da: Il Fatto Quotidiano - di Giovanni Valentini
Bisogna evitare TV e Giornaloni, vere armi di mortificazione dell’intelligenza collettiva
“I mezzi di informazione italiani si sono adattati all’aria che tira e hanno cominciato ad autocensurarsi, sia sulla stampa sia in televisione”. (da L’ombra del potere di David Lane – Laterza, 2004 – pag. 205). Non abbiamo fatto in tempo a dichiarare qui sabato scorso il timore che il professor Draghi, a capo del suo governo extralarge, non riuscirà a fare una riforma della Rai per le resistenze della partitocrazia ed ecco che il presidente del Consiglio affida la delega sull’Editoria a Forza Italia, nella persona del sottosegretario Giuseppe Moles, uno dei fondatori del partito-azienda. Che si tratti di una precisa scelta politica a favore di Silvio Berlusconi, anche a prescindere dalle persone, lo dimostra il fatto che inizialmente a quell’incarico era stato designato Giorgio Mulè, già direttore del settimanale Panorama (Mondadori); capogruppo di FI nella Commissione di Vigilanza sulla Rai e portavoce unico dei rispettivi gruppi parlamentari alla Camera e al Senato; trasferito poi all’ultimo momento alla Difesa. E la circostanza è tanto più rivelatrice perché l’opposizione di Pd e M5S a un uomo del Biscione come Mulè, senz’altro più competente di Moles in materia, non è riuscita a impedire la rimozione del dem Andrea Martella che aveva dimostrato impegno e capacità nel precedente governo Conte bis.
Non è certamente questo l’unico sfregio inferto all’immagine e alla credibilità della variegata compagine guidata da Mario Draghi. E non è neppure il più grave. Ma lancia comunque un
segnale d’allarme per il sistema dell’informazione italiana, già insidiato dal vecchio “regime televisivo” Raiset; dalla doppia concentrazione pubblicitaria del duopolio tv; dal conflitto d’interessi in capo a Sua Emittenza e quindi da una crisi generale del settore che favorisce la proliferazione degli “editori impuri”, compromettendo il pluralismo e la libera concorrenza.Sta di fatto che oggi, sotto il governo Draghi, un partito accreditato all’8% nei sondaggi controlla i gangli vitali dell’informazione. Oltre all’Editoria con il neo sottosegretario Moles, Forza Italia detiene la presidenza della Vigilanza con Alberto Barachini, ex giornalista Mediaset, che ora potrebbe cedere il posto a un’esponente unica dell’unica minoranza come Daniela Santanchè (FdI). Le mani del partito-azienda si allungano sulla Rai con la presidenza di Marcello Foa, sostenuto a suo tempo da M5S, Lega e “Fratelli di Forza Italia”, prima bocciato e poi rieletto con una votazione a dir poco controversa, di cui la presidenza del Senato – rappresentata dalla forzista Maria Elisabetta Casellati – rifiuta la verifica delle schede. E infine, il Biscione presidia lo Sviluppo economico che si occupa di telecomunicazioni, con il neo viceministro Pichetto Fratin a fianco del leghista Giorgetti.
Sembra quasi di tornare indietro nel tempo, al fatidico ventennio berlusconiano. Chi aveva cominciato a segnalare il pericolo per il sistema editoriale a metà degli anni 80, prova sentimenti misti di nostalgia e disappunto per tutto quello che nel frattempo si poteva o doveva fare e non è stato fatto. Così oggi ci ritroviamo con le maxi-fusioni e la stampa padronale che domina il mercato, salve rare e isolate eccezioni.
Se
qualcuno immaginava o sperava che in questo campo Draghi si sarebbe mosso nel
solco di Carlo Azeglio Ciampi, suo illustre predecessore, può mettersi l’anima
in pace. Evidentemente, il presidente del Consiglio ha ben altro per la testa:
dai vaccini che non arrivano alla ripartizione dei fondi europei fra i vari
potentati politici e ministeriali. E se “Mister Bce” non fosse già da tempo il
candidato più quotato per il Quirinale, verrebbe da pensare che anche lui deve
fare la sua campagna elettorale per precostituirsi un’ampia e solida
maggioranza.
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