da: Corriere della
Sera
Partiti malati, sono i padri dell'antipolitica. Non
capiscono la società (o fanno finta?)
di Corrado Stajano
Sembra quasi che
l'antipolitica sia una novità. Spunta sempre fuori, invece, nei momenti di
crisi, di transizione, di difficoltà economica e sociale, quando la politica
non rispetta i suoi compiti e i suoi doveri. Sono i partiti ammalati i padri
fondatori dell'antipolitica. Chiusi nei loro castelli hanno fatto saltare i
ponti levatoi e non capiscono più, o fingono di non capire, il formicaio della
società delusa che brulica tutt'intorno.
I sondaggi non sono la Bibbia, ma la classe dirigente politica non si preoccupa per il numero crescente di persone che non vogliono più saperne, fedeli elettori di un tempo non lontano, diventati ora astensionisti in pectore? I dirigenti politici del centrosinistra, i meno toccati dalla diaspora, nelle interviste che purtroppo concedono, si domandano sorpresi: dove nasce e perché questo distacco tra politica e società? Che cosa c'è sotto, un complotto? Gli altri, i berlusconiani e i leghisti, responsabili dello sfascio, frutto del loro quindicennio governante, da basso impero, sperano sempre, come nei film western, nell'arrivo dei nostri, ma consciamente o inconsciamente conoscono le ragioni del tracollo e si agitano come anguille nervose.
I sondaggi non sono la Bibbia, ma la classe dirigente politica non si preoccupa per il numero crescente di persone che non vogliono più saperne, fedeli elettori di un tempo non lontano, diventati ora astensionisti in pectore? I dirigenti politici del centrosinistra, i meno toccati dalla diaspora, nelle interviste che purtroppo concedono, si domandano sorpresi: dove nasce e perché questo distacco tra politica e società? Che cosa c'è sotto, un complotto? Gli altri, i berlusconiani e i leghisti, responsabili dello sfascio, frutto del loro quindicennio governante, da basso impero, sperano sempre, come nei film western, nell'arrivo dei nostri, ma consciamente o inconsciamente conoscono le ragioni del tracollo e si agitano come anguille nervose.
Basterebbe la
vicenda della legge elettorale. La «strana» maggioranza del governo Monti,
nonostante prometta da più di un semestre di cancellarla senza riuscirci mai, fa capire a tutti quanti le ragioni del
rifiuto-disincanto-disprezzo dei cittadini con un po' di sale in zucca nei
confronti del modo di far politica oggi.
La legge, del 14
dicembre 2005, fu definita «una porcata» dai legislatori del governo Berlusconi
che allora la costruirono: la scelta dei parlamentari fatta d'autorità dai
partiti e il sovrabbondante premio di maggioranza che cancella
ogni
rappresentatività popolare fanno infuriare chi non ha smesso di ragionare con
buon senso e onestà.Questo per dire che l'antipolitica, con la sua rozzezza, la sua volgarità, il suo alto tasso di ignoranza, le sue idee terra terra, non nasce dal nulla, ma è una forma politica con radici profonde.
I precedenti sono
numerosi anche nel nostro passato prossimo. Si può cominciare dall'Uomo Qualunque, fondato — un
settimanale — il 27 dicembre 1944 da
Guglielmo Giannini, estroso
commediografo di Pozzuoli, autore di commedie giallo-comiche. La vignetta della
testata rappresentava, sotto una enorme «U» rossa, un omino schiacciato da un
torchio: dalle sue tasche uscivano delle monete che gli venivano rubate. L'Uomo
Qualunque divenne rapidamente un movimento politico: alle elezioni della Costituente, il 2
giugno 1946, ottenne un milione e
200 mila voti, con trenta seggi.
