da: Il Sole 24 Ore
Gli
«sconti» dell'Imu appesantiscono la Tasi
Dalle
assimilazioni ai coniugi, gli incroci fra le imposte
di Gianni
Trovati
La Tasi ha la stessa base imponibile dell'Imu, analoghi sono i criteri di calcolo sul possesso, che per esempio in caso di nuovo acquisto funzionano per mesi (si calcola il mese intero quando si ha la proprietà per almeno 15 giorni) e non per giorni, e identici sono i trattamenti per casi particolari come il non profit. Tutto facile, dunque? Nemmeno per sogno. In alcuni casi questo parallelismo è un bene, perché per esempio raddoppiare anche i calcoli sulla base imponibile avrebbe moltiplicato le difficoltà, in altri però si determina un gioco di specchi paradossale, come accade ad esempio nelle assimilazioni.
L'assimilazione nasce infatti nell'Imu per
tutelare alcune fasce di contribuenti, ma trasportata nella Tasi finisce per
far pagare di più perché nel nuovo tributo le aliquote sull'abitazione
principale sono in media molto più alte rispetto a quelle sugli altri immobili.
Questo problema generale si traduce in una
lunga serie di effetti concreti. Se per esempio il Comune ha assimilato
l'appartamento di un anziano
lungodegente, su quell'immobile si dovrà pagare
una Tasi che può arrivare fino al 2,5 per mille (o al 3,3 se c'è qualche
detrazione), mentre se fosse trattato come "seconda casa" l'aliquota
sarebbe spesso zero o vicina allo zero. E la possibilità di assimilare l'abitazione
solo ai fini Imu, ovviamente, non esiste.
Ancora peggio va ai comodati gratuiti a
figli e genitori. Per loro l'assimilazione può essere stabilita quando l'Isee
famigliare si ferma entro i 15mila euro oppure quando la rendita non supera i
500 euro. Nei Comuni che hanno scelto la seconda opzione, secondo l'Economia i
500 euro vanno trattati come "franchigia", nel senso che la quota di
rendita superiore non è assimilata. Il risultato è un caleidoscopio di calcoli:
nell'Imu si paga, con l'aliquota delle seconde case non locate, solo per la
parte di rendita superiore a 500 euro, nella Tasi si paga con l'aliquota
dell'abitazione principale la parte di rendita fra 0 e 500 euro, e con quella
destinata alle case non locate la parte superiore. Il caos sulle assimilazioni
non risparmia nemmeno i residenti all'estero. Il Parlamento si è ricordato di
loro nel decreto casa, e non è stato un bene: l'idea iniziale era di rendere
automatica l'assimilazione che oggi va decisa dal Comune, ma dopo un tira e
molla sulle coperture il risultato è stato sfortunato. Per quest'anno la
possibilità di assimilazione è abrogata, anche se le delibere comunali dicono
il contrario, perché la norma di riferimento è stata cancellata, mentre dal
2015 sarà automatica ma solo per i residenti all'estero «già pensionati nei
rispettivi Paesi di residenza»: capirne la ratio rischia di essere una sfida
impossibile.
LE
ANALOGIE
1. La
base imponibile di Tasi e Imu è identica: si parte dalla rendita catastale, la
si rivaluta del 5% e si moltiplica il risultato per il moltiplicatore previsto
per ogni categoria di immobili: nel caso degli immobili abitativi e delle
pertinenze è 160.
Uguale è anche il calcolo del periodo di
proprietà in caso di compravendita. Il calcolo procede per mesi, e si conteggia
il mese intero quando si ha la proprietà per almeno 15 giorni. In caso di
immobile acquistato il 10 aprile, per esempio, si contano per il 2014 nove mesi
di possesso: l'acconto si misura calcolando l'imposta dovuta nei nove mesi e
dividendo il risultato per due.
2. La
Tasi segue gli stessi meccanismi previsti per l'Imu anche per il calcolo in
caso di comproprietari. Ogni comproprietario paga in ragione della quota di
possesso e della condizione di occupante o meno. Se due fratelli (A e B) sono
comproprietari al 50% ciascuno di un appartamento in cui vive
solo A, la Tasi sarà così calcolata: A paga
sul proprio 50% il tributo determinato dall'aliquota sull'abitazione
principale, e sconta integralmente l'eventuale detrazione. B paga invece sul
proprio 50% la Tasi determinata dall'aliquota prevista per la seconda casa non
locata (o comunque l'aliquota ordinaria per gli «altri immobili», se il Comune
non fa distinzioni).
