lunedì 9 luglio 2012

Agenzie di rating: errare è umano, perseverare è…Moody’s, S&P, Fitch


da: Lettera 43

S&P, l'errore è un vizio
Da Enron alla Grecia, i flop delle agenzie di rating.

La pubblicazione della serie di email interne a Standard and Poor’s con cui venne deciso il discusso downgrading dell’Italia nell’estate del 2011 (poi reiterato a gennaio) ha riaperto il vaso di pandora delle agenzie di rating.
Le chiamano le Big Three, le tre grandi: dalle valutazione di Moody's, S&P e Fitch passano infatti i destini dell’economia mondiale, perché il loro compito è, sulla carta, quello di analisi e di vigilanza dei mercati.
ACCUSE DI GIUDIZI DISINVOLTI. Negli ultimi mesi, però, il loro ruolo è sempre più discusso. E, prima ancora che l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma), decidesse di aprire un’indagine sul declassamento di 15 istituti di credito europei avvenuto a giugno, da tempo c’è chi le accusa di operare come burattinai occulti. O quantomeno di essere un po’ troppo disinvolte nei propri giudizi.
Come hanno dimostrato, prima ancora che gli scandali recenti, parecchie valutazioni erronee del passato.
Lungi dall’essere organi infallibili, nel corso degli anni le tre grandi hanno infatti collezionato errori e gaffe spettacolari.

Nell'ottobre 2001 il fallimento sul crollo di Enron

La fallibilità delle agenzie risultò palese nell’ottobre 2001 quando crollò la multinazionale americana dell’energia Enron, lasciando dietro di sé un buco finanziario stimato attorno a 10 miliardi di dollari.
Fino a quattro giorni prima del collasso le agenzie valutavano i titoli dell’impero energetico ancora «investment grade», cioè investimenti a
basso rischio. Ma i passi falsi erano iniziati ben prima del flop di Enron.
I PRIMI FLOP SONO INZIATI NEGLI ANNI 80. Negli Anni 80 la compagnia energetica Washington public power supply system si dichiarò insolvente per 2,25 miliardi di dollari in Bond, senza che gli analisti avessero mai prospettato alcun dubbio sull’azienda.
Nel 1991 il caso si replicò con la compagnia assicurativa Executive life insurance company che andò a gambe all’aria dopo aver speculato sui mercati dei derivati-spazzatura.
ORANGE COUNTY, RATING TRA LE STELLE. Clamoroso fu anche l’episodio della contea californiana Orange County: nel 1994 divenne la più grande amministrazione pubblica americana a dichiarare bancarotta.
La contea aveva emesso obbligazioni che Moody's e S&P avevano classificato come Aa: in realtà il tesoriere dell’amministrazione, Robert L. Citron, decideva i propri investimenti sulla base di un oroscopo che acquistava via posta da un astrologo di Indianapolis.
IGNORATA LA CRISI DI PARMALAT. In tempi più recenti, all’inizio del 1998 i mercati finanziari di alcuni Stati asiatici in forte crescita improvvisamente frenarono, gettando nel panico l’economia mondiale. Si parlò di «influenza asiatica», un malanno che ancora una volta era esploso senza che le tre grandi avessero avuto alcun sentore.
In Italia si ricorda il caso Parmalat e le obbligazioni classificate Bbb, e quindi ancora «investment grade», quando sotto il colosso della famiglia Tanzi c’era già una voragine di debiti e di operazioni imprenditoriali azzardate. Tutto questo alla vigilia della grande crisi finanziaria del 2008.

Nella crisi le agenzie hanno accumulato errori
Anche nella crisi nera Moody's, S&P e Fitch hanno accumulato errori. Tanto che per alcuni analisti le agenzie sono state tra i colpevoli della reazione a catena che ha portato alla crisi dei mutui, accreditando come investimenti sicuri i prodotti finanziari che speculavano sui mutui sub-prime (e cioè senza sufficienti coperture) e sulle obbligazioni che avevano come garanzia collaterale i debiti.
Le Big Three ignorarono fino all’ultimo i guai delle banche d’affari Bear Stearns e Lehman Brothers, entrambe poi fallite, e non si accorsero delle crisi del colosso delle assicurazioni Aig e delle due agenzie di prestiti Fannie Mae e Freddie Mac.
L'ATTACCO DEL CONGRESSO USA. Secondo uno studio dell’economista Sukhdev Johal della Royal Holloway University di Londra, delle società classificate da S&P con la tripla A il 32% ha subito un downgrade in un periodo di tre anni e il 57% in un periodo di sette anni.
Nel 2009, nel corso di un’audizione al Congresso degli Stati Uniti l'amministratore delegato di Moody’s Raymond McDaniel spiegò come erano state fatte alcune delle valutazioni sulle banche poi andate in bancarotta. E si sentì rispondere da un membro del Congresso: «Ma non fate analisi. Le vostre sono solo opinioni. Come potete compiere scelte così importanti solo sulla base di opinioni?».

Società private mantenute da aziende di cui emettono il rating

Per il settore privato, è giudizio comune che il problema sia in parte dovuto alla natura stessa delle agenzie, che sono società private i cui ricavi dipendono dalle aziende di cui devono emettere il rating. È affidabile allora un sistema in cui il giudice è stipendiato dal giudicato?
Secondo la Financial crisis inquiry commission, istituita dal governo americano per far luce sulla crisi, per assegnare il rating a una tranche di mortgage-backed security (un titolo garantito dai mutui ipotecari) di Citigroup, emessa nel 2006, Moody’s ricevette 208 mila dollari e S&P 135 mila. Venne classificata tripla A. Due anni dopo era spazzatura.
SOSPETTI SULLA CONDOTTA NELL'UE. Non va meglio con i debiti sovrani. In Europa nel dicembre del 2009 risuonarono le ultime parole famose di Moody’s: «Le paure sulla liquidità del governo greco sono fuori luogo». Ma sull’Eurozona si è passati poi a una condotta fin troppo zelante, che ha suscitato anche qualche sospetto.
Nell’agosto 2011, gli Stati Uniti persero la tripla A per mano di S&P. Ma il dipartimento del Tesoro guidato da Timothy Geithner denunciò un errore nei conti dell’agenzia di 2 mila miliardi di dollari. E sempre S&P a novembre 2011 mandò ad alcuni suoi clienti una mail in cui preannunciava un futuro downgrading del debito francese, notizia rivelatasi poi infondata, ma che scosse i mercati.
SONO CASSANDRE O BURATTINAI? Tanto che a dicembre, dopo che S&P aveva minacciato di abbassare il rating a 15 stati sovrani dell’Unione europea Rainer Brüderle, ex ministro dell’Economia tedesco, dichiarò: «Non sono un fan delle teorie del complotto, ma a volte è difficile non pensare che qualche agenzia di rating americana e qualche gestore di fondi stiano lavorando contro l’Eurozona».
Le agenzie, ovviamente, difendono il loro operato. Ha detto David Riley, responsabile di Fitch per i debiti sovrani, in un’intervista rilasciata al Telegraph: «Non possiamo essere onnipotenti e insignificanti al tempo stesso. Se abbassiamo il rating di un Paese ci accusano di rendere le cose più difficili, ma nello stesso tempo ci dicono che siamo arrivati tardi, che i mercati ci hanno anticipato e quindi il nostro giudizio non vale niente».
Cassandre o burattinai il dubbio è destinato a rimanere, ma per molti ormai è giunto il momento che anche le Big Three paghino le conseguenze della crisi.

Nessun commento:

Posta un commento