da: https://it.businessinsider.com/ - di Carlotta Scozzari
Nel video che ha fatto infuriare i sindacati girato lo scorso marzo, inviato alla rete commerciale e caricato sull’intranet del gruppo, il direttore commerciale di Banca Mps, Pasquale Marchese, è in piedi davanti a una scrivania ingombra di carta e documenti, con un quadro importante alle spalle, a elencare quel che di buono sino ad allora è stato fatto e quel che non va bene. Questo va “bene”, quest’altro “male”, “bravi davvero” ai lavoratori delle filiali che hanno avuto “risultati a 360 gradi”, ma ci sono “troppi zero su troppi prodotti”, e “il vero compito di un commerciale è eliminare gli zero da ogni prodotto”.
A detta di Marchese, per farlo, e c’è da correre perché “si sta per chiudere il primo trimestre dell’anno, fondamentale per una società quotata”, occorre andare “avanti così sui mutui privati e sul gestito netto”, spingere “sui prestiti personali, è questo il momento”, ma anche accelerare “sui mutui impresa, soprattutto quelli con garanzia”, e serve anche “un’azione decisa sulla parte danni e previdenza”.
Il direttore commerciale di Montepaschi, laureato in ingegneria civile e già amministratore delegato di Postel spa (Gruppo Poste italiane) e direttore generale commerciale del Mediocredito Centrale, si avvia poi alla conclusione del video, dopo avere anche infarcito il discorso di alcune citazioni del gran maestro Yoda di “Guerre stellari”, elencando alcuni impegni reciproci, che consistono tra le altre cose nella richiesta di vendere più prodotti di risparmio gestito netto e prestiti ai privati e più finanziamenti garantiti alle imprese.
Il video è stato al centro di un durissimo comunicato delle organizzazioni sindacali, negli ultimi tempi sempre più impegnate ad arginare le pressioni commerciali che arrivano un po’ da tutte le banche. “Il recente video aziendale del cco – scrivono le organizzazioni dei lavoratori Fabi, First-Cisl, Fisac, Uilca e Unisin in una nota congiunta, senza citare esplicitamente Marchese ma riferendosi al suo ruolo di chief commercial officer – sui ‘risultati di febbraio 2021’ è connotato da una comunicazione che, almeno nell’ufficialità, pensavamo superata. Inoltre – proseguono i sindacati – la lunga elencazione delle realtà commerciali che hanno raggiunto gli obiettivi (compresi nel ‘bene’) e quelli che invece no (‘male’) è:
- criticabile, perché incoerente con gli impegni aziendali in tema di politiche commerciali;
- inutile, perché la rete commerciale è già continuamente pressata da sollecitazioni dei responsabili locali;
- avulsa dalla realtà, perché esclusivamente concentrata sugli obiettivi di budget, non considerando la grave pesantezza determinata dall’evento pandemico, che condiziona non solo la normale operatività della rete, ma anche la stessa attività di proposta commerciale.
‘Non ci siamo’, non è così che si realizza il fondamentale scopo di trasmettere ai lavoratori le motivazioni necessarie ad affrontare una quotidianità difficile e non priva di notevoli incertezze per il futuro” scrivono i sindacati, prima di concludere che “nell’ambito della commissione politiche commerciali, sarà sicuramente anche questo un tema all’attenzione delle prossime riunioni”.
Fonti sindacali, inoltre, fanno notare l’elevata retribuzione percepita da Marchese, nel 2020 pari a circa 350mila euro in termini di reddito Irpef, rispetto ai 296mila euro totali ricevuti dall’amministratore delegato e direttore generale Guido Bastianini (considerando anche i benefici non monetari), arrivato a Siena però dal mese di maggio.
In una nuova nota congiunta di fine marzo, le organizzazioni sindacali hanno poi fatto sapere di avere ricevuto una “lettera di apertura della procedura riguardante la semplificazione dell’assetto organizzativo della direzione generale Mps”, guidata come detto da Bastianini. La missiva preannuncia il progetto dell’attuale ad di snellire la struttura che attualmente prevede che sotto al dg ci sia tutta una serie di ruoli dirigenziali tra cui quello ricoperto da Marchese, con l’obiettivo di creare un unico sistema che risponda direttamente all’amministratore delegato. “Abbiamo a più riprese evidenziato – sottolineano i sindacati – la palese contraddizione in cui l’azienda si pone avviando un percorso di tale valenza in assenza di un quadro chiaro sul futuro della banca e sulla sua organizzazione, tutti elementi contenuti nel piano strategico 2021/2025 – a oggi non confermato dai regolatori europei – all’interno del quale tale riorganizzazione si colloca. Riteniamo quindi assolutamente preoccupante che l’azienda abbia unilateralmente deciso di iniziare una rivoluzione organizzativa di tali dimensioni e impatto sui lavoratori senza avere chiarezza sullo scenario futuro e senza avere punti di riferimento sull’approdo finale delle ricadute dal punto di vista professionale e territoriale sui colleghi interessati”.
Nel frattempo, il 6 aprile, l’assemblea dei soci di Mps, banca di cui il Tesoro ha in mano il 64%, ha approvato il bilancio di esercizio al 31 dicembre 2020, chiuso in perdita per 1,88 miliardi, e ha deliberato di respingere le due azioni di responsabilità promosse dal socio Bluebell Partners contro alcuni ex amministratori e nei confronti del consiglio di amministrazione in carica con percentuali in entrambi i casi pari al 97,505 per cento.
Il giorno dopo l’assise, il 7 aprile, sono poi giunte le motivazioni della sentenza con cui lo scorso ottobre il tribunale di Milano aveva condannato in primo grado gli ex vertici di Montepaschi, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, per aggiotaggio e false comunicazioni sociali in relazione alla prima semestrale del 2015 della banca e alla contabilizzazione dei due derivati Alexandria e Santorini. Tra le altre cose la condanna è stata definita “congrua” per la “gravità degli addebiti (ostinatamente reiterati) e la spiccata capacità a delinquere” degli imputati. Profumo e Viola si sono difesi facendo sapere tra le altre cose che la contabilizzazione dei due derivati è stata “in continuità con le precedenti modalità di contabilizzazione e d’intesa con le autorità di vigilanza e controllo”.
L’assise
di Mps del 6 aprile ha, inoltre, rinviato a una prossima assemblea le misure di
rafforzamento patrimoniale necessarie e già individuate a 2,5 miliardi.
L’ipotesi è alternativa a quella, su cui pure la banca senese sta lavorando, di
una fusione all’interno di un altro gruppo. Se l’integrazione non si riuscisse
a fare (e al momento non c’è alcun nome ufficiale), scatterebbe l’aumento di
capitale da 2,5 miliardi, per il quale l’istituto toscano ha fatto sapere che
il Tesoro si è impegnato ad aderire per la propria quota, vale a dire per un
esborso di circa 1,6 miliardi.
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