Non fare la maestrina.
Sbalordisce ogni volta constatare quanto sia potente il trauma del maschio italiano legato alla figura della maestra delle scuole elementari, irrisolto al punto che ogni donna che puntualizza una questione con un minimo di argomenti validi lo riporta immediatamente a quello stadio dello sviluppo in cui indossava i calzoni corti e stava seduto al suo banchetto mentre l’insegnante gli segnava in rosso gli errori sulla pagina delle aste. Da quel momento, qualunque donna che ragiona con disinvoltura riesce nella magia nera di far tornare l’uomo bambino, scatenando una reazione aggressiva e infantile che ha però il solo effetto di confermare l’avvenuta regressione. Per questo tipo di problemi di gestione con la figura d’autorità di solito si va dall’analista. In Italia ti danno come minimo un posto in un cda. Senza donne.
Fai tu la moderatrice.
Questa frase è ricorrente soprattutto nei contesti culturali, dove gli uomini maschilisti ci sono come ovunque, ma spesso sono abbastanza di sinistra da vergognarsi di ammettere il proprio sessismo persino a sé stessi. Come riuscire nell’equilibrismo di restare sessisti senza esplicitarlo? Non è difficile. Quando vengono composti i palinsesti di festival, programmi radio-televisivi o convegni tematici basta sfoderare quella figura ancillare monosesso, di professione reggi-microfono, che è la moderatrice. Ha una duplice funzione: siede al centro della scena simulando di occuparla, fa all’interlocutore maschio le domande concordate che
spezzano per discrezione quel che altrimenti sarebbe il suo monologo, ma non può intervenire né contraddire. Ella esiste sul palco solo per offrire agli organizzatori l’alibi per dire alle femministe «Noi la donna l’avevamo». E pazienza se era lí per far parlare un maschio.Vuoi sempre avere ragione.
Come tutti, verrebbe da dire quando si sente questa frase. Quando discutiamo e difendiamo una posizione, chi vorrebbe avere torto? Ognuno di noi aspira a spostare l’interlocutore sulla propria posizione con la forza di irresistibili argomenti. Nel momento stesso in cui si accetta un confronto, le ipotesi di sviluppo della situazione possono essere due: si può finire col dire all’avversario un sonoro «Hai torto, resto della mia posizione», oppure gli si può rendere l’onore della resa con un bel «Mi hai convinto». Ma quando è una donna a sostenere il contraddittorio con un uomo, capita spesso che si senta rimproverare anche il fatto di riuscirci bene.
La donna che non vuole irritare l’uomo con cui si sta confrontando deve agognare di avere spesso torto o almeno di non avere sempre ragione. Specialmente quando ha ragione.
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