3. Le
regole Tasi e Imu corrono parallele per quel che riguarda le case assegnate al coniuge
in seguito a sentenza di separazione o divorzio. L'obbligo tributario, come
sostenuto dal ministero dell'Economia nelle risposte alle «Faq» pubblicate la
scorsa settimana, segue il titolare del diritto di abitazione, per cui il
coniuge assegnatario deve sostenere il tributo con aliquota ed eventuali
detrazioni previste (non paga l'Imu se l'abitazione non è «di lusso»). Come
nell'Imu, l'obbligo di versare la Tasi è integralmente a carico anche del
coniuge superstite in caso di decesso dell'altro coniuge, anche se la casa è in
comproprietà.
4. I fabbricati
rurali strumentali all'attività agricola hanno anche nella Tasi un trattamento
di favore, anche se non si arriva all'esenzione piena e automatica prevista nel
caso dell'Imu. L'aliquota "standard" per questa tipologia di
fabbricati è l'1 per mille, ma non può essere aumentata fino al 2,5 per mille
come invece accade per le altre categorie di immobili. Il Comune può invece
scegliere di abbassarla, fino ad azzerarla e produrre nei fatti un'esenzione. Nelle
risposte alle «Faq» pubblicate la scorsa settimana, inoltre, il ministero
aggiunge che ai fabbricati rurali strumentali non è applicabile nemmeno
l'aliquota aggiuntiva dello 0,8 per mille
LE DIFFERENZE
1. Almeno
formalmente, la Tasi è un tributo sui servizi locali, e di conseguenza si
applica anche agli inquilini. La quota a carico dell'occupante è compresa fra
il 10 e il 30% della Tasi prodotta dall'aliquota per le seconde case locate ma,
se la delibera comunale non la specifica, si applica in automatico il 10 per
cento (questo meccanismo, non previsto dalla legge, è stato sostenuto
dall'Economia).
In caso di più occupanti, ognuno è
coobbligato e di conseguenza la somma non può essere divisa per il numero degli
occupanti per scendere sotto i 12 euro, soglia sotto la quale l'obbligo
tributario viene meno.
2. Nelle
risposte pubblicate la scorsa settimana, il ministero dell'Economia sostiene
che la quota a carico dell'occupante scatta anche nel caso di abitazione
principale parzialmente locata. Nell'Imu, anche in caso di locazione di una
stanza, la casa è pacificamente considerata «abitazione principale», mentre
nella Tasi secondo l'Economia l'occupante paga una quota del tributo
determinato con l'aliquota per l'abitazione principale. Una tesi che sembra contraddire
il principio, espresso sempre dal ministero, secondo cui «ogni volta che si può
parlare di abitazione principale l'obbligo di versamento ricade interamente sul
proprietario».
3.
Nella Tasi la quota a carico dell'occupante chiama alla cassa anche gli
inquilini degli alloggi ex Iacp che non rispondano ai requisiti di «alloggio
sociale». In questo caso, la Tasi va calcolata con l'aliquota destinata agli
«altri immobili» (o agli immobili locati se c'è un'aliquota specifica) e poi
dividere il risultato fra il proprietario (cioè l'Istituto) e l'inquilino sulla
base della quota stabilita dalla delibera comunale. Nel caso delle coop
edilizie, invece, l'intero tributo è a carico della cooperativa in virtù del
principio citato sopra «per cui ogni volta che si può parlare di abitazione
principale l'obbligo di versamento ricade interamente sul proprietario».
4. La Tasi tratta meglio dell'Imu i terreni
agricoli. Nel tributo sui servizi indivisibili infatti i terreni agricoli sono
sempre esenti, mentre nell'Imu l'esenzione si applica solo ai terreni incolti e
a quelli coltivati ma collocati in Comuni collinari e montani. Entro 90 giorni
dovrebbe essere predisposto il decreto con il nuovo elenco dei Comuni in cui si
applica l'esenzione. Per l'acconto del 16 giugno, di conseguenza, si dovranno
continuare a seguire le regole contenute nel vecchio elenco, più ampio (la
diminuzione nel numero di Comuni esenti dovrebbe portare 350 milioni di euro di
gettito aggiuntivo).
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