Nel maggio del 2020, durante la trasmissione radiofonica che conducevo a Radio Capital insieme a Edoardo Buffoni, avemmo ospite lo psichiatra Raffaele Morelli. La ragione erano certe sue dichiarazioni discutibili rilasciate nei giorni precedenti, che erano state da piú parti indicate come sessiste. Nel corso dell’intervista in cui avrebbe dovuto spiegare l’eventuale equivoco, il professore confermò invece le sue affermazioni e mentre lo incalzavo chiedendogliene conto, accadde una cosa che né io né Buffoni avevamo previsto: Morelli perse completamente le staffe e all’improvviso mi intimò «Zitta! Zitta! Zitta e ascolta! Sto parlando e non voglio essere interrotto!» Il video, ancora reperibile in rete, divenne virale e per giorni si parlò di quell’episodio con incredulità, come se fosse un unicum comportamentale, il caso straordinario di un uomo dai nervi poco saldi che non aveva potuto sopportare di essere contraddetto da una donna.
Purtroppo per gli ottimisti, il tentativo di Morelli di imporre il silenzio a una donna attraverso un canale mediatico non era per nulla un’eccezione. Nel 2008, durante la trasmissione Sky TG24, l’allora ministro della Difesa Ignazio La Russa inveí contro la giornalista Concita De Gregorio, che era direttrice dell’«Unità», gridando scompostamente: «Ehi, signora Concita, io non faccio ricorso ai militari morti. Si vergogni! Con la sua faccina educata. Non parli dei militari morti con quel tono! Ha capito? Ignorante che non è altro! Ma vergognati, Concita! Con la sua faccettina cosí! Se lo doveva ricordare lei di dire di parlare dei morti durante la… ma si vergogni! Io, perché sono in difficoltà parlo dei militari morti!! Ma si tappi la bocca! Con un turacciolo se la tappi! Vergogna, Concitina! Vergogna! Non ne parli, guardi. Lei fa bene a non parlarne! Che sull’“l’Unità”… Non ne parli. Mi innervosisco quando lei dice cosa devo fare».
In entrambi gli scontri – quello che ebbi io con Morelli e quello che De Gregorio ebbe con La Russa –, oltre all’intimazione del silenzio si può osservare un interessante passaggio lessicale: lo sbotto comincia con il lei di cortesia, ma arriva molto rapidamente al tu confidenziale, nel tentativo sin troppo evidente di sminuire la dignità dell’interlocutrice. La Russa, per meglio enfatizzare questo processo di riduzione, apostrofò De Gregorio chiamandola prima con scherno «signora Concita», poi col nome proprio e infine con il diminutivo «Concitina», come se parlasse con una bambina troppo impertinente.
La stessa cosa, nel settembre del 2020, farà con la giornalista Bianca Berlinguer lo scrittore Mauro Corona durante la trasmissione #cartabianca. Interrotto dalla conduttrice, che lo redarguisce perché non faccia pubblicità a un marchio che Corona continua imperterrito a nominare, lo scrittore dirà: «Senta Bianchina, la mando in malora e me ne vado! Stia zitta una buona volta, gallina!» Qui la volontà di sminuire l’interlocutrice, oltre all’uso del diminutivo, si spinge fino ad assimilarla alla condizione animale e nell’insulto causa un non so quanto involontario effetto comico, dato che Bianchina è davvero un nome comune usato per le galline nelle aie dove i nostri nonni allevavano gli animali da cortile. I tentativi di ammutolimento di una donna verificatisi sui media italiani negli ultimi anni sono numerosi, ma tutti dimostrano la stessa cosa: la pratica dello «Stai zitta» non è solo maleducata, ma soprattutto sessista, perché unilaterale; invano cerchereste una donna che abbia pubblicamente tentato di imporre il silenzio a un uomo, nemmeno in contesti molto alterati.
Che
cosa c’è dietro questa frase? Per quale motivo nella televisione italiana, piú
che avvezza a trasmettere programmi in cui la gente usa toni e termini che
vanno oltre ogni possibile concetto di contraddittorio, la voce di una donna
che si alza anche solo leggermente fa scattare una reazione cosí violenta ed
esplicita? È interessante anche osservare il fatto che il professor Morelli non
ha smesso di essere invitato nelle trasmissioni radiofoniche, l’ex ministro La
Russa non ha smesso di essere coinvolto nei talk show politici e lo scrittore
Corona – licenziato dal direttore di rete –, se fosse dipeso dalla conduttrice
Berlinguer, sarebbe ancora nello stesso programma dove aveva fatto la sua
scomposta performance.
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