Se si leggono gli scritti e se si guardano le vignette del settimanale ci si
rende conto che la linea del movimento che rappresentava
un piccolo ceto impiegatizio e bottegaio non è molto diversa dalle
predicazioni di Grillo. I nemici, allora, erano il Cln, gli uomini della
Resistenza, Parri, De Gasperi, Togliatti, Nenni. Il rifiuto della politica, la
diffidenza per la democrazia, l'odio per i partiti facevano da mastice.
L'italiano qualunque era l'omino angariato che rifiuta tutto ciò che sta fuori
dalla sua casa e non si cura degli altri. Durò poco l'Uomo Qualunque, il 18 aprile
1948 era finito.
La Lega, con i suoi truculenti slogan su Roma ladrona, alla fine degli anni Ottanta fu forse ancora più violenta perché Giannini, se non altro, non predicò la secessione e la rottura del Paese unitario, non diffuse semi di razzismo, non inventò l'inesistente Padania da rendere indipendente. «MicroMega», la rivista di Paolo Flores d'Arcais, nel suo numero di giugno ha dedicato alcuni scritti a Beppe Grillo. Ne risulta che il Movimento 5 Stelle non ha un programma sui temi essenziali, il lavoro, la giustizia, l'informazione, i diritti civili, l'immigrazione. I sindacalisti sono i traditori dei lavoratori, la democrazia è un fastidio, i partiti politici sono tutti uguali nel malfare. Si ritrovano le idee dell'UQ e, in parte, quelle della Lega e di Forza Italia al suo nascere. Leader e guru, Grillo è l'unico titolare dei diritti d'uso del marchio 5 Stelle, un padrone. Secondo i sondaggi, in caso di elezioni anticipate, il suo movimento arriverebbe al 20 per cento diventando così, dopo il Pd, il secondo partito.
Una certa confusione. Ne abbiamo viste tante. Ma non bisogna scoraggiarsi né enfatizzare né minimizzare o demonizzare il fenomeno. Bisogna cercare piuttosto di capirne le ragioni anche perché, da quel magma informe sostanzialmente antidemocratico dell'antipolitica che nasce dalla Rete, possono saltar fuori energie positive utili in un momento di crisi profonda come questo che stiamo vivendo.
La Lega, con i suoi truculenti slogan su Roma ladrona, alla fine degli anni Ottanta fu forse ancora più violenta perché Giannini, se non altro, non predicò la secessione e la rottura del Paese unitario, non diffuse semi di razzismo, non inventò l'inesistente Padania da rendere indipendente. «MicroMega», la rivista di Paolo Flores d'Arcais, nel suo numero di giugno ha dedicato alcuni scritti a Beppe Grillo. Ne risulta che il Movimento 5 Stelle non ha un programma sui temi essenziali, il lavoro, la giustizia, l'informazione, i diritti civili, l'immigrazione. I sindacalisti sono i traditori dei lavoratori, la democrazia è un fastidio, i partiti politici sono tutti uguali nel malfare. Si ritrovano le idee dell'UQ e, in parte, quelle della Lega e di Forza Italia al suo nascere. Leader e guru, Grillo è l'unico titolare dei diritti d'uso del marchio 5 Stelle, un padrone. Secondo i sondaggi, in caso di elezioni anticipate, il suo movimento arriverebbe al 20 per cento diventando così, dopo il Pd, il secondo partito.
Una certa confusione. Ne abbiamo viste tante. Ma non bisogna scoraggiarsi né enfatizzare né minimizzare o demonizzare il fenomeno. Bisogna cercare piuttosto di capirne le ragioni anche perché, da quel magma informe sostanzialmente antidemocratico dell'antipolitica che nasce dalla Rete, possono saltar fuori energie positive utili in un momento di crisi profonda come questo che stiamo vivendo.
Dopo il successo
di Monti a Bruxelles, la crisi non è certo finita, segna piuttosto l'inizio di
altri sacrifici gravosi, se si vuol salvare la comunità. I palloni si sgonfiano
rapidamente, ma è necessario che i
partiti, indispensabili, si rendano conto che devono comportarsi con serietà.
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