L’”uomo solo al comando”: Matteo Renzi, che
ha preso il 40% dei voti alle elezioni europee del 25 maggio, cioè 2,5 mln di
voti in più rispetto a quanto il Pd prese nel febbraio 2013, in qualità
(vabbè..si fa per dire) di principale
azionista di maggioranza della Rai, azienda di cosiddetto servizio pubblico oggetto
di spartizione politica, ha detto che devono essere tagliati costi per 150 milioni.
Conseguentemente, succede che:
1. I sindacati proclamano uno sciopero per
l’11 giugno.
2. Il presidente del consiglio dichiara che è “umiliante” quest’astensione al lavoro
3. Il direttore generale della Rai dichiara al Corriere della Sera che “Questo sciopero è un errore. La Rai fa
parte del sistema. Ci è stato chiesto un sacrificio, e noi lo faremo”.
4. L'Autorità di garanzia per gli scioperi nei
servizi pubblici essenziali ha valutato come “Non conforme alla legge la proclamazione di sciopero dei sindacati dei
lavoratori della Rai per il prossimo 11 giugno” perché per il 19 giugno è
già stato indetto un altro sciopero da parte del sindacato Usb e la legge
prevede che vi debba essere un intervallo di almeno dieci giorni tra uno
sciopero e l’altro della medesima categoria.
5. Il segretario della Uil Angeletti ha replicato alle parole di Renzi affermando quanto
segue: “È il peggiore amministratore
delegato di un’azienda pubblica che io abbia avuto modo di conoscere. Da un
rottamatore mi sarei aspettato una discontinuità nel trattare le cose della
Rai. Invece ha chiesto una tangente, un pizzo, mi devi dare 150 milioni, il
resto non mi interessa. Se vuoi ti suggerisco di vendere un pezzo o di ridurre
la tua capacità produttiva. È un eccezionale uomo politico e un pessimo
amministratore. Vendere RaiWay probabilmente è svendere un pezzo del patrimonio
della Rai. Renzi ha preso una cantonata”.
Premesso che, per quanto riguarda il punto 4,
basterebbe programmare lo sciopero tenendo conto dei dieci giorni obbligatori
di intervallo, il senso di uno sciopero a giugno mi “sfugge”.
Che dei lavoratori decidano di scioperare
per dei tagli lo trovo legittimo. Vale per lavoratori di altri settori, non vedo
perché non debba valere per i lavoratori Rai. Trovo però singolare che si
scioperi – diversamente da ciò che fanno lavoratori di altre aziende - prima
che sia stato predisposto e presentato alle parti sociali un piano industriale
che preveda dei tagli. Evidentemente, i sindacati Rai ritengono che Gubitosi e
il cda controllato dai partiti, non siano in grado di fare un piano adeguato di
riduzione dei costi che non svilisca l’azienda favorendo la concorrenza e non
si riduca al solo taglio del personale. Che Renzi sia un pessimo amministratore
delegato come sostiene il segretario della Uil Angeletti (solitamente più
“morbido” rispetto a Landini e Camusso) mi sembra, quanto meno, prematuro.
Insomma, i sindacati - scarsamente incisivi
in moltissime trattative e che fanno approvare accordi che i lavoratori gli
infilerebbero per gli orifizi più stretti del corpo umano –, al solo sentire la
parola ‘taglio’ hanno proclamato un’astensione dal lavoro. Uno “sciopero preventivo”. Tipicamente
italiano.
Unica voce dissonante quella di Bonanni
(Cisl) che non approva la decisione dello sciopero. Quella di dissociarsi dalle
decisioni dei suoi colleghi sindacalisti è un’abitudine per il segretario della
Cisl. Non passerà per questo alla storia per la sua lungimiranza….
Ma ciò che ho trovato “strano” nel leggere
la cronaca “concitata” della contrapposizione sindacati confederali-Renzi è la
data dello sciopero: 11 giugno 2014.
Certo. Non si poteva fare prima delle “intenzioni” di Renzi. Ma che senso ha
fare scioperi quando….la Rai è già
in “sciopero”?…
Gli abbonati Rai – io sono tra coloro che
idiotamente non evade il canone – sanno che da metà maggio (al più fine maggio)
fino a metà settembre (al più i primi giorni di settembre) l’azienda televisiva
del cosiddetto servizio pubblico, che incassa
oltre al canone anche la pubblicità, indice lo “sciopero bianco”.
Nel senso che, se accendi il televisore e schiacci un tasto del telecomando che
corrisponde a uno dei canali Rai, ti appare qualcosa. Vedi persone che parlano, si muovono. Ma, di fatto, dal palinsesto televisivo scompaiono i
programmi di approfondimento giornalistico, talk, fiction, talent show, che caratterizzano
le reti nel periodo autunno-inverno e primavera. Sostituiti da repliche su
repliche, versioni estive di dubbia
“natura” di certi contenitori giornalieri, ecc..
Sia chiaro, prima che i Fazio e le Gabbanelli
e altri mi facciano sciopero: hanno diritto di fare delle vacanze. Ma il canone
che noi paghiamo è per dodici mesi, non nove.
Ergo: alcuni programmi dovrebbero proseguire con altri conduttori oppure, si
deve ridurre il periodo di ferie delle lautamente
pagate star Rai, e “normalizzarle” a
periodi più simili a quelli della maggioranza dei lavoratori italiani, pur
tenendo conto del tipo di professione, delle caratteristiche del tipo di
spettacolo che è la televisione, senza dimenticare, però, che la Rai dovrebbe
essere l’azienda del servizio pubblico e
che altri settori dello spettacolo
(cinema, teatri, musica) non chiudono per tre mesi. Non ci capisce per quale
motivo debba “chiudere” la Rai.
Quindi, poiché paghiamo una tassa per 12
mesi e non 9, quando ci restituiranno il rateo
dei tre mesi di mancata programmazione televisiva? E che senso ha scioperare
l’11 giugno quando la Rai è ormai in “sciopero bianco”?
Pertanto, sarebbe opportuno che l’”uomo
solo al comando”, l’uomo del 40% alle elezioni europee, nonché amministratore
delegato della Rai, correggesse le cifre dei tagli imposti: non 150 mln, ma 150 mln più il rimborso
agli abbonati Rai in regola con il canone del rateo trimestrale di mancato
servizio. Pubblico o commerciale che sia.
Sono certa che Renzi ha dimestichezza con i
file excel e che calcolare un rateo trimestrale sia cosetta che fa in due
minuti. Caso mai, mi “chiami”. Glielo faccio io il file e glielo invio.
Intanto, mi compiaccio con Renzi per aver
reso Angeletti “stranamente incisivo” dal punto di vista dialettico. Gli
riuscisse in altri ambiti e vertenze….Soprattutto, gli riuscisse per le vertenze
che lo richiedono.
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