da: Il Fatto Quotidiano – di Antonella Mascali
Convincere Bruxelles che le riforme per rendere efficiente la giustizia in Italia si faranno, pena la perdita dei soldi del Recovery Plane, contemporaneamente, non dire nulla, ma proprio nulla che inneschi una miccia a combustione rapida che faccia consumare questa maggioranza di governo tenuta su con gli spilli.
Ecco spiegato l’intervento del premier Mario Draghi ieri alla Camera incentrato sull’obiettivo di ridurre gli arretrati. Chi non sarebbe d’accordo? Ed ecco spiegato perché nel Pnrr, approvato dal Consiglio dei ministri, i capitoli dettagliati riguardano processo civile, ufficio del processo, digitalizzazione, edilizia giudiziaria e penitenziaria, vale a dire quelli ripresi dal piano dell’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Ma quando si legge di prescrizione – che per ogni maggioranza di governo è come la kryptonite per Superman – o di riforma del Csm, ci sono dichiarazioni di intenti, generiche, alcune scadenze e non molto altro perché centrodestra (con renziani annessi) e centrosinistra della maggioranza sono su fronti opposti.
La ministra della Giustizia Marta Cartabia, consapevole che le fratture nella maggioranza, se va avanti così, porteranno alla caduta o alla paralisi, ha tentato un monito: “La giustizia è stata una trincea, ora – ha detto a La Stampa – deve diventare il terreno dove cercare una convergenza per il bene delle future generazioni”.
E ieri, Draghi alla Camera ha provato a rassicurare e ha puntato su quanto nessuno, almeno a parole, metta in discussione che vada fatto, anche se proviene dal progetto del governo Conte. “La riforma della giustizia affronta i nodi strutturali del processo civile e penale. Nonostante i progressi degli ultimi anni, permangono ritardi eccessivi”, ha detto il premier.
Che si è soffermato sulla riforma civile, strategica per Bruxelles, per rilanciare gli investimenti stranieri in Italia, non divisiva per la maggioranza: “In media sono necessari oltre 500 giorni per concludere un procedimento civile in primo grado, a fronte dei circa 200 in Germania”. E ricorda punti essenziali già contenuti nella riforma Bonafede: “Il Piano rivede l’organizzazione degli uffici giudiziari e crea l’Ufficio del processo (voluto da Bonafede, ndr), una struttura a supporto del magistrato nella fase ‘conoscitiva’ della causa. Nel campo della giustizia civile si semplifica il rito processuale in primo grado e in appello, e si dà definitivamente attuazione al processo telematico, come richiesto nei mesi scorsi dal Senato”. Ed ecco un altro passaggio per mettere al sicuro i soldi del Recovery: “Il governo intende ridurre l’inaccettabile arretrato presente nelle aule dei tribunali. È uno degli impegni più importanti ed espliciti che abbiamo preso verso l’Ue. L’obiettivo finale che ci proponiamo è ambizioso, ridurre i tempi dei processi del 40% per il settore civile e almeno del 25% per il penale”. Nel Pnrr si parla anche delle oltre 20 mila assunzioni nel settore giustizia, presenti nel piano del governo precedente.
Ma è quando il Pnrr tocca punti come Csm o prescrizione che si capisce quanto traballi la maggioranza. Partiamo dall’accenno alla prescrizione in puro politichese: “Vengono prese in considerazione eventuali iniziative concernenti la prescrizione del reato, inserite in una cornice razionalizzata e resa più efficiente, dove la prescrizione non rappresenti più l’unico rimedio di cui si munisce l’ordinamento nel caso in cui i tempi del processo si protraggano irragionevolmente”. E sulla riforma del Csm: “La Commissione si appresta a individuare un testo base sul quale proseguire l’esame, nell’alternativa tra il disegno di legge governativo e alcune proposte di iniziativa parlamentare” e ipotizza il voto a giugno.
Il governo tanto deve barcamenarsi per non far scoppiare la
maggioranza, che neanche a proposito dei processi d’appello – i più falcidiati
dalla prescrizione, insieme ai procedimenti in udienza preliminare – si fa
cenno all’ipotesi di un giudice monocratico anche in secondo grado, come
propone la riforma Bonafede. Ma dai punti assenti (o generici) nel Pnrr, su
riforma giustizia, non si può dedurre che non ci saranno nella riforma che
voterà, se la voterà, il Parlamento. Si ha solo la conferma che la vera
battaglia sui temi “caldi” è in Parlamento. A partire dalla commissione
Giustizia della Camera dove la settimana scorsa hanno sì tutti votato (a
eccezione di Azione) come testo base quello della riforma penale di Bonafede,
ma si continua a rinviare i termini per presentare gli emendamenti, cartina
tornasole di quanto succederà da qui all’autunno. Il termine ultimo era fissato
al 24 aprile, poi a oggi e, infine, ieri è slittato a venerdì, mentre per il
Csm la scadenza è il 17 maggio, in attesa della proposta del gruppo istituito
al ministero da Cartabia.
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