mercoledì 4 luglio 2012

Film, ‘Anna Karenina’: intervista a Jude Law (Aleksej Aleksandrovic, il marito)


da: la Repubblica

"Il mio Aleksej Aleksandrovic vi stupirà è un marito profondo e appassionato"
Jude Law, 40 anni a dicembre, protagonista in "Anna Karenina" con Keira Knightley. "E' un personaggio che è stato raffigurato sempre in modo negativo, ma invece ha molti lati nobili". "Il mio mito? Paul Newman, la persona più calda e divertente che abbia mai incontrato"
di Arianna Finos

L'incontro con Jude Law sulla terrazza assolata di un loft a Montparnasse è preceduto da una estenuante trattativa con la sua agente. Vietati accenni allo scandalo intercettazioni con i giornali di Murdoch - ci sono diversi procedimenti legali in corso - e i riferimenti alla vita privata dell'attore, titolare di una delle esistenze sentimentali più complicate e paparazzate del Regno Unito (rocambolesco matrimonio e divorzio dalla collega Sadie Frost, tre figli in co-affidamento, un fidanzamento con Sienna Miller rotto per il tradimento con la baby-sitter, una riconciliazione fallita e una quarta figlia nata dal breve rapporto con una modella americana).

La gogna mediatica, ha confessato l'attore, gli ha tolto "molto dell'idealismo e dell'ottimismo di gioventù". Ma dopo il burrascoso decennio che si va chiudendo, Law, quarant'anni a dicembre, vede davanti a sé "un'era di quiete e crescita professionale".
Nel suo futuro prossimo il ritorno a teatro, progetti di beneficenza, attività da produttore e il debutto alla regia. E, prima ancora, un ruolo che non ti aspetteresti da lui e che per questo Jude, occhi sorridenti e voce morbida, cerca con il lanternino.

Nella nuova versione di Anna Karenina di Joe Wright (in Usa a settembre, in Italia dal 7 ottobre per Universal) sarà non già il giovane amante, il conte Vronskij, ma Aleksej Aleksandrovic, il marito (tradito) di Anna (Keira Knightley).

Perché ha scelto di invecchiarsi e imbruttirsi per diventare Aleksandrovic?
"È un personaggio profondo, complesso, coinvolgente. Finora l'avevano raffigurato solo come un essere freddo, pungente, serio. E invece ha lati nobili che gli appartengono, la lealtà e una grande capacità di perdonare e comprendere. La sfida, che ha reso tutto più complicato, è stato inserire in modo silenzioso la sua passione".

Le prime immagini del film consegnano una versione molto personale del libro di Tolstoi.
"Sì. Quella di Joe è una versione impressionista, molto fiabesca e a un certo punto davvero stilizzata: i personaggi parlano danzando, grazie allo straordinario lavoro del coreografo, il belga Sidi Larbi Cherkaoui".

Cosa l'affascina del libro?
"È uno sguardo onesto e lucido sulle varie prospettive di chi è coinvolto in un affare amoroso. Oggi dettaglio su quello che facciamo come esseri umani di fronte all'amore. Come entriamo, usciamo, sopravviviamo all'amore, gli approcci differenti all'amore, considerato lussuria animalesca o dono di dio. Tolstoi riesce a maneggiare perfettamente ciascun elemento".

Sono molti gli attori inglesi che sfondano a Hollywood.
"Abbiamo il vantaggio della lingua. Un approccio diverso al personaggio, che noi sposiamo a costo di sembrare stupidi. E non ragioniamo mai come grandi star. Devo dire che anche la tradizione teatrale era d'aiuto, ma si sta perdendo".

Lei fa l'attore da quando era un ragazzino.
"Non ricordo neanche quando l'ho deciso, ero troppo piccolo. Mia madre e mio padre mi portavano a vedere spettacoli, esibizioni, mostre. Per me è stato naturale salire su un palcoscenico. Ancora oggi è il mio grande amore".

Al cinema ha lavorato con grandi registi: Scorsese, Spielberg, Mendes, Minghella.
"La grande qualità di registi come Spielberg e Minghella è la possibilità di collaborare, di portare le tue idee al personaggio. Con Steven in A. I.-Intelligenza artificiale ci siamo divertiti a costruire questo gigolò meccanico e l'ambientazione futuristica consentiva qualche stravaganza. Scorsese è il re Mida, basti guardare al suo Hugo in 3D. Minghella era il mio preferito. Umano, gioioso eppure grande professionista. Gli devo le mie due candidature all'Oscar".

E tra gli attori quali sono i suoi miti?
"Ho un grande ricordo di Paul Newman, la persona più calda e divertente che abbia mai incontrato. Un'icona del cinema, un uomo che sapeva mettere a suo agio chiunque. Di Michael Caine ammiro la longevità della carriera, la capacità di trovare ruoli giusti e mantenere intatta la grinta".

Lei però oltre a recitare è anche impegnato in campagne umanitarie e fa il produttore.
"Adoro leggere libri e cercare storie da raccontare al cinema. E progetto di girare il mio primo film come regista nel 2015, una storia d'amore e religione, o meglio dovrei dire di fede".

Nel Talento di Mister Ripley cantava con Fiorello e Matt Damon. Cosa ricorda di quel set?
"È stato il periodo più dorato della mia vita. Anche per via del mio personaggio milionario mi sono ritrovato tra feste, ristoranti, bevute di vino rosso, viaggi in barca. Mi piacerebbe tornarci, Magari facendo un film con un regista italiano: Garrone, Sorrentino. Nanni Moretti, il mio preferito. Ma dovrei parlare italiano, come Piccoli. Ecco, studiarlo potrebbe essere una buona scusa per trascorrere un periodo da voi".

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