stiano lavorando
contro l’Eurozona».
Le agenzie,
ovviamente, difendono il loro operato. Ha detto David Riley, responsabile di
Fitch per i debiti sovrani, in un’intervista rilasciata al Telegraph: «Non
possiamo essere onnipotenti e insignificanti al tempo stesso. Se abbassiamo il
rating di un Paese ci accusano di rendere le cose più difficili, ma nello
stesso tempo ci dicono che siamo arrivati tardi, che i mercati ci hanno
anticipato e quindi il nostro giudizio non vale niente».
Cassandre o burattinai il dubbio è destinato a rimanere, ma per molti ormai è giunto il momento che anche le Big Three paghino le conseguenze della crisi.
Cassandre o burattinai il dubbio è destinato a rimanere, ma per molti ormai è giunto il momento che anche le Big Three paghino le conseguenze della crisi.
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