martedì 17 giugno 2014

Yara Gambirasio: alla procura di Bergamo non è piaciuto il comportamento di Alfano



da: Lettera 43

Yara Gambirasio, è scontro Alfano-procura
Il ministro annuncia il fermo. La procura: «Avremmo preferito massimo riserbo». Scoppia la polemica tra Alfano e i pm.
di Gabriele Lippi

L'ha annunciato con grande soddisfazione. 'Ignoto 1', ora, ha un volto e un nome: «Abbiamo trovato l'assassino di Yara Gambirasio». Ma solo 24 ore dopo, il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha dovuto incassare il rimprovero della procura di Bergamo che indaga sull'omicidio della ragazzina di Brembate di Sopra.

«TUTELARE L'INDAGATO». «Era intenzione della procura mantenere il massimo riserbo», ha spiegato il giorno dopo il procuratore Francesco Dettori, e invece lunghi anni di lavoro da parte degli inquirenti gettate in pasto ai media alla prima occasione buona.
«Questo anche a tutela dell'indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza».
ALFANO: «NON HO FORNITO DETTAGLI». Immediata la replica di Alfano: «Non
credo che il procuratore ce l'avesse con me, in quanto non ho dato nessun dettaglio piuttosto si dovrebbe chiedere chi ha inondato i mass media di una quantità infinita di informazioni e dettagli. E certamente non è stato il governo». Per il ministro dell'Interno, poi, «l'opinione pubblica aveva comunque diritto di sapere e ha saputo».
Dalla definizione di assassino alla presunzione di innocenza

Ma se il 17 giugno Alfano è sembrato tornare leggermente sui suoi passi, ribadendo di credere profondamente nel principio della «presunzione di innocenza», appena un giorno prima era stato molto più tranchant nel chiamare «assassino» Bossetti, un uomo contro il quale esistono gravi indizi di colpevolezza, certo, ma che deve ancora essere sottoposto a tre gradi di giudizio prima di poter essere definito colpevole.
«EFFERATO ASSASSINO». «Ringraziamo tutti, ognuno nel proprio ruolo, per l'impegno massimo, l'alta professionalità e la passione investiti nella difficile ricerca di questo efferato assassino che, finalmente, non è più senza volto».
«IN ITALIA CHI DELINQUE VA IN GALERA». E ancora: «L'Italia è un Paese dove chi uccide e chi delinque viene arrestato e finisce in galera», ha tuonato Alfano, una dichiarazione molto lontana del garantismo di cui si è sempre detto portatore, ma che evidentemente non vale allo stesso modo per tutti. «Può passare del tempo o può finirci subito. Ma questo è il destino che attende i criminali. Oggi, due successi che dedichiamo ai familiari delle vittime e agli italiani onesti».
Buona pubblicità dopo brutte figure
Un spot per il ministro Alfano che nel recente passato ha già vissuto momenti pessimi sotto il profilo mediatico, come quelli legati al caso Shalabayeva, alla latitanza di Marcello Dell'Utri e alle resistenze fatte contro le dimissioni di due esponenti di spicco del Nuovo centrodestra coinvolti in casi giudiziari: l'ex ministro Nunzia De Girolamo e l'ex sottosegretario Antonio Gentile.
UN'OCCASIONE O UN BOOMERANG. Insomma, dopo tanta cattiva pubblicità e un risultato deludente alle Europee (4,4% e soglia di sbarramento superata per il rotto della cuffia), Alfano ha pensato di passare alla cassa alla prima occasione. Una mossa che però potrebbe presto rivelarsi un boomerang.
IL MINISTRO RISCHIA NUOVE CRITICHE. La procura ha già espresso la sua contrarietà a un utilizzo mediatico spregiudicato di tutta la vicenda, e il ministro ha dovuto raddrizzare parzialmente il tiro. Ma nuove critiche potrebbero presto arrivare nei confronti del ministro dell'Interno, e il picco di popolarità, in quel caso, si esaurirebbe presto.

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