da: Lettera 43
Libia, abusi delle milizie
La Libia del dopo-Gheddafi è ancora molto lontana da diventare una vera
democrazia.
Nonostante le elezioni per l'Assemblea Costituente previste per il 7 luglio, nel Paese rischiano di ripetersi le stesse violazioni dei diritti umani che diedero vita alla rivoluzione del 17 febbraio 2011.
Nonostante le elezioni per l'Assemblea Costituente previste per il 7 luglio, nel Paese rischiano di ripetersi le stesse violazioni dei diritti umani che diedero vita alla rivoluzione del 17 febbraio 2011.
L'allarme è stato lanciato da Amnesty International in un rapporto
intitolato «Libia, primato della legge o primato delle milizie?».
OMBRA NEGATIVA SULLE ELEZIONI. A poco
meno di un anno dalla caduta di Tripoli nelle mani dei thuwar (i
combattenti rivoluzionari), le continue violazioni dei diritti umani, tra cui
arresti e detenzioni arbitrarie, torture con conseguenze anche mortali, omicidi
illegali e sfollamenti forzati di popolazioni eseguiti con impunità, stanno
gettando un'ombra negativa sulle prime elezioni nazionali dalla caduta del
regime di Muhammar Gheddafi, sostiene il rapporto.
NESSUN RISPETTO PER LA LEGGE. Durante
una visita in Libia a maggio e giugno, Amnesty International ha verificato che
centinaia di milizie armate continuano ad agire al di sopra della legge, molte
delle quali rifiutando di disarmare o di arruolarsi nell'esercito e nelle forze
di polizia.
All'indomani delle elezioni, l'organizzazione ha intenzione di chiedere
al Congresso generale nazionale e al governo che verrà nominato di riconoscere
pubblicamente la gravità della situazione dei diritti umani, condannare in
forma inequivocabile gli abusi commessi e dire chiaramente che azioni del
genere non saranno più tollerate.
«Stretta mortale delle milizie e assenza di legge»
«È assai triste che, dopo così tanti mesi, le autorità non siano
state
complessivamente in grado di allentare la stretta mortale delle milizie sulla
sicurezza del Paese, con conseguenze drammatiche per la popolazione», ha affermato
Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del
Nord di Amnesty.
«Furono soprattutto le richieste di porre fine alla repressione e
all'ingiustizia a condurre alla rivoluzione del 17 febbraio. Senza un'azione
immediata per fermare le violazioni e porre rimedio all'assenza di legge, la
Libia rischia concretamente di riprodurre e rafforzare quel sistema di
violazioni dei diritti umani che abbiamo già visto in opera negli ultimi
quattro decenni», ha aggiunto.
TORTURE COME IN SIRIA. Amnesty ha
anche visto i segni di recenti pestaggi e di altre violenze (in alcuni casi
equiparabili a torture) in 12 dei 15 centri di detenzione dove ha potuto
incontrare in privato i prigionieri.
Tra i metodi di tortura usati regolarmente, che ricordano quelli nelle carceri siriane, figurano le scariche elettriche e i pestaggi prolungati con svariati oggetti, come sbarre e catene di metallo, cavi elettrici, bastoni di legno e calci dei fucili.
Tra i metodi di tortura usati regolarmente, che ricordano quelli nelle carceri siriane, figurano le scariche elettriche e i pestaggi prolungati con svariati oggetti, come sbarre e catene di metallo, cavi elettrici, bastoni di legno e calci dei fucili.
CASE SFOLLATE E SACCHEGGIATE. Amnesty
ha ricevuto inoltre informazioni dettagliate su almeno 20 casi di morte in
custodia a seguito della tortura da parte delle milizie a partire dalla fine di
agosto 2011.
L'organizzazione ha poi criticato duramente le autorità libiche per non aver risolto la situazione di intere comunità sfollate con la forza durante il conflitto dello scorso anno e non ancora in grado di fare rientro nelle loro case, saccheggiate e poi distrutte dalle milizie armate.
L'organizzazione ha poi criticato duramente le autorità libiche per non aver risolto la situazione di intere comunità sfollate con la forza durante il conflitto dello scorso anno e non ancora in grado di fare rientro nelle loro case, saccheggiate e poi distrutte dalle milizie armate.